Dopo l'ultimo DPCM si raccolgono nella
ristorazione commenti di
disappunto e delusione, rappresentati dalle note divulgate dalla
Fipe-Confcommercio, Federazione Italiana Pubblici Esercizi.
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Le nuove limitazioni incideranno pesantemente sui nostri già disastrati fatturati" ha dichiarato Fipe. "
abbiamo già perso oltre 33 miliardi su 86 complessivi (-38,38%) e gli annunciati ristori, in media 3mial euro ad azienda, risultano inadeguati e insufficienti a compensare singolarmente i danni. Col risultato di disperdere imprese, posti di lavoro e professionalità, fondamentali per due filiere strategiche per il Paese: agroalimentare e turismo. Con l’aggravante che, questa volta, ci si è dimenticato delle aziende di intrattenimento, in particolare le discoteche, chiuse da febbraio ed escluse da qualsiasi ristoro, anche parziale".
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I Pubblici Esercizi italiani - prosegue la nota -
vogliono poter continuare a lavorare non per mettere a rischio i cittadini, ma per mettere in sicurezza un patrimonio imprenditoriale e sociale che contribuisce al futuro del Paese e non accettano la fastidiosa distinzione tra attività economiche essenziali e non essenziali, che finisce per oscurare la realtà.
Tutte le imprese sono essenziali quando producono reddito, occupazione e servizi e tutte le attività sono sicure se garantiscono le giuste regole e attuano i protocolli sanitari loro assegnati.
Questi provvedimenti offendono i 300mila pubblici esercizi italiani, chiusi da una politica che ha perso credibilità e capacità di funzionamento, perché evidentemente considerati attività insicure ed irresponsabili, nonostante su 6,5milioni di controlli effettuati sulle attività commerciali, ristorazione compresa, solo lo 0,18% ha subito una sanzione, secondo i dati del Ministero degli Interni.
Se il riferimento deve essere il 'modello tedesco' più volte invocato per giustificare le misure restrittive, i ristori allora ad esso dovrebbero essere ispirati: indennizzo al 75% dei fatturati calcolato sui mesi di novembre e dicembre, riduzione dell'IVA al 5%, tutela degli sfratti, ad esempio".
Che si tratti di zona rossa o arancione, per i pubblici esercizi non fa differenza, dal momento che per entrambe le disposizioni governative stabiliscono la totale chiusura al pubblico dal 23 dicembre al 6 gennaio. Un periodo, afferma la Fipe, "che da solo vale circa il 20% del fatturato di un intero anno".
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