Giornata mondiale della pasta. Gli chef romani raccontano questa pietanza fondamentale

Gli chef romani raccontano il ruolo essenziale della pasta nella loro proposta ristorativa in occasione del World Pasta Day.

25 Ottobre 2023 - 11:20
Giornata mondiale della pasta. Gli chef romani raccontano questa pietanza fondamentale

Senza dubbio una delle protagoniste assolute della tavola, la pasta in Italia è un alimento imprescindibile e duttile. Perfetta per le serate in compagnia e le domeniche in famiglia, è anche presente nelle occasioni più formali. Versatile negli abbinamenti per consistenza e sapore, si presenta nelle versioni più semplici e genuine o in varianti elaborate che spesso non lesinano su ingredienti pregiati. Spaghetti, penne, rigatoni, bucatini, farfalle, tagliolini e fettuccine, i formati sono moltissimi, così come diverse le lavorazioni proposte dai molti pastifici presenti sul territorio. Fresca, secca, all’uovo o solo con acqua e farina, di grano duro, integrale, trafilata al bronzo; e ancora lunga, corta, liscia o rigata: sono oltre 300 le tipologie di pasta esistenti, ognuna con la sua storia e la sua provenienza regionale.
Ciò che le accomuna tutte, però, è la forte componente emozionale che la lega ai ricordi più belli dell’infanzia, alle mamme e alle nonne. E se la Cucina Italiana si appresta a entrare a far parte del Patrimonio dell’Unesco, sono oramai ventiquattro anni, dal 25 ottobre del 1998, che alla pasta si dedica il World Pasta Day, alimento entrato a far parte della dieta di molte nazioni senza per questo perdere il suo identitario marchio di fabbrica Made in Italy.
È così anche per gli chef che, una volta entrati nelle cucine dei grandi alberghi o dei ristoranti più blasonati della Capitale, l’hanno inserita nei loro menu facendola diventare un vero e proprio signature della loro proposta culinaria.

Salone Eva – Hotel Hassler – Chef Marcello Romano.

Una grande emozione accompagna il racconto sulla pasta di Marcello Romano, Executive Chef del Salone Eva dell’Hotel Hassler, iconico indirizzo vocato all’ospitalità d’eccellenza situato sulla Scalinata di Trinità dei Monti. “Pensare alla pasta mi fa sempre tornare alla mente quando ero bambino. Ancora oggi risento vivido il profumo delle domeniche che solo mamma Teresa ha saputo regalarmi”. Ed è proprio da questo ricordo che crea i suoi menu in cui la pasta rappresenta il piatto di forza, che riunisce i commensali intorno alla tavola stimolando la convivialità. Elemento cardine del menu di Salone Eva, la pasta è un ingrediente poco costoso e ricco di energia che si presta a essere la tavolozza ideale, stagione dopo stagione, per la creazione di tutta la linea di cucina.
Per me la pasta è un piatto di forza. Ho tantissimi ricordi legati a questo alimento ad esempio quando, la domenica, mia mamma si alzava presto per dar vita al piatto che per me è il più gustoso in assoluto: le candele spezzate al ragù napoletano. Una ricetta che arriva dai nonni che mi raccontavano che il vero ragù era quello con lo specchio che sobbolliva lentamente in pentola, quasi come un respiro. Lo specchio era la parte grassa che si formava in superficie durante la cottura, talmente limpida che rifletteva le immagini. Poi c’era la carne scelta con amore e rispetto in quanto elemento ricco del piatto. Il pomodoro, poi, arrivava dalle mani di mio nonno e quindi questo diventava in casa un vero e proprio rito”. 
Quotidiano, poi, il confronto anche con una clientela internazionale, che, da sempre, apprezza i primi piatti proposti da Romano e che, per cultura e provenienza si approccia alla pasta in maniera differente: “Gli stranieri amano la pasta: in loro c’è curiosità e voglia di scoprire. Gli italiani, invece, sono divisi in correnti. Al meridione non può mai mancare in tavola, al nord invece spesso la pasta viene sostituita con versioni moderne, riso o minestre. Anche le reinterpretazioni più interessanti, però, sono legate alle sensazioni delle ricette originali. Io, ad esempio, dalle versioni moderne attingo per il lato estetico. L’obiettivo è rendere più bello quello che è già buonissimo e creare in tavola la magia dei pranzi in famiglia!”.

MOMA RESTAURANT – Chef Andrea Pasqualucci.

Un amore viscerale, l’imprinting della sua formazione di giovane chef e quell’alimento al quale non può rinunciare per più di due giorni senza provare una sensazione di mancanza: questo è ciò che rappresenta la pasta per Andrea Pasqualucci, chef del Moma Restaurant, 1* stella Michelin. “Ho iniziato a lavorare da ragazzo nella cucina di un noto ristorante del litorale romano e sin dal primo giorno ero addetto all’impasto della pasta fresca all’uovo, rigorosamente lavorata a mano. Ravioli, tagliolini, fettuccine, pappardelle, maltagliati, tutto il repertorio. Ecco perché per me la pasta significa tutto, è l’emblema dell’Italia e, con la pizza, un caposaldo assoluto della nostra penisola”. La sua filosofia di cucina ruota intorno all’importanza della filiera certa, etica e sostenibile di prossimità, e dunque su un’attenta selezione dei produttori di pasta che garantiscano l’utilizzo di autentico grano italiano. “Se oggi siamo qui a celebrare il Pasta World day è proprio perché questo ingrediente, emblema della nostra cucina e della dieta mediterranea, è oramai conosciuto e apprezzato in tutto il mondo.  Se fino a qualche tempo fa un buon piatto di pasta era quello che potevi mangiare solo in Italia, oggi grazie al nostro spirito di viaggiatori ed esportatori delle nostre eccellenze made in Italy, lo si può trovare anche all’estero: e lo so perché io stesso non so rinunciarvi quando sono oltre confine. Gli stranieri oramai sono diventati anche loro degli intenditori, la amano e la richiedono sempre”. E così, sia per una scelta guidata dal sapore personale dello chef, che per il fatto che la pasta si presta alle più svariate interpretazioni, da quelle più classiche a quelle più creative, dalla carta del Moma questo must della cucina italiana non mancherà mai, e per celebrare il World Pasta Day Andrea Pasqualucci propone il suo “Spaghettone fave, ricci e pecorino”. 

Giulia Restaurant – Chef Alessandro Borgo.

La pasta rappresenta l’Italia, la cucina mediterranea, il buon cibo”. Così Alessandro Borgo, Executive Chef di Giulia Restaurant, l’indirizzo fine dining del Palazzo Piacentini in via Giulia, nel cuore della Roma rinascimentale più autentica. Lui che, nei suoi menu, ha reso la partita dei primi quella di riferimento del percorso degustazione, considera la pasta un ingrediente fondamentale per la vita quotidiana, capace di fornire le giuste energie per affrontare le giornate. “Personalmente consiglio di mangiarne poca ogni giorno, scegliendola però con cura e selezionando le materie prime del condimento. Per fare un buon piatto di pasta, d’altra parte, serve tanta sensibilità”. 
Alimento che ha il potere di unire le generazioni e di tendere un filo invisibile tra passato e futuro, la pasta è anche l’ingrediente che stimola la vicinanza tra popoli e culture differenti. “Gli stranieri sono sempre più entusiasti della pasta perché sono cresciute le tecniche ed è aumentato il gusto. Chi viene in vacanza in Italia non prova più solo i piatti della tradizione ma può capitare che cerchi anche qualcosa di maggiormente evoluto e noi da Giulia vogliamo accontentarli”.

Flora Restaurant – Chef Massimo Piccolo.

Identità nazionale e territoriale ma anche affettività e un pizzico di nostalgia: questi i sentimenti alla base del rapporto che lega la pasta e Massimo Piccolo, chef del Flora Restaurant, il salotto del gusto e dell’accoglienza del Rome Marriott Grand Hotel Flora situato in Via Veneto. “La pasta per me rappresenta innanzitutto un legame indissolubile le mie radici e la mia famiglia, specialmente con mia nonna. Racconta la mia storia personale, ma credo in fondo non solo la mia. L’aneddoto che mi ricordo è stato quando da piccolo, per gioco, ho unito della farina con delle uova, senza sapere che in realtà era il modo di fare pasta, fu mia nonna a dirmelo. E così da un’improvvisazione ho visto compiersi una magia”. Questo legame imprescindibile si evince dalle suggestioni che si sprigionano già alla lettura dei suoi menu di chiara impronta campana con importanti influenze romane, in omaggio alla città ospitante, ma che non disdegnano qualche digressione verso sapori più internazionali. “Nel mio menù la pasta è presente da sempre e sarebbe impossibile il contrario visto che è un pilastro dell’italianità a tavola e della tradizione che in cucina mi impegno a rappresentare. La tradizione suscita sempre la curiosità degli stranieri ospiti dell’hotel anche se negli ultimi anni anche loro apprezzano le varianti più inconsuete che si possono realizzare con questo gustoso alimento”.

Rhinoceros Le Restau & RoofBar – Alessandro Marata.

Dall’alto delle terrazze in cui ha sede la sua cucina, lo chef Alessandro Marata beneficia di una vista unica, quella offerta dagli spazi di RHINOCEROS Le Restau & RoofBar, il ristorante firmato Manfredi Fine Hotels Collection all’interno della fondazione di Alda Fendi. Qui, con uno sguardo che spazia tra la stratificazione culturale e artistica della Roma Antica, la riflessione sulla pasta secondo Marata non può non partire dalla convivialità e dal senso di condivisione: "Quando penso alle persone insieme, tra amici, immagino la classica scena in cui qualcuno domanda: 'Ma che facciamo? Vi va una spaghettata?'". Affetti, socialità e famiglia si legano a doppio filo a questo piatto della tradizione e i rimandi al passato emergono facilmente: "Ricordo nonna, che faceva le fettuccine a mano tutte le domeniche: si poggiava il grande piano di legno dove si lavorava, sul tavolo da pranzo e si condivideva lì il pasto, come se, tutti attorno, mangiassimo dallo stesso piatto». Nel menu del ristorante di cui è resident chef, con la supervisione dello chef Giuseppe Di Iorio, Alessandro Marata riconosce che i primi hanno un ruolo importante, ne presenta ben sei, di cui tre realizzati a base di pasta fresca, con condimenti ricchi e coinvolgenti. Sono diverse le ricette che lo emozionano, dalla cacio e pepe della tradizione alle tante rivisitazioni che lui stesso propone: "La mia CalaMarata è un incontro tra tradizioni diverse, tra terra e mare, da un lato la luciana che incontra l’amatriciana, in un connubio unico e sorprendente. Stesso discorso per il bottone cacio e pepe, che nella mia versione “va al mare”: un mix di sapori e un’esplosione di gusto tra l’acidità del pecorino e un buon pepe, combinati a sapori forti di mare ma smorzati da una crema di patate e una salsa alle alghe, che amalgamano il tutto». Dal suo punto di vista, in tavola è facile conquistare un cliente straniero con un piatto di pasta: «Basta trovare sapori gustosi, golosi e mirati. Diverso, invece, quando il commensale è italiano: lui è puntuale e attento ai dettagli, perché è un gran cultore della pasta. Di sicuro, nessun cliente va più alla ricerca di estremismi. C’è voglia di tornare ai sapori di una volta, magari reinterpretati in varie maniere, ma sempre partendo da solide basi di tradizione».

Les Ètoiles – William Anzidei.

C’è tradizione, senso di famiglia e tanta italianità nella pasta secondo William Anzidei, chef del ristorante Les Ètoiles, locale dalla vista spettacolare sulla Cupola di San Pietro, all’interno dell’Hotel Atlante Star della famiglia Mencucci. Secondo William, l'essere italiano rende la pasta uno dei piatti più importanti di una cucina. «Quando ero ragazzino, in tavola non poteva mai mancare. È uno dei piatti preferiti di mio padre che, tra tutti i formati, predilige gli spaghetti. Sono cresciuto con la pasta e tutt’oggi è un elemento imprescindibile per me». Tutto questo si è tradotto anche nella passione che lo chef mette nel prepararla, in cucina, infatti, i primi sono le sue partite preferite. Tra le ricette più rappresentative non possono mai mancare: «I primi della tradizione romana, a cui sono particolarmente legato, tra tutti immancabile la carbonara. E poi, tra le migliori, gli spaghetti aglio, olio e peperoncino, che nella loro assoluta semplicità esaltano la bontà di un piatto che mette d’accordo tutti».

Il Marchese Roma e Milano – chef Daniele Roppo.

Daniele Roppo Executive Chef de Il Marchese Roma e Milano, sulla pasta racconta: “È mia nonna che mi ha insegnato a fare la pasta, ricordo che mi dava sempre un pezzetto di pane da picchiettare nel sugo di coda, di pajata o di amatriciana mentre cucinava. Anche quando faceva i tortellini mi ricordo che ogni tre che ne chiudeva, due li mangiavo crudi!”. Dalle memorie al presente, prosegue: “Oggi sono diventato un cuoco e ho iniziato a confrontarmi con tutti i tipi di materia prima. Sono passato ad apprezzare gusti anche molto intensi e decisi, come la selvaggina. Così sono nate le Fettuccine al ragù di cinghiale, un piatto in cui la pasta fresca mi ricorda proprio quella fatta in casa da mia nonna: grezza, tutta irregolare, ma indimenticabile”. La pasta è per tutti, almeno in Italia, il piatto delle memorie più suggestive, dei ricordi affettuosi delle nonne e delle mamme “Si, la pasta rappresenta indubbiamente casa, famiglia, tradizione. È quel cibo legato alla quotidianità e alla condivisione dei momenti più belli – prosegue Roppo”. Nelle cucine di Via di Ripetta e di Via dei Bossi la pasta ha un ruolo fondamentale, soprattutto nella sede di Roma è tra i piatti più richiesti nelle sue versioni tipiche sempre presenti in menù di Carbonara, Matriciana, Cacio e Pepe e Gricia. “Gli stranieri mangiano e apprezzano sempre la pasta! Se dovessi identificare dei piatti sicuramente da noi al Marchese più Carbonara e Amatriciana. Oggi la pasta va bene anche per la dieta: in Italia ho notato che si usa molto anche la pasta di Kamut, integrale, di farro, di grani antichi come la Timilia o grano Marzuolo”.

Livello 1 – Chef Mirko Di Mattia.

La pasta è uno di quegli alimenti principi delle nostre tavole, siano esse gastronomiche, tradizionali o regionali oltre a essere quel prodotto con cui tutti si cimentano quotidianamente ai fornelli. Lo crede fermamente Mirko Di Mattia, chef di Livello 1, ristorante di pesce in zona Eur. “Vorrei che si tornasse alle vecchie origini, a un passato che ti rassicura in termini di qualità e di salute. La pasta è un alimento cardine della dieta mediterranea, universalmente riconosciuta non solo per il gusto ma anche per la salubrità. ll mondo sta cambiando, e con lui le abitudini alimentari. A spasso per il centro mi capita di osservare coloro che vengono dal lato opposto del nostro emisfero e tutti, per lo più, siedono davanti a un piatto di pasta. La pasta unisce, trasmette energie positive al corpo e alla mente e per questo nella mia cucina ha un ruolo chiave: apre tutti i miei menu. Senza pasta non si può stare!” Per questa giornata la ricetta proposta è quella delle Pappardelle con Alici e Panko Piccante, una pasta dai forti sapori e profumi del mediterraneo.

Madeleine – Chef Simone Maddaleni.

La pasta diventa un’occasione per esprimersi e raccontare le proprie passioni nella cucina di Madeleine, dove lo chef Simone Maddaleni affida ai primi piatti l’importante ruolo di farsi mezzo espressivo del suo lavoro: «Per me la pasta rappresenta un modo di comunicare la passione che ho per la cucina e lo faccio proprio attraverso i primi; in questo, l’essere italiano fa la differenza, perché per tradizione credo che la pasta sia alla base del culto della cucina». Diversi i ricordi che legano lo chef a queste preparazioni e che lo rimandano a piatti che oggi caratterizzano la sua proposta: «Un ricordo che terrò per sempre con me mi porta a citare i tortelli, mi si ricollegano alla mia infanzia: sin da quando avevo 10 anni, insieme a mia madre, li preparavo con un ripieno alle tre carni in occasione del Natale e, per ovvi motivi, ricollego questa ricetta a quel momento unico». Nella sua cucina emerge quanto sia fondamentale il ruolo giocato da questo piatto; Maddaleni utilizza infatti paste fresche che prepara a mano, sia ripiene che sfogliate, lasciando che ogni piatto racconti un po’ di sé e del suo amore per la cucina. Circa la preparazione a cui è più affezionato, i tortelli alle tre carni, questo piatto è un suo cavallo di battaglia che ripropone spesso in differenti versioni: «Ultimamente li ho proposti in brodo di manzetto ristretto e salsa al parmigiano, un modo per reinterpretare un piatto d’avanzo che nelle case italiane si gustava con una bella grattugiata di formaggio sopra». Che la pasta sia un elemento imprescindibile della cucina e tratto distintivo della cultura italiana, Simone Maddaleni lo sa bene: «Secondo la mia esperienza lavorativa, i clienti la apprezzano sempre, sia italiani che non, ma lo straniero si è spinto oltre: non si ferma più solo alla carbonara o alla classica pasta al pomodoro, ma sperimenta sapori sempre più composti e portate riccamente condite in maniera diversa».

Gusta – Chef Edoardo Conti.

Abbraccia la filosofia del ristorante in cui è alla guida lo chef Edoardo Conti, che da Gusta propone una cucina conviviale. Ed è proprio nella convivialità che ritrova la sua idea di pasta: «È un piatto che va a braccetto con le domeniche, che non può mai mancare sulle tavole imbandite, ricche di persone, tra famiglia e amici. Questo è ciò che rappresenta per me». Non è un caso che il ricordo a cui è più legato in merito a questo piatto, lo riconduca alla sua infanzia: «Da piccolo la pasta al forno non poteva mancare. Poi ricordo la mia bisnonna che già dalla mattina prestissimo si adoperava davanti ai suoi vulcani di farina, la stendeva a mano per fare tantissime fettuccine e quadrucci e sono questi i formati che mi sono rimasti nel cuore». Nel suo menu orizzontale, la pasta ha uguale importanza di tutti gli altri piatti: «C’è stata l’intenzione di slegarci da un concetto gerarchico, per abbracciare trasversalmente più preparazioni e conferire ad ognuna la giusta importanza. In carta abbiamo due paste, ma possono benissimo essere assaggiate dopo una portata di pesce o carne, non necessariamente in apertura». Tra le rivisitazioni che Conti propone, quella a cui è più legato è lo gnocco al ragù: «Personalizzo questo piatto aumentando la misura degli gnocchi, che servo in cinque cilindri da 30 grammi circa l’uno; li preparo con una percentuale più bassa di farina e più alta di patate. Per condirli, realizzo un ragù di agnello con carne e verdure a cubetti grandi; nel procedimento adopero spiriti diversi per sfumare sia le verdure, che la carne e, al posto del sedano normale, utilizzo il sedano rapa. Nella mia ricetta inserisco due tipi di formaggi: il pecorino per mantecare e realizzo una crema fresca di caprino bûche de chèvre». Conti fa un’analisi su quello che è stata in passato una tendenza in molte cucine: «C’è stato un periodo in cui ci si sforzava molto nell’innovazione dei condimenti della pasta, cercando di “stellarli” il più possibile. Ciò che noto, invece, è che il cliente vuole inforcare nel piatto più di due o tre volte e quindi la porzione deve essere giusta, il condimento succulento e appagante. In più, lo straniero vuole provare le ricette più rappresentative e per lui la tradizione ha un ruolo importante».

Aventina Carne & Bottega – Andrea Serena.

“La pasta per me rappresenta casa, mia nonna, mia mamma, come pure Roma e l'artigianato italiano: insomma, è un concetto complesso”. Andrea Serena, chef di Aventina Carne&Bottega, sottolinea in occasione del World Pasta Day 2023, come questo ingrediente sia legato ai ricordi e all’affettività del focolare domestico oltre che abbia una connessione con le radici della sua città di origine. “Essendo Romani, trattiamo la pasta da regina anche se nel menù del nostro ristorante si contende il primato con le carni da noi selezionate e che sono al centro del progetto di Aventina Carne&Bottega. Qui, essendo anche bottega delle vere eccellenze italiane, la pasta è anche in vendita tra gli scaffali con marche di grande pregio”. Un legame viscerale, dunque, quello di Andrea con la pasta che richiama alla memoria ricordi ormai sopiti come il primo piatto di pasta realizzato in vita sua: “Un’emozione grande e da quel momento in poi ho avuto l’impulso a continuare a fare meglio e imparare sempre di più”. Prosegue poi lo chef Serena: “Non penso cambierà mai il rapporto degli italiani con la pasta, che è un po’ come il pane, un alimento quotidiano che si presta bene però anche alla sperimentazione ed è, in questo senso, in continua evoluzione. Per quanto riguarda il rapporto degli stranieri con la pasta penso sia positivo: come potrebbe essere altrimenti con un qualcosa di così buono e versatile?!”

Sapore di Mare Seafood & Lounge – Giovanni Gallo.

Detentori mondiali del primato, quanto a consumo pro capite annuo di pasta, gli italiani sono riusciti a esportare ovunque la passione per questo alimento che lo rende protagonista di questa giornata di celebrazione.  Se la storia fa risalire al ritorno di Marco Polo dalla Cina, nel 1295, l’ingresso della pasta in Italia è anche vero che miscele di cereali e acqua rappresentavano, già da millenni, una fonte di alimentazione in tutto il bacino del mediterraneo. Agli Italiani va però riconosciuta la grande forza interpretativa e di divulgazione di questo prodotto che hanno trasformato, per la sua semplicità, in un mezzo di comunicazione universalmente riconosciuto. Di questo ne è fermamente convinto lo chef partenopeo Giovanni Gallo, del ristorante Sapore di Mare Seafood & Lounge, che, in un luogo magico come piazza Navona, è riuscito a portare la vera autenticità dei sapori mediterranei. “La pasta per me è amore”, racconta lo chef, “Il mio primo amore in cucina, il piatto che preferisco preparare e quello che racchiude tutti quei ricordi legati alla convivialità, alla schiettezza dei legami familiari e ai momenti più autentici. Nel mio ristorante la propongo in molte versioni ma mi accorgo che anche gli stranieri la chiedono nelle proposte che maggiormente rispecchiano la nostra tradizione. Personalmente amo la pasta secca per la sua porosità, la capacità di prendere dal condimento e allo stesso tempo di donarsi con il suo amido. Non amo un formato in particolare e per questo, per il World Pasta day propongo la Pasta e patate con calamari, cozze e provola: un piatto a base di pasta mista e tradizione napoletana.”

Seguire Le Botti – Cantina Sant’Andrea – chef Pasquale Minciguerra.

Semplice, versatile, goduriosa, capace di aggregare e affascinare con i suoi mille formati e le sue differenti grane: quella tra la pasta e Pasquale Minciguerra, chef del ristorante gourmand Seguire le Botti di Cantina Sant’Andrea di proprietà della famiglia Pandolfo, è una vera storia d’amore, nata in famiglia e proseguita e alimentata nella sua carriera. 
Un sentimento, più che un alimento, se volessimo trovare un vocabolo per tradurre il trasporto dello chef nei confronti del “carboidrato” per antonomasia. Un legame nato nella cucina della nonna, famosa per la sua Pasta alla Puttanesca, primo piatto tipico della cucina napoletana, a base dei caratteristici aulive e chiapparielle (olive e capperi), che non piacevano allo chef: «Da piccolo non amavo né le olive, né i capperi, però miscelando tutti gli ingredienti e amalgamandoli al perfetto formato di pasta, il piatto è diventato magico ai miei occhi di bambino ed è tuttora uno dei miei piatti del cuore». Il prodigio della pasta è proprio quello di riuscire ad armonizzare tutti gli ingredienti, così da trovare la sinfonia perfetta che manteca in pentola come una pozione miracolosa, che non unisce solo i sapori, ma anche gli animi dei commensali, così che il pasto sia sempre una festa.
Con queste premesse non riesce difficile immaginare che la carriera dello chef inizi come Capo Partita Primi: «La pasta va sentita» dice Minciguerra «se la conosci bene, basta osservare come salta in pentola per capire che è pronta e il sugo è perfetto». 
Corta, lunga, fresca, ripiena, mischiata in bianco o col pomodoro, la pasta ha oggi, nel menù di Seguire le Botti, un ruolo fondamentale, anche in virtù di ciò che rappresenta la convivialità di un pasto fuori casa, a maggior ragione in un contesto genuino come quello dell’agriturismo. Qui oltre a far felici i palati dei commensali ha significato qualcosa di ancora più grande: una sfida, brillantemente vinta dalla proprietà e dallo chef. La denominazione di agriturismo, infatti, impone l’utilizzo di prodotti tipicamente regionali; per questo nella celebre Pasta, patate e tartufo ci si è scontrati inizialmente col limite di non avere nel Lazio il caratteristico formato di “pasta mista”. Per questo Andrea Pandolfo e lo chef Minciguerra si sono confrontati con il pastificio Lagano di Pomezia per far produrre appositamente questa tipologia e ottenere, così, una Pasta e Patate, autenticamente “d.o.l.” (cioè di origine laziale). La pasta dal morso ruvido viene cotta con le patate gialle della Tuscia, a cui poi vengono aggiunte le patate Vitelotte viola e le Ratte in mantecatura, completata con il tartufo reatino.

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