Buoni pasto da aziende private, ancora un problema per i pubblici esercizi

Arrivano al 15% le commissioni che i Pubblici Esercizi sono costretti a pagare per accettare i buoni pasto che i datori di lavoro privati acquistano per i propri dipendenti, lo rileva un'indagine FIPE che sottolinea la necessità di abbassare la percentuale al 5% equiparando il mercato privato a quello pubblico

4 Lug 2023 - 12:35
Buoni pasto da aziende private, ancora un problema per i pubblici esercizi
Vanno dall’11% al 15% le commissioni che i Pubblici Esercizi sono costretti a pagare per accettare i buoni pasto che i datori di lavoro privati acquistano per i loro dipendenti. Un livello eccessivamente alto, soprattutto se confrontato con il provvedimento che fissa al 5% il limite massimo delle commissioni nelle gare pubbliche, entrato in vigore nel luglio dello scorso anno. A renderlo noto è FIPE-Confcommercio che ha condotto un’indagine su un campione di oltre 300 esercizi che accettano, oltre a quelli pubblici, i buoni pasto di aziende private, attraverso un questionario somministrato online nel periodo compreso tra il 15 e il 30 maggio 2023. Nello specifico, solo per un’impresa su tre le commissioni sono inferiori al 10%. La maggioranza degli esercizi, al contrario, supera questa soglia: il 52,7% degli intervistati, infatti, ha dichiarato di pagare una percentuale compresa tra l’11% e il 15%, mentre per il 13,9% si supera addirittura il 15%. Una situazione sempre più insostenibile per i Pubblici Esercizi che, in assenza di un intervento, si troveranno costretti, come peraltro sta già avvenendo, a non poter più accettare i buoni pasto, con effetti negativi sugli oltre 3 milioni di lavoratori che li utilizzano ogni giorno. FIPE-Confcommercio da tempo è in prima linea per riportare questo strumento alla vera funzione per cui è stato introdotto. Già lo scorso anno, insieme ad altre associazioni, ha ottenuto una modifica legislativa che fissa al 5% il tetto alle commissioni. Purtroppo, questo limite vale solo per le gare pubbliche e non si applica, dunque, ai contratti dei datori di lavoro privati, che non hanno alcuna giustificazione per chiedere uno sconto di quell’entità, visto che sui buoni pasto hanno già enormi vantaggi fiscali e contributivi. Dopo il provvedimento di luglio 2022, oggi è necessario che il mercato privato sia equiparato a quello pubblico, portando la soglia massima dello sconto al 5%. “Sono molti, anzi moltissimi, i Pubblici Esercizi che accettano malvolentieri i buoni pasto, mentre sono sempre di più quelli che li rifiutano. Un trend che si verifica per una semplice ragione, che la nostra indagine mette chiaramente in evidenza: le commissioni pagate dagli esercenti per compensare gli sconti pretesi dai datori di lavoro sono troppo alte”, ha dichiarato Lino Enrico Stoppani, Presidente di FIPE-Confcommercio. “Il tetto del 5% alle commissioni introdotto nelle gare pubbliche deve essere esteso anche ai contratti privati. Sono necessari interventi urgenti per evitare che un utile strumento di welfare aziendale perda il suo forte valore di servizio, lasciando spazio alla miope speculazione. Ricordiamo – ha continuato Stoppani – che il buono pasto gode di enormi vantaggi in termini di deducibilità e decontribuzione per le aziende che li acquistano per i propri lavoratori. Da queste aziende ci aspettiamo un’assunzione di responsabilità, nel rispetto anche del servizio che ogni giorno i Pubblici Esercizi rendono ai loro dipendenti”.
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