Cibo e sostenibilità: quanto paghiamo davvero oltre lo scontrino

L’Indice ISFA mostra quanto il cibo costi davvero, rivelando l’impatto nascosto di yogurt, pasta e pomodoro su ambiente e società

17 Sett 2025 - 12:16
Cibo e sostenibilità: quanto paghiamo davvero oltre lo scontrino

INDAGINI E RICERCHE - Il prezzo che i consumatori pagano alla cassa rappresenta solo una frazione del costo reale degli alimenti. Lo yogurt, ad esempio, costa effettivamente 6,61 euro al chilo anziché i 4 euro indicati in etichetta: il 65% in più che viene sostenuto dalla collettività attraverso spese sanitarie, degrado del suolo e perdita di biodiversità. Anche prodotti simbolo della tradizione italiana mostrano significativi costi nascosti: la pasta presenta un sovracosto di 0,68 euro al chilo (+42%), mentre la passata di pomodoro – eccellenza del Made in Italy – raggiunge 1,48 euro al chilo (+51%) principalmente a causa del consumo idrico.

Questi dati emergono dall'Indice di Impatto Socio-ambientale delle Filiere Agroalimentari (Indice ISFA), sviluppato dal Centro studi Up2You su commissione di Gruppo Food e presentato durante la nuova edizione di Food Social Impact 2025. L'evento annuale, dedicato quest'anno a "True food cost accounting: misurare l'impatto per governare il cambiamento nella filiera agroalimentare", ha visto confrontarsi figure di riferimento dell'industria e della distribuzione sulla sfida comune di ridurre gli effetti negativi lungo la filiera e costruire modelli di crescita più equi e resilienti.

L'Indice ISFA è il primo indicatore che monetizza sistematicamente i costi nascosti della filiera alimentare, strutturandoli in tre pilastri fondamentali: Ambiente, Nutrizione e Persone. Basato sul framework del True Cost Accounting, l'indice trasforma in valore economico gli impatti ambientali e sociali dei prodotti che quotidianamente finiscono nei carrelli della grande distribuzione.

Analisi dettagliata delle filiere studiate

L'indice ISFA evidenzia una chiara distinzione tra filiere più complesse ed energivore, come latticini e carni, e filiere più corte e virtuose. Nel dettaglio, la filiera lattiero-casearia dello yogurt presenta un costo esterno di 2,61 euro per chilogrammo, con le voci più rilevanti rappresentate dalle emissioni di gas serra, il benessere animale e la salute e sicurezza dei lavoratori.

La pasta mostra un extra costo che raggiunge 0,68 euro al chilo (+42%), determinato principalmente dalle emissioni durante la fase di essiccazione e dal consumo di acqua. I piselli surgelati rappresentano un esempio virtuoso, con un costo nascosto di soli 0,80 euro al chilo – pari al 20% del prezzo di scaffale – posizionandosi tra i prodotti più sostenibili grazie a impatti relativamente modesti su tutte le dimensioni analizzate.

Per la passata di pomodoro l’esternalità è di 1,48 €/kg, con un incremento del prezzo reale del 51%, dovuto all’impatto sulla biodiversità, all’uso idrico e alle condizioni di lavoro lungo la filiera. 

Il pane bianco registra un costo esterno di 1,56 euro al chilo, con un incremento del 52% legato soprattutto all'impatto sulla biodiversità e all'eutrofizzazione da fertilizzanti. Nel prosciutto cotto, il costo nascosto supera i 4,50 euro al chilo, mentre l'aumento relativo risulta più contenuto anche per effetto del prezzo di partenza già elevato; le voci dominanti sono il benessere animale, le emissioni e l'eutrofizzazione dei mangimi.

Le banane tradizionali mostrano un extra costo di 0,82 euro al chilo (+32%), imputabile a eutrofizzazione, emissioni e condotta etica lungo la filiera. Tuttavia, l'adozione di pratiche virtuose consente di ottenere risultati significativamente migliori: le banane Altromercato presentano un costo nascosto di 0,52 euro al chilo (+19%), inferiore rispetto alle banane della filiera convenzionale di ben 0,30 euro al chilo.

La metodologia del True Cost Accounting

L'indice ISFA adotta una metodologia rigorosa che si articola in quattro fasi distinte. Il processo inizia con l'inquadramento degli obiettivi e il perimetro dell'analisi identificando gli stakeholder rilevanti. Segue la descrizione e analisi della catena del valore attraverso una mappatura dettagliata e un'analisi di materialità, poi la misurazione e valutazione degli impatti, quantificandoli con dati primari e secondari per poi monetizzarli. Infine, la fase di azione traduce i risultati in indicazioni strategiche per imprese, consumatori e policy maker.

La base dell'indice è rappresentata da un'analisi di materialità condotta esaminando i bilanci di sostenibilità di circa venti aziende leader delle filiere analizzate. Gli impatti emersi come materiali sono stati organizzati nei tre pilastri – Ambiente, Nutrizione e salute, Persone – coprendo aspetti quali benessere animale, carbon footprint, water footprint, biodiversità, eutrofizzazione, tossicità per la salute umana, salute e sicurezza dei consumatori e dei lavoratori, pratiche commerciali etiche, diversità e inclusione.

Per ogni tema è stato selezionato un indicatore specifico, basato su metriche standardizzate e scientificamente validate, come studi di LCA (Life Cycle Assessment) o linee guida OMS. Gli impatti sono stati calcolati e normalizzati riferendosi a 1 kg di prodotto per garantire la comparabilità, successivamente monetizzati tramite fattori economici di conversione ottenuti dallo studio della letteratura scientifica, calcolando così il cosiddetto "true price gap": la differenza fra il prezzo di mercato e il costo reale per la società e il pianeta.

Uno strumento strategico per la transizione sostenibile

L'indice non rappresenta un semplice esercizio teorico, ma si configura come uno strumento concreto per orientare strategie di sostenibilità e trasformare il "debito ambientale e sociale" in opportunità di innovazione e competitività. Come sottolinea Alessandro Broglia, Chief Sustainability Officer di Up2You: «Ogni alimento ha un prezzo reale più alto di quello pagato alla cassa. La differenza, oggi, la stiamo pagando come collettività e in parte la pagheranno le generazioni future. Rendere visibili questi costi nascosti significa fornire al settore agroalimentare – e alla politica – gli strumenti per trasformare il problema in opportunità».

L'approccio modulare della metodologia consente di adattare la valutazione alle specificità di ciascuna filiera, offrendo un quadro flessibile e robusto per guidare analisi di benchmarking e costruire strategie di transizione verso sistemi alimentari più sostenibili. I dati utilizzati nello studio, provenienti da letteratura scientifica e rappresentativi di dati medi di settore, riflettono uno spettro molto ampio di aziende con performance di sostenibilità eterogenee, dimostrando come l'adozione di pratiche virtuose permetta di posizionarsi meglio rispetto alle medie di settore.

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