Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità

Al Museo Madre l’ultima tappa di Praesentia, una giornata che ha esplorato la pizza napoletana tra saperi artigiani, memoria e visioni contemporanee

9 Dic 2025 - 09:35
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità

EVENTI - Il 7 dicembre, Napoli ha accolto al Museo Madre l’ultima tappa di “Praesentia – Percorsi Identitari della Campania”, il progetto promosso dalla Regione Campania e dall’Agenzia Campania Turismo dedicato alle vocazioni culturali ed enogastronomiche della regione. Un itinerario che ha coinvolto cinque province, sedici chef e decine di artigiani, trovando nella pizza napoletana – patrimonio UNESCO dal 2017 – una chiave di lettura naturale: materia umile e complessa, gesto quotidiano e documento culturale allo stesso tempo.

Nel suo intervento introduttivo, la Dott.ssa Rosanna Romano ha richiamato il valore della memoria come infrastruttura culturale e sociale del territorio, patrimonio da rendere visibile e condiviso attraverso strumenti digitali e attività di valorizzazione. Un invito ripreso da Marisa Laurito, che ha presentato la nuova Stanza delle Meraviglie del Teatro Trianon dedicata alla canzone napoletana, testimonianza del ruolo che la città riconosce ai luoghi della cultura come spazi di narrazione collettiva.

La curatrice del progetto, Elisabetta Montaldo, ha ripercorso la visione di Praesentia: mostrare come la cultura gastronomica attraversi mestieri, comunità e territori, generando inclusione e lavoro anche nelle aree meno frequentate dal turismo. L’arte del pizzaiuolo, in questo contesto, diventa emblema di un sapere che nasce nella tradizione e si rinnova nei gesti degli artigiani.

Da qui la riflessione della direttrice del Madre, Eva Fabbris, che ha riportato il dibattito sul tema del dialogo con l’arte contemporanea annunciando l’apertura, il 18 dicembre, della mostra dedicata a Rosa Panaro. L’artista, nota per le sue opere in cartapesta che raffigurano pizze condivise, ha trasformato un soggetto quotidiano in una scena relazionale: un’immagine che racconta il disco lievitato come gesto comunitario, luogo di incontro, spazio di partecipazione.

Il professor Marino Niola ha approfondito la genealogia culturale della pizza, dalle prime attestazioni medievali alle descrizioni ottocentesche di Serao e Dumas, restituendone la natura popolare e “totale”. Nato per saziare rapidamente chi aveva poco, il piatto evolve oggi in forme leggere e digeribili, riflettendo nuove abitudini alimentari. Eppure, ha sottolineato Niola, la sua vocazione rimane invariata: “andare a mangiare una pizza” resta prima di tutto un gesto relazionale, un invito alla convivialità che attraversa epoche e classi sociali.

Il tema della tutela del patrimonio immateriale è stato al centro dell’intervento di Alfonso Pecoraro Scanio, che ha ricordato il percorso che nel 2017 portò al riconoscimento UNESCO dell’Arte del Pizzaiuolo Napoletano. Un risultato reso possibile da una comunità capace di presentarsi unita e da un approccio che mette al centro la continuità dei gesti e la funzione sociale del mestiere. Su questa linea si colloca anche Antonio Pace, presidente dell’Associazione Verace Pizza Napoletana (AVPN), insieme ad altre voci professionali, sottolineando la necessità di proteggere non solo la ricetta, ma la tecnica, la conoscenza e la relazione fra artigiano e materia.

In questo quadro si inserisce il contributo di Luciano Pignataro, protagonista della sessione dedicata alla pratica del mestiere e moderatore del dialogo con i Maestri pizzaioli Enzo Coccia e Roberta Esposito. Nel confronto guidato da Pignataro sono emersi i temi della qualità degli ingredienti, della gestione dell’impasto, della cottura e del rapporto con la tradizione. Un racconto tecnico che si è intrecciato con una riflessione più ampia sul valore culturale dell’artigiano: «Un piatto diventa patrimonio quando chi lo prepara sa perché lo fa, quando riconosce la propria storia in quel gesto e sente il bisogno di documentarlo, conservarlo e migliorarlo.» Una considerazione che ha dato densità al lavoro dei pizzaioli, restituendone la dimensione di custodi della memoria gastronomica della città.

La dimensione sociale della pizza è stata infine raccontata da Francesco Tabbutta del Museo Diocesano Diffuso, che ha mostrato come questo cibo sia oggi anche strumento di inclusione nei percorsi formativi rivolti ai giovani del centro storico. Un linguaggio immediato che accoglie, crea legami e accompagna la costruzione di comunità.

L’appuntamento al Museo Madre ha così composto una visione ampia, la pizza come documento storico, gesto artigiano, immaginario artistico, rito sociale. Un patrimonio vivo che continua a raccontare la Campania attraverso ciò che produce e attraverso coloro che, ogni giorno, ne custodiscono la forma, il senso e la memoria.

Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Da sinistra: Eva Fabbris, Elisabetta Montaldo, Rosanna Romano, Marino Niola
Al Museo Madre si chiude ''Praesentia'': la pizza come racconto, memoria e comunità
Da sinistra: Enzo Coccia, Jessica De Vivo, Luciano Pignataro
Compila il mio modulo online.