Luxochain ha presentato al Vinitaly l'app anti-contraffazione
Proteggere i prodotti di lusso dalla contraffazione attraverso l'utilizzo della blockchain. È questa la mission di Luxochain, azienda di Lugano, fondata da un gruppo di professionisti che hanno sviluppato sofisticati sistemi a garanzia del marchio.
E al Vinitaly è stata presentata l'applicazione dedicata all'anticontraffazione dei vini italiani.
Grazie a questa applicazione, ogni prodotto ha un suo gemello digitale registrato sulla blockchain che permette di verificarne l'autenticità e la tracciabilità. In sostanza, al momento della vendita di un bene, si trasmette sull'applicazione anche un certificato digitale che ne fa un unicum non modificabile da altre persone. Il consumatore, così, avvicinando lo smartphone al chip, potrà scoprire tutte le informazioni sul prodotto e verificare la sua autenticità.
Luxochain ha pensato all'applicazione per i 100 migliori produttori selezionati da Wine Spectator, riscontrando nelle aziende un grande interesse.
Il valore aggiunto rispetto ai competitor è di avere la tecnologia adeguata per poter certificare qualsiasi tipo di prodotto di lusso e legarlo sulla blockchain rendendo il processo di certificazione inalterabile.
L'azienda garantisce infatti l'autenticità del prodotto attraverso il rilascio di "passaporti digitali" per ogni prodotto realizzato dai big del mercato del lusso, rispondendo così "all'esigenza di avere prodotti di lusso non contraffatti e autentici".
Un archivio che non è modificabile, non è hackerabile ed è lì per sempre.
Ogni processo di realizzazione viene seguito sin dall’inizio ed ogni fase della produzione viene timbrata e certificata. Grazie ad un sofisticato sistema sarà inoltre possibile identificare i falsi.
Il costo della soluzione Luxochain varia da cliente a cliente, perché ha tra le sue prerogative la customizzazione.
Il gruppo di Singapore, ad esempio, vi ha investito mezzo milione di euro, ma l’idea per la singola cantina o il singolo consorzio è di arrivare al costo di un semplice gestionale, che non vada, quindi, oltre i 100 mila euro l’anno.
E il gruppo svizzero guarda anche all’Italia dove svela che è già in contatto con alcune cantine della Franciacorta, per sviluppare nuovi programmi sempre basati sulla tecnologia blockchain.
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