Il Parlamento Europeo esclude i grandi allevamenti dagli obblighi della direttiva sulle emissioni industriali

Il voto del Parlamento Europeo sulla direttiva sulle emissioni industriali (IED) esclude i grandi allevamenti dagli obblighi di autorizzazione e dall'adozione di buone pratiche. Le associazioni della coalizione #Cambiamoagricoltura: "Un provvedimento che rischia di vanificare la lotta agli inquinamenti della Pianura padana"

12 Lug 2023 - 08:20
Il Parlamento Europeo esclude i grandi allevamenti dagli obblighi della direttiva sulle emissioni industriali
Una doccia fredda il voto del Parlamento Europeo che, sotto la pressione delle lobby dell'agribusiness, ha esentato i grandi allevamenti dall'obbligo di sottostare agli adempimenti della direttiva sulle emissioni industriali. In pratica, un permesso a inquinare a discapito delle ormai note conseguenze a carico di clima e salute. Le ricadute per l'Italia sono rilevantissime, in particolare per la Pianura Padana, area in cui risiede quasi il 70% dell'intero settore dell'allevamento dello Stivale. Per influenzare il voto dei parlamentari, le lobby hanno utilizzato come principale argomento il fatto che venissero messe in difficoltà piccole aziende familiari. In realtà, il testo in votazione estendeva gli obblighi autorizzativi alle sole grandi aziende con più di 300 bovini allevati (meno del 3% del totale), in cui però si concentrano gran parte dei capi allevati. Stiamo dunque parlando di allevamenti di taglia industriale responsabili del 60% delle emissioni del settore sia climalteranti che inquinanti per acqua, suolo e aria. Le aziende a conduzione familiare non sarebbero state interessate dal provvedimento. Nell'opinione delle associazioni che fanno parte della coalizione, il rischio per le piccole aziende in Italia non dipende dalle norme UE, bensì dai processi di concentrazione aziendale a causa dei quali i piccoli allevamenti chiudono e gli animali vengono accorpati a enormi mandrie di allevamenti industriali. Per avere un'idea di quanto pesino le emissioni di fonte agrozootecnica, basti pensare al fatto che in Italia sono ben 330 mila le tonnellate all'anno di ammoniaca gassosa dispersa in atmosfera dal settore (il 95% di tutte le emissioni di ammoniaca). Di queste, l'80% deriva da allevamenti. Nelle aree padane, le emissioni di allevamento eguagliano quelle da traffico come fonte primaria di inquinamento da particolato sottile, che resta la prima minaccia alla salute umana causando ogni anno decine di migliaia di morti premature da smog. Lasciare immutati gli adempimenti a carico dei grandi allevatori equivale a una licenza gratuita attraverso cui continuare a inquinare senza obblighi né controlli, vanificando gli sforzi per migliorare la qualità di un'aria fin troppo compromessa per compiacere un piccolo numero di grandi allevamenti di taglia industriale. All'Europarlamento è già iniziata la campagna elettorale e a farne le spese sono le norme ambientali che il Green Deal avrebbe dovuto rafforzare. Una norma che attribuisce licenza di inquinare a un intero settore produttivo, peraltro il più sussidiato dalla Politica Agricola Comune, rappresenta una pietra tombale sull'ambizione di risanamento ambientale delle aree maggiormente gravate dall'allevamento intensivo, Pianura padana in primis. Ha vinto il partito dell'inquinamento, ha perso quello della salute umana e del benessere animale".
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