Il taglio della spesa fa crollare la produzione di cibo
La difficoltà delle famiglie si riflette sul taglio della spesa, che a catena riduce drasticamente la produzione di cibo made in Italy, con un impatto negativo sulla produzione industriale complessiva.
Il taglio della spesa degli italiani fa crollare anche la produzione di cibo Made in Italy, che inverte la tendenza e si riduce del -1,8%, con un impatto negativo sulla produzione industriale complessiva. È quanto afferma la Coldiretti, in riferimento ai dati Istat sulla produzione industriale a febbraio rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Una frenata preoccupante che è il risultato delle difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane, sottolinea la Coldiretti. Queste, spinte dai rincari, mettono meno prodotti nel carrello, ma non è l'unica causa del crollo. Di fatti, questi dati sono anche il segnale dei problemi della filiera produttiva, alle prese con l’esplosione dei costi dell’energia e delle materie prime. Il caro prezzi ha tagliato del 4,9% le quantità di prodotti alimentari acquistate dagli italiani, che hanno comunque speso il 7,9% in più, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat relativi al commercio al dettaglio a febbraio rispetto allo stesso mese del 2022.
Una situazione che costringe gli italiani – sottolinea la Coldiretti – ad andare a caccia dei prezzi più bassi anche facendo lo slalom nel punto vendita, cambiando negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti.
Il risultato è un impatto negativo sulla produzione industriale, che non è stata compensata dall’andamento positivo delle esportazioni. Il cibo made in Italy continua a crescere all’estero dopo aver fatto registrare nel 2022 il record di sempre, a quota 60,7 miliardi.
“Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali per assicurare una più equa distribuzione del valore per tutelare i consumatori ed il reddito degli agricoltori dalle pratiche sleali” ha affermato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini nel sottolineare l’esigenza di “raddoppiare da 5 a 10 miliardi le risorse destinate all’agroalimentare nel Piano nazionale di ripresa e resilienza spostando fondi da altri comparti per evitare di perdere i finanziamenti dell’Europa. Nell’ambito del Pnrr abbiamo presentato tra l’altro – conclude Prandini – progetti di filiera per investimenti dalla pasta alla carne, dal latte all’olio, dalla frutta alla verdura con più di 50 proposte e migliaia di agricoltori, allevatori, imprese di trasformazione, università e centri di ricerca coinvolti”.
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