L'export dell'agroalimentare italiano. Il focus SACE su vino, olio e pasta
SACE fotografa lo stato di salute dell'export agroalimentare italiano, mettendo in evidenza i mercati emergenti dove la domanda di food & beverage made in Italy è in crescita.
Il settore agroalimentare italiano è caratterizzato da un tessuto imprenditoriale composto in prevalenza da piccole entità. Ad analizzarne lo stato di salute con un'analisi sul tema dell'export è SACE, che ha diffuso oggi il Focus On "Agroalimentare: Italia, una (pen)isola felice”, realizzato dal proprio Ufficio Studi.
A livello globale, secondo quanto si evince dal report Sace, gli scambi di prodotti agroalimentari ammontano, nel 2021, a oltre €1.550 miliardi, di cui quasi il 70% generato da venti Paesi esportatori. Tra questi, al primo posto figurano gli Stati Uniti con circa €148 miliardi di export (il 9,6% del totale), seguiti da Paesi Bassi1 (6,4%), Brasile (5,4%), Germania (4,9%) e Francia (4,5%). L'Italia in questo contesto si colloca al nono posto fra gli esportatori mondiali, all'ottavo tra gli importatori, e si caratterizza per un saldo commerciale positivo grazie a elevati valori di export di prodotti lavorati, in primis vini e spirits, pasta e prodotti da forno, passate di pomodoro e altri preparati di verdure, così come parmigiano, grana e mozzarella (Fonte: The European House Ambrosetti, La roadmap del futuro per il Food&Beverage: quali evoluzioni e quali sfide per i prossimi anni, giugno 2021).
Il settore agroalimentare è un fiore all'occhiello per l'Italia. Le imprese del settore mostrano una bona dinamicità oltreconfine. Nel 2021 l’indice del fatturato estero delle imprese delle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco è cresciuto di oltre il 10%, dopo aver già registrato un andamento comunque positivo (+2,5%) nell’anno pandemico. L’indice del fatturato domestico, invece, nel 2020 si è contratto (-1,8%) per poi recuperare lo scorso anno (+7,1%).
Oltre l’85% delle esportazioni di agroalimentare è composto da alimentari, bevande e tabacco, mentre i prodotti agricoli compongono la restante parte. A livello di comparti, le bevande rappresentano la prima categoria esportata (€10,4 miliardi), con un peso del 20% sul totale del settore (Fig. 2). Il comparto si compone per due terzi di vino. Seguono altri prodotti alimentari13 con un valore esportato di quasi €8,9 miliardi (17%) e prodotti da forno e farinacei (€5,2 miliardi; peso del 10%). Nel 2020 i prodotti maggiormente legati ai consumi domestici – quali pasta, olio, salumi, conserve e sughi – hanno registrato buone crescite in un anno caratterizzato da limitazioni agli spostamenti e cambiamenti di abitudini. Al contrario, i comparti più tradizionalmente legati ai consumi fuori casa, dopo la fine delle restrizioni, nel 2021 hanno beneficiato di un ritorno del canale legato all’ospitalità.
Fra le prime destinazioni delle vendite oltreconfine di agroalimentare si segnalano i principali partner commerciali dell’Italia. Nel 2021 le esportazioni verso la Germania, con un peso del 16% sul totale del settore, sono cresciute del 7,6% a €8,4 miliardi. Quasi la metà dell’export verso il Paese si compone di bevande, altri prodotti alimentari e prodotti di colture permanenti. Gli Stati Uniti accolgono l’11% delle nostre vendite di agroalimentare per un valore di €5,6 miliardi, di cui €2,4 miliardi di bevande. Segue con lo stesso valore di export la Francia verso cui esportiamo principalmente altri prodotti alimentari, prodotti delle industrie lattiero- casearie e prodotti da forno e farinacei.
Altri mercati rilevanti per l’agroalimentare Made in Italy sono Regno Unito, in lieve crescita nonostante alcune criticità burocratiche e logistiche legate alla Brexit, e Giappone, grazie soprattutto al traino della componente del tabacco, ma anche alle facilitazioni legate all’accordo commerciale tra Giappone e Ue entrato in vigore a fine 2019. Significativi anche gli incrementi nel 2021 dell’export di agroalimentare verso Polonia (+35,6% rispetto al 2019), Cina (+44,3%) e Corea del Sud (+51,5%). La crescita del reddito disponibile, infatti, determina un cambiamento delle abitudini alimentari verso prodotti di maggiore qualità come quelli Made in Italy.
Il vino italiano e l'export
I vini sono un comparto rilevante dell’export agroalimentare italiano (13,6%, che sale al 24,3% del “solo” alimentari e bevande). Dopo la battuta d’arresto dettata dalla pandemia, le vendite oltreconfine di vino hanno ripreso il sentiero di crescita, chiudendo il 2021 con un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente (per un valore di €7,3 miliardi). Composto da tre segmenti diversi - vini fermi16, spumanti e mosti – a guidare l’ottima performance sui mercati esteri sono i vini fermi (€5,2 miliardi) che hanno chiuso l’anno a +9,1% dopo essersi mantenuti pressoché stabili nel 2020. Seguono gli spumanti (€1,8 miliardi) che dal 2011 riportano una crescita media a doppia cifra e nell’ultimo anno hanno segnato un marcato incremento (+23,7%); in particolare, è la domanda di prosecco a trainare il segmento con una crescita del 31,5% nel 2021 e del 14,1% in media negli ultimi quattro anni, a partire da quando è disponibile il dato disaggregato. I mosti, invece, continuano a rappresentare una componente residuale. Francia, Italia e Spagna si confermano i principali esportatori mondiali di vino in valore. Questo dato proviene dalla ricerca Mediobanca, SACE e Ipsos, Vino e spirits: un’eccellenza italiana. La quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%; segue Madrid, con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali.Olio d'oliva italiano ed export
Primo produttore mondiale di olio d'oliva è la Spagna (1,3 milioni di tonnellate previste, circa il 40% della produzione mondiale, il 65,9% di quella europea - secondo stime della Commissione Europea), che quest’anno dovrebbe riscontrare una contrazione del 6,4%. Nettamente distanziata, ma al secondo posto, la produzione italiana di quest’anno è stimata in 315 mila tonnellate (+15,2% rispetto alla precedente campagna), seguono Tunisia, Turchia, Grecia e Marocco, tutti Paesi con una produzione di più di 200 mila tonnellate. A differenza di quanto emerso nella medesima analisi sul comparto del vino e di quanto emergerà in quella della pasta, il comparto dell’olio d’oliva è caratterizzato da una forte concentrazione internazionale: l’evidenza di poche grandi “bolle” mette in mostra un netto divario tra le prime quattro principali destinazioni dell’export italiano del prodotto e le restanti. Stati Uniti, Germania, Francia e Giappone rappresentano il 55,8% dell’intero export italiano di olio d’oliva; in ciascuno di questi Paesi l’Italia è presente con una quota in media del 40%, con un picco di quasi il 60% in Germania (verso cui il valore di export nel 2021 ha raggiunto quasi i €200 milioni), e che vede gli Stati Uniti principale mercato di destinazione con €450 milioni. Per l’Italia le esportazioni in valore di olio d’oliva, nel 2021, hanno rappresentato il 3% delle vendite estere del settore agroalimentare.Pasta italiana ed export
Un piatto di pasta su quattro al mondo è prodotto in un pastificio italiano (Fonte: Unione Italiana Food, Pasta Italiani). A livello mondiale nel 2021 sono state prodotte 16,9 milioni di tonnellate di pasta, di cui oltre il 30% nell’Ue, seguono il resto dell’Europa e l’America Latina con circa il 18% ciascuna, l’Africa 14% e il Nord America 13% (Fonte: International Pasta Organization - IPO). L’Italia è il primo produttore mondiale con 3,9 milioni di tonnellate, dato che sarebbe destinato a crescere se si tenesse conto anche del quantitativo prodotto all'estero, legato all'alto grado di internazionalizzazione attiva dei principali gruppi italiani del settore. È seguita al secondo posto dagli Stati Uniti con 2 milioni di tonnellate, poi c'è la Turchia 1,9 milioni. L'Italia è anche il primo consumatore di pasta con 23,5 kg pro-capite, al secondo posto la Tunisia con 17 kg pro-capite, mentre il secondo posto fra i Paesi europei spetta alla Grecia, con 12,2 kg pro-capite. Per il biennio 2022-2023 i consumi di pasta Made in Italy per le sue maggiori destinazioni estere sono attesi crescere in media del 4%, in linea con i consumi di olio e un punto superiore a quello del vino. Ancora una volta, fra i mercati a maggior crescita di consumi, con una quota di mercato italiana considerevole e un export in valore dalle grandi dimensioni, si trova la Germania; anche Francia e Spagna si presentano come ottimi mercati di sbocco, ma in ottica futura è soprattutto il Brasile a fornire ottime prospettive. Buone anche le previsioni per i Paesi dell’Europa del Nord e dell’Est: Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, ma soprattutto Finlandia presentano una crescita molto positiva dei consumi futuri, dimostrandosi già mercati ben presidiati. Buone anche le previsioni per i Paesi dell’Europa del Nord e dell’Est: Danimarca, Polonia, Repubblica Ceca, ma soprattutto Finlandia presentano una crescita molto positiva dei consumi futuri, dimostrandosi già mercati ben presidiati. Sono 5 le denominazioni Dop, Igp e Stg di cui gode il comparto della pasta: i cappellacci di zucca ferraresi per l’Emilia Romagna, i culurgionis d’Ogliastra per la Sardegna, i maccheroncini di Campofilone per le Marche, la pasta di Gragnano per la Campania e i pizzoccheri della Valtellina per la Lombardia. Credits Immagini: Tabelle elaborate e realizzate da SACE
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