Recessione tecnica: i commenti di Federalimentare e Filiera Italia
L'Istat ha da poco reso noti i dati provvisori del Pil nazionale, mostrando una contrazione dello 0,2%. L'Italia entra così in recessione tecnica dopo 5 anni e la cosa, anche se non coglie impreparati, di certo non può non preoccupare.
"I dati Istat diffusi sono un grande campanello d'allarme che Federalimentare come rappresentante dell'industria alimentare italiana, ma in generale chiunque abbia a cuore gli interessi del Paese, non può non considerare". Così commenta i dati Ivano Vacondio, presidente di Federalimentare.
"Nonostante la conferma delle doti anticicliche del nostro settore - continua Vacondio - l'emergenza di fondo è sotto gli occhi di tutti. È necessario allora ribadire una volta di più l'importanza dell'export, vero canale trainante del paese. Per questo, gli accordi bilaterali, come quello tra UE e Giappone, sono fondamentali per la crescita dell'Italia, ma abbiamo bisogno che la politica accompagni le imprese sui mercati esteri e soprattutto su quelli emergenti, dove c'è grande margine. Ora più che mai è necessario fare squadra: solo così potremo raggiungere risultati importanti".
Diverso il focus di Filiera Italia nelle parole di Luigi Scordamaglia, che punta sulla necessità di "sburocratizzare il Paese".
“La formalizzazione dello stato di recessione tecnica era prevedibile e non deve essere considerato allarmante di per sé, a patto che serva a stimolare una reazione vera da parte del nostro Paese”. Ogni anno in Italia nascono 90 imprese, a fronte delle 40mila costrette a chiudere nello stesso periodo.
"Abbiamo un settore produttivo, fra tutti quello agroalimentare, che oggi dà prova di vera resilienza e si mostra sempre più competitivo". E aggiunge "Queste aziende devono però essere liberate da una insostenibile zavorra burocratica che renda finalmente possibile operare in un contesto realmente competitivo".
Secondo Scordamaglia "in questa visione vanno considerati gli interventi indispensabili sblocca infrastrutture ed investimenti, e l'ulteriore riduzione del cuneo fiscale. Non reagire, in un contesto internazionale depresso come l'attuale, può costare molto caro".
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