La cucina italiana attrae turisti: nel 2024 spesi 12 miliardi di euro nei pubblici esercizi
La spesa dei visitatori internazionali nei pubblici esercizi cresce del 7,5%. Il riconoscimento UNESCO potrebbe generare 18 milioni di presenze extra
I turisti internazionali scelgono l'Italia anche per la sua offerta gastronomica, e i numeri lo dimostrano chiaramente. L'anno scorso la spesa degli stranieri in ristoranti, bar e pubblici esercizi ha raggiunto 12,08 miliardi di euro, segnando un progresso del 7,5% sul 2023. Per il 2025 le previsioni confermano il trend positivo, con una stima di 12,68 miliardi e un incremento del 5%. Non si tratta solo di pasti consumati durante il soggiorno: i viaggi motivati specificamente dall'enogastronomia generano da soli 9 miliardi di euro di spesa diretta, confermando che la tradizione culinaria del nostro Paese rappresenta ormai un elemento centrale nella scelta della destinazione.
Questi dati emergono dalle elaborazioni di Fiepet Confesercenti basate su fonti della Banca d'Italia, Unioncamere e Movimprese, presentate durante l'assemblea nazionale che ha riconfermato Giancarlo Banchieri alla presidenza dell'associazione.
L'effetto UNESCO: fino a 18 milioni di presenze turistiche in più
Secondo le valutazioni dell'associazione, l'eventuale riconoscimento della cucina italiana come patrimonio mondiale UNESCO potrebbe innescare un effetto significativo sui flussi turistici. Nei primi anni dopo il riconoscimento si stima una crescita delle presenze compresa tra il 6% e l'8%, con un successivo assestamento intorno al 2-3% nei cinque anni seguenti. In termini assoluti, questo scenario porterebbe circa 18 milioni di presenze turistiche aggiuntive nell'arco di due anni.
Le ricadute andrebbero oltre i semplici numeri: la dieta mediterranea otterrebbe maggiore visibilità internazionale, le produzioni tipiche e i territori di eccellenza riceverebbero nuova attenzione, mentre crescerebbe l'interesse per modelli alimentari equilibrati e per l'export agroalimentare. Un'opportunità che riguarderebbe migliaia di attività tra ristorazione, produzione alimentare e accoglienza.
"Alcuni benefici sarebbero quasi automatici", osserva Giancarlo Banchieri, Presidente nazionale Fiepet Confesercenti. "Un riconoscimento UNESCO agirebbe da moltiplicatore per turismo, economia e immagine del Paese. Ma perché questa spinta si traduca in sviluppo reale servono politiche lungimiranti: semplificazione amministrativa, sostegno agli investimenti, formazione qualificata e regole stabili per le imprese che ogni giorno rappresentano l'Italia. E c'è un tema che non possiamo più eludere: un'impresa della ristorazione su due fatica a trovare personale, non solo per carenza di candidati, ma per mancanza di competenze adeguate. Le imprese hanno bisogno anche di lavoratori provenienti dall'estero, ma occorre un passo in avanti deciso: serve lavorare sulla formazione fuori dai confini nazionali e serve un sostegno concreto, perché finora abbiamo fatto tutto da soli. Senza un intervento strutturale, il divario tra domanda e offerta continuerà a frenare il settore proprio mentre le opportunità crescono".
Un settore in trasformazione: crescita al Sud, criticità al Centro-Nord
L'analisi del tessuto imprenditoriale fotografa un comparto in evoluzione. Nell'ultimo decennio le imprese attive nella ristorazione sono aumentate complessivamente di 1.467 unità, tuttavia il confronto tra il 2024 e il 2023 evidenzia la chiusura di 4.038 attività. Lombardia, Veneto, Lazio e Sicilia risultano tra le aree più colpite dalle cessazioni. Al contrario, Sud e Isole mostrano segnali di espansione più solidi, mentre le regioni del Nord e del Centro registrano dinamiche negative. La forma giuridica più diffusa resta quella delle imprese individuali, a conferma di un settore ancora caratterizzato da piccole realtà imprenditoriali.
Per quanto riguarda il fatturato, i dati Istat relativi al 2025 indicano una crescita media dell'1,7% nei servizi di ristorazione. Il confronto europeo nel periodo 2015-2024, elaborato da Eurostat, mostra per l'Italia un aumento del 35,8%, che però risulta inferiore sia alla media dell'Unione Europea sia ai risultati dei principali competitor del settore.
"La ristorazione italiana resta un simbolo, un presidio culturale, un motore economico" conclude Banchieri. "Se il mondo riconoscerà ufficialmente il valore della nostra cucina, dovremo essere pronti a trasformare questa occasione in sviluppo duraturo. Le imprese stanno reagendo, ma hanno bisogno di essere accompagnate".






