Riaperture bar e ristoranti dal 1 giugno: le preoccupazioni di Fipe e Filiera Italia
Fipe e Filiera Italia esprimono preoccupazione per le conseguenze al comparto e all'intera filiera alimentare della tardiva riapertura dei pubblici esercizi
In questo momento in cui l'emergenza sanitaria causata dalla diffusione del COVID-19 va di pari passo con le difficoltà delle imprese e delle attività del nostro Paese, a causa delle misure contenitive, abbiamo bisogno anche di segnali positivi. Per questo Horecanews.it, tenendo fede al patto d'informazione con i suoi lettori, ha deciso di non fermare la normale programmazione ma di tenervi aggiornati sulle notizie del settore, anche per concedere un momento di svago dalle difficoltà del momento.
La conferenza stampa tenuta dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte domenica 26 aprile, ha illustrato i principali punti della Fase 2. Un parziale riavvio del Paese avverrà nelle prossime settimane: ristoranti, bar e tutti gli altri pubblicizi esercizi saranno l'ultima tappa di questa ripresa.
Si arriva infatti al 1 giugno per la riapertura dei locali, una notizia che per Fipe arriva come una doccia fredda; in una nota stampa subito dopo la conferenza di Conte la Federazione dei Pubblici Esercizi dichiara: "I nostri dipendenti stanno ancora spettando la cassa integrazione, il decreto liquidità stenta a decollare, oggi apprendiamo che potremo riaprire dal primo di giugno. Significano altri 9 miliardi di danni che portano le perdite stimate a 34 miliardi in totale dall’inizio della crisi. Forse non è chiaro che si sta condannando il settore della ristorazione e dell’intrattenimento alla chiusura. Moriranno oltre 50.000 imprese e 350.000 persone perderanno il loro posto di lavoro. Bar, ristoranti, pizzerie, catering, intrattenimento, per il quale non esiste neanche una data ipotizzata, stabilimenti balneari sono allo stremo e non saranno in grado di non lavorare per più di un mese. Accontentati tutti coloro, che sostenevano di non riaprire, senza per altro avere alcuna certezza di sostegni economici dal Governo. Servono risorse e servono subito a fondo perduto, senza ulteriori lungaggini o tentennamenti, sappiamo solo quanto dovremo stare ancora chiusi, nulla si sa quando le misure di sostegno verranno messe in atto. Tutto questo a dispetto sia del buon senso che della classificazione di rischio appena effettuata dall’Inail che indica i Pubblici Esercizi come attività a basso rischio. Questo nonostante la categoria abbia messo a punto protocolli specifici per riaprire in sicurezza. La misura è colma.
Questo tardivo riavvio potrebbe creare conseguenze che vanno oltre il settore dell'Horeca: come dichiara Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia, infatti: “Prolungare la chiusura dei ristoranti fino al 1 giugno assesterebbe un duro colpo a tutto il settore agroalimentare italiano. In pericolo 320.000 locali che oggi danno lavoro a oltre 1 milione e 200 mila persone” prosegue il consigliere delegato.“Il Governo analizzi nuovamente con attenzione questa misura, sarebbe, infatti, ancora possibile accelerare la ripresa della ristorazione, con le dovute misure di sicurezza” proseguono da Filiera Italia. E sempre la Fondazione rimarca il fatto che la politica ha il dovere di farsi interprete delle esigenze del Paese “Si segua l’esempio di altri Paesi europei - dice Scordamaglia - dove nell’interesse complessivo si sceglie se e come adattarsi alle proposte dei comitati scientifici”. “Oggi - prosegue il consigliere delegato - informando per tempo gestori e lavoratori della ristorazione, nessuno esiterebbe a mettersi in regola per tutelare economia e salute”.
E continuano da Filiera Italia "Confermare ancora per un mese lo stop di bar e ristoranti non significherà solo mettere a rischio il canale della ristorazione e dei consumi alimentari fuori casa, ma anche tutte le aziende e filiere - a cominciare da vino, formaggi e salumi - legate a doppio filo a quel canale”.
Secondo una stima di Filiera Italia si parla di mettere a rischio fino al 30% del fatturato del comparto. “Un duro colpo che già si può leggere nelle cifre previsionali del settore: - 20% per quest’anno sulle vendite - ricordiamo che da anni i consumi interni sono al palo - e per un drammatico effetto domino fino a - 12% sull’export del 2020" conclude Scordamaglia.
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