Imprese balneari in Italia. Uno studio di Nomisma per Fipe e Sindacato Italiano Balneari

Lo studio ‘Gestione e Valorizzazione del demanio costiero: i modelli gestionali’, realizzato da Nomisma per conto del SIB Sindacato Italiano Balneari e FIPE, ha messo in luce i modelli di business di strutture gestite per lo più da famiglie, dove ristoranti e bar costituiscono quota addizionale di fatturato del 50%.

23 Febbraio 2023 - 07:11
Imprese balneari in Italia. Uno studio di Nomisma per Fipe e Sindacato Italiano Balneari
Il sistema informativo del demanio ha censito 26.313 concessioni, 15.414 delle quali ad uso turistico-ricreativo. A livello regionale nelle prime 3 posizioni troviamo l’Emilia Romagna con 969 imprese balneari (14,7% del settore), la Toscana con 850 (12,9%) e la Liguria con 753 (11,4%), seguono la Campania (645; 9,8%), la Calabria (578; 8,8%) e il Lazio (513; 7,8%). Lo studio ‘Gestione e Valorizzazione del demanio costiero: i modelli gestionali’realizzato da Nomisma per conto del SIB Sindacato Italiano Balneari e FIPEConfcommercio, ha messo in luce una serie di cambiamenti strutturali dell’economia balneare sia sotto il profilo della domanda che dell’offerta. Nomisma ha condotto un’indagine su un campione di circa 500 imprese balneari dislocate lungo l’intera costa italiana. Ne è emersa una realtà complessa in cui gli operatori balneari adottano comportamenti tipici di un’articolata gestione imprenditoriale. L’età prevalente degli imprenditori titolari della concessione è ricompresa nella fascia di età 40-64 anni (68%), mentre 1 su 10 è possibile annoverarlo tra i giovani. Ben 2 casi su 10 hanno la laurea, il titolo di studio prevalente è il diploma di Scuola Superiore (62%). Si stima che l’impresa balneare italiana abbia un fatturato medio pari a 260.000€. Maggiore è la competitività da parte delle aziende più strutturate (con un fatturato di oltre 300.000€), mentre sono alte le difficoltà per quelle tra 120.000 e 300.000€. Dalle interviste è scaturito che per ben otto imprenditori su dieci (tra titolari e soci) l’impresa balneare rappresenta la principale fonte di reddito della famiglia. I servizi cosiddetti ‘tradizionali’ (spiaggia, parcheggio e noleggio delle attrezzature), contribuiscono a generare la metà del fatturato, mentre quelli relativi alla somministrazione costituiscono un valore distintivo. Bar e ristoranti generano una quota addizionale di fatturato intorno al 48% del totale. Il solo ristorante, poi, è in grado di garantire una stagionalità più lunga, oltre 1 impresa su 4, infatti, è in grado di operare per più di 6 mesi l’anno. Le imprese balneari del Belpaese sono estremamente dinamichealmeno 1 su 3 ha introdotto nuovi servizi a partire dal 2000. Se negli anni ’90 sono stati aggiunti quelli relativi all’intrattenimento (37% dei casi) o per attività sportive (30%), all’inizio di questo secolo sono stati inseriti o ampliati quelli per ristorazione (50%), intrattenimento (45%), dotazioni sportive (39%) e noleggio (37%), con in aggiunta spazi legati al wellness e ai servizi commerciali. I servizi sono gestiti, prevalentemente, in forma diretta, affidati a terzi il parcheggio e il ristorante (in circa 2 casi su 10). In tema di investimenti nel biennio 2020-2022 oltre il 60% delle imprese ha acquistato attrezzature e arredi e circa il 50% strutture amovibili. Da prendere in considerazione il fatto che oltre 2 strutture su 3 abbiano scelto di eseguire interventi di manutenzione straordinaria e 1 su 3 anche significativi ampliamenti dei fabbricati. Il livello degli investimenti dà conto di un settore che non vive di “rendite di posizione” ma che, al contrario, continua a migliorare i servizi per aumentare il livello di soddisfazione della clientela e l’attrattività della destinazione. È oramai noto come il turismo italiano sia in grado di generare impatti economici (e anche sociali) difficilmente equiparabili ad altre attività produttive. I dati relativi alla crescente complessità e varietà dei servizi offerti (tra cui bar, ristorazione, attrezzature sportive, wellness, intrattenimento bambini), testimoniano una costante attenzione delle imprese ai cambiamenti della domanda ed evidenziano l’esigenza perdurante nel tempo di continui investimenti sia di allargamento dell’offerta, sia di qualificazione delle strutture. Le imprese balneari italiane, oggi, vivono all’interno di un duplice sistema competitivo: quello interno relativo alla destinazione turistica in cui operano, e quello esterno composto dalle migliaia di destinazioni turistiche nazionali e internazionali. La clientela degli stabilimenti balneari è, ancora oggi, largamente fidelizzata: più della metà ospite da almeno 5 anni e quasi 1/3 da oltre 10 anni. Un elemento in più che mette al centro l’importanza di salvaguardare questo patrimonio. Si tratta, infatti, di un settore perfettamente funzionante e di successo dovuto alla professionalità degli attuali operatori e, soprattutto, alla sua caratteristica di gestione prevalentemente familiare. Le concessioni demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo costituiscono, quasi esclusivamente, un’occasione di lavoro piuttosto che un investimento di capitali. Ci troviamo di fronte, indubbiamente, a micro-imprese: lavoratori autonomi che, attraverso la fornitura di servizi alla balneazione, ricavano il proprio reddito prevalente od esclusivo.
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