Etna Days 2025: alla scoperta dei vini del vulcano e del segreto del loro successo

Etna Days 2025 ha rinnovato e attualizzato la narrazione del mondo dei vini dell’Etna, tra viticoltura eroica, varietà autoctone e giovani produttori

26 Sett 2025 - 14:27
Etna Days 2025: alla scoperta dei vini del vulcano e del segreto del loro successo

VINI E DINTORNI - Parlare di vini etnei significa accostarsi a un universo tanto affascinante quanto complesso, un mosaico in continuo mutamento che prova a tradurre in sensazioni concrete l’eterogeneità di un territorio senza eguali. Da un lato la presenza costante e mutevole del vulcano, che ridisegna di continuo la geografia dei luoghi, dall’altro il lavoro incessante dell’uomo, costretto a confrontarsi con una viticoltura che non ammette scorciatoie, priva com’è di ogni forma di meccanizzazione.

Da questo intreccio serrato nasce una viticoltura eroica che, nelle sue espressioni più alte, diventa emblema di identità. È proprio da questa relazione fatta di fatica e passione che si sprigiona la forza magnetica dell’Etna, capace di attrarre appassionati e produttori da ogni parte del mondo, molti dei quali hanno scelto di mettere radici qui, trasformando la produzione di vino in una scelta di vita più che in un mestiere.

Una dimensione che da quattro anni la stampa nazionale e internazionale può esplorare in occasione di Etna Days, l’evento pensato dal consorzio Etna DOC per puntare i riflettori sul percorso in continua evoluzione dalla prima denominazione siciliana, istituita nel lontano 1968. 

Etna Days 2025: il racconto di un vulcano

Dal 17 al 19 settembre Castiglione di Sicilia si è trasformata nella capitale del vino etneo. Per tre giorni più di novanta cantine hanno aperto le loro porte a giornalisti e operatori provenienti da ogni parte del mondo, offrendo non soltanto degustazioni ma anche visite ai vigneti, passeggiate tra i filari, incontri con i produttori e momenti di convivialità che hanno reso tangibile il calore dell’ospitalità siciliana.

Entrare in queste vigne significa entrare in connessione con l’anima del vulcano: i filari di Nerello Mascalese che si arrampicano sui muretti di pietra nera, i terrazzamenti che guardano al mare, i microclimi che cambiano a ogni contrada, le vigne secolari che sfidano il tempo. È qui che ogni vino rivela il suo legame profondo con il paesaggio che lo genera.

E proprio qui vale la pena ricordare che la Doc Etna è stata un atto pionieristico che ha tracciato il futuro di questo territorio, cresciuto fino a contare oggi venti comuni, quattro versanti e 133 contrade.

Crescita consapevole e scelte strategiche

Quello che è emerso dalle esperienze sul campo, dal confronto con i produttori e con la direzione del consorzio è che il successo dell’Etna non è frutto del caso, ma il risultato di decisioni lungimiranti e condivise. 

La prima, quella di comunicarsi al mondo partendo da un nome semplice e potente: Etna. È il vulcano il primo messaggio, il più alto d’Europa tra quelli attivi, riconosciuto dall’Unesco come Patrimonio Mondiale dell’Umanità.  

Solo dopo arrivano i vini, le varietà, i versanti, le contrade. Una narrazione chiara e immediata, che non banalizza ma accompagna passo dopo passo verso una conoscenza più profonda.

Accanto a questa, la scelta di puntare fin dall’inizio sulle varietà autoctone: Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Carricante, vitigni che hanno garantito autenticità e coerenza identitaria, diventando i veri ambasciatori di questo territorio. 

Determinante anche la decisione di crescere con equilibrio, con nuovi impianti limitati a cinquanta ettari l’anno e un massimo di un ettaro per singola azienda. Un freno alla corsa che non ha spezzato l’entusiasmo, ma ha permesso di tutelare la qualità e il posizionamento.

Nel 2024 la denominazione ha raggiunto i 1.347 ettari vitati, con 5,8 milioni di bottiglie prodotte e 474 soci riuniti nel Consorzio, che rappresentano quasi l’intera produzione imbottigliata. Numeri contenuti se paragonati a quelli di grandi aree viticole italiane, ma capaci di esprimere un peso culturale e simbolico di prim’ordine.

Fondamentale il contributo delle nuove generazioni: oggi un produttore su cinque appartiene a questa fascia, spesso tornata sull’Etna dopo esperienze di studio e lavoro all’estero. Giovani che hanno scelto di recuperare i vigneti dei nonni e rimettere in funzione antichi palmenti, riportando vita in un territorio che non è mai diventato monoculturale ma continua a custodire ulivi, noccioli e castagni accanto alle vigne.

Degustazioni e annate: un racconto di stili

Le sessioni di degustazione hanno restituito l’immagine di una denominazione che non smette di mostrare il suo volto dinamico e innovativo.

Con 91 aziende coinvolte e 340 vini in assaggio – 159 rossi, 119 bianchi, 46 rosati e 16 spumanti – il quadro che emerge è quello di un territorio che sperimenta, cresce e affina il proprio stile anno dopo anno.

Il 2023, segnato da caldo persistente e dalla peronospora, ha messo alla prova i vignaioli ma non ha cancellato il carattere dei rossi: vini dal colore intenso, dal profilo olfattivo dominato da frutti maturi, spezie e fiori scuri, sostenuti da tannini più decisi ma sempre eleganti, bilanciati dalle forti escursioni termiche del vulcano. Annate come questa richiedono grande sensibilità in vigna ma sanno regalare interpretazioni significative, non sempre immediate ma di grande fascino.

Il 2024, al contrario, ha offerto condizioni quasi perfette per i bianchi: piogge nei momenti giusti e forti sbalzi termici hanno dato vita a uve sane e concentrate. I vini si presentano vibranti, freschi e sapidi, con sentori di agrumi ed erbe aromatiche protagonisti e una struttura che lascia presagire una notevole capacità di evoluzione. 

Accanto a loro, rosati sempre più versatili e spumanti che, pur in fase di consolidamento, mostrano prospettive interessanti grazie al naturale patrimonio acido dei vitigni etnei. 

Oltre il vino: ospitalità e comunità

Oggi la quasi totalità delle cantine è attrezzata per l’accoglienza, con un’offerta che spazia dai resort immersi nei vigneti alle esperienze di ospitalità diffusa, trasformando ogni visita in un viaggio nel cuore del territorio il tutto innestato su un tessuto fatto di connessioni con famiglie storiche, nuove generazioni e marchi consolidati che lavorano insieme senza individualismi, costruendo un racconto condiviso che rafforza l’immagine complessiva del vulcano.

Non sorprende quindi che il valore economico del territorio sia in continua crescita: circa 50 milioni di euro di fatturato alla cantina, vigneti valutati cinque volte oltre la media siciliana e un indotto enoturistico stimato in 123 milioni di euro l’anno. 

Dati che confermano come l’Etna sia più che una denominazione un ecosistema capace di generare cultura, economia e bellezza.

Un territorio che punta sempre più alla dimensione internazionale 

Gli Etna Days 2025 hanno reso evidente che l’Etna non sia solo un luogo di produzione vinicola, ma un’esperienza totale. Ogni vino racconta una storia di resilienza e di passione; ogni visita restituisce l’immagine di una comunità unita nel custodire il proprio patrimonio. Una comunità sempre più proiettata sulla scena internazionale del mondo del vino, lo testimonia la scelta di New York come sede per ospitare la prossima edizione dell’evento. 

"Abbiamo ritenuto che i tempi fossero maturi per portare Etna Days oltreoceano - spiega il direttore del consorzio Maurizio Lunetta - intercettando distributori e nuove opportunità di mercato. Gli Stati Uniti restano il nostro primo mercato export e vogliamo consolidare questa leadership anche negli anni a venire. Sul nostro territorio, invece, Etna Days assumerà d’ora in poi una cadenza biennale.” 

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