Approvato schema di decreto per Fondo Nazionale Agrumicolo
La Conferenza Stato Regioni ha approvato lo schema di decreto del Mipaaft, di concerto con il Ministero dell'Economia, per avviare il Fondo nazionale agrumicolo. Sono passi concreti per dare risposte a un settore prezioso per il sistema agroalimentare nazionale per azioni finalizzate ad incentivare l’aggregazione, gli accordi di filiera, l’internazionalizzazione, la competitività, la produzione di qualità.
Al momento le risorse disponibili, 10 milioni di euro, sono state suddivise in 6 milioni di euro per il 2019 e 4 milioni per il 2020 e la norma prevede tre aree di azione: 8 milioni di euro per la concessione di contributi per il sostegno al ricambio varietale delle aziende agrumicole danneggiate dal virus “tristeza” e dal “mal secco”; 1,5 milioni di euro per il finanziamento di campagne di comunicazione istituzionale e promozione rivolte ai consumatori per sostenere la competitività e la qualità del settore agrumicolo; 0,5 milioni di euro per la concessione di contributi per la conoscenza, la salvaguardia e lo sviluppo dei prodotti agrumicoli Dop-Igp.
La seconda e terza area a cui sono destinati i finanziamenti rappresentano il vero punto di innovazione del provvedimento.
La notizia è stata accolta con grande soddisfazione da Agrocepi, confederazione del settore primario nata ad aprile 2017.
Il Governo - secondo quanto sostiene l'organizzazione - ha accolto le richieste sostenute da anni da Agrocepi sul ricambio varietale e le campagne di comunicazione in favore della qualità e salubrità dei prodotti certificati italiani. "Occorre, però, che questo sia solo l'inizio, perché i problemi sono strutturali: strapotere della Gdo nel determinare i prezzi, concorrenza sleale di competitor esteri, necessità di valorizzare pienamente la biodiversità degli agrumi italiani e il ruolo attivo degli agricoltori nel preservare questo patrimonio, garantire la possibilità alle aziende agricole di assumere investendo nell'equo compenso dei lavoratori alleggerendo il carico di costi burocratici e contributivi che danneggiano sia la parte datoriale che la forza lavoro".
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