Filiera avicola italiana: fra best practice, riconoscimenti e stime 2019
Secondo le prime stime Unaitalia, nel 2019 la produzione nazionale di carni bianche è tornata a crescere, seppur lievemente, passando da 1.314.000 del 2018 a 1.328.000 tonnellate (+1%). Aumentano, secondo le proiezioni dell’associazione, anche i consumi complessivi: da 20,4 a 20,7 chili pro capite. Stabili le uova, con una produzione in linea con il 2018.
I dati sono stati resi noti in un focus nell'ambito di Fieragricola sulle best practice della filiera avicola italiana, caratterizzato dal premio “Avicoltore dell’anno”. Il riconoscimento è stato assegnato da Unaitalia alle aziende che nel 2019 si sono distinte per benessere animale, capacità innovativa, sostenibilità ambientale e biosicurezza.
Sono cinque gli avicoltori premiati in fiera dal presidente di Unaitalia, Antonio Forlini. Le aziende premiate sono espressione delle buone pratiche di allevamento, ma anche di un settore all’avanguardia che, grazie alla tecnologia, usa sempre meno antibiotici ed è efficiente dal punto di vista dell’uso delle risorse.
Le aziende premiate da Unaitalia
Si va da una centralina di ultima generazione in grado di ottimizzare i consumi energetici e monitorare h24 tutti i parametri dell’allevamento, compreso l’accrescimento dei polli e l’ammoniaca prodotta (Alessandro Ferrari, innovazione tecnologica) a un nuovo sistema per rimuovere contaminazioni batteriche nell’acqua (Luciano Carli premiato per la categoria benessere animale); dalle best practice in materia di sostenibilità che uniscono energia fotovoltaica e coesione paesaggistica (Roberto Pons e Tiziana Felizia di Cascina Felizia) a quelle sulla biosicurezza (Vasco e Valentino Valori). Un ulteriore premio è stato assegnato a Hicham El Aidi per la categoria “avicoli speciali” (faraone, galletti, livornesi, capponi) per una realtà che punta sull’autosufficienza a livello energetico e sulla riduzione di ammoniaca, grazie a pannelli fotovoltaici e a lettiere arricchite di probiotici. Assegnate anche quattro menzioni speciali ad altrettanti avicoltori che si sono distinti: Mirco Gastelli, Nicola Mantuano, Silvia Vicentini, Andrea Dal Cappello.L'Identikit della Filiera Avicola Italiana
LA FILIERA AVICOLA È 100% MADE IN ITALY
È l’unica filiera zootecnica autosufficiente, perché polli e tacchini sono tutti allevati in Italia. La produzione interna copre il 106.6% della domanda. Anche le uova italiane sono di eccellente qualità e la produzione copre quasi il 100% del fabbisogno nazionale (produzione 2018 al 97.8% della domanda nazionale).L’IMPORTANZA ECONOMICA E OCCUPAZIONALE DEL SETTORE
Il settore rappresentato da Unaitalia (carni avicole e uova) impiega su tutto il territorio nazionale 64.000 persone, con 6.300 allevamenti professionali. Nel 2018 le relative aziende hanno prodotto un fatturato di 5.700 milioni di euro.MAI ORMONI
Tra le false credenze diffuse sulla carne di pollo, la più grande riguarda l’uso di ormoni. L’utilizzo degli ormoni è vietato dalla legge, non vengono mai impiegati negli allevamenti italiani di polli e tacchini e non c'è dunque alcun rischio di trovare residui di queste sostanze nel pollo che portiamo a tavola. Lo confermano ogni anno anche le migliaia di controlli a campione svolti nell’ambito del Piano Nazionale Residui coordinato dal Ministero della Salute. L’uso degli ormoni è inoltre inutile e antieconomico, in quanto non sono mammiferi. Non avrebbe quindi senso somministrarli ad animali che non raggiungono la maturazione sessuale.NIENTE ANTIBIOTICI NEL PIATTO
Nella carne bianca che consumiamo non ci sono mai residui di medicinali, come testimoniato dai riscontri sempre negativi del Piano Nazionale Residui, emanato annualmente dal Ministero della Salute, che verifica l’eventuale presenza di molecole negli alimenti (nel 2017, su 8548 analisi condotte su campioni di carni avicole, non è stata riscontrata alcuna difformità, in miglioramento rispetto al 2016 in cui la percentuale era pari allo 0,04% ,con 3 casi difformi su 7621 analisi condotte). Gli antibiotici sono utilizzati solo a scopi curativi, mai preventivi, e solo dopo diagnosi e prescrizione di un veterinario. Oggi solo un pollo su 5 viene curato con antibiotici. In caso di trattamento, l’animale è avviato al macello solo dopo un periodo di sospensione, cioè un adeguato tempo stabilito per legge tra l’ultima somministrazione e la commercializzazione delle carni. Inoltre, per contrastare il fenomeno globale dell’antibiotico resistenza, il settore ha diminuito su base volontaria dell’82% l’utilizzo degli antibiotici (2011-2018). Un risultato ambizioso, raggiunto di concerto con il Ministero della Salute, grazie al continuo miglioramento degli standard di allevamento, che garantiscono sempre un maggior benessere per gli animali.
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