Balza del 22% il prezzo del grano dopo appena due mesi dall'inizio della guerra
Due mesi dall'inizio della guerra e i prezzi del grano hanno già subito un balzo di oltre il 20%. A lanciare l'allarme è Coldiretti.
Il taglio dei raccolti in Ucraina e le difficoltà di trasporto a causa della guerra hanno provocato nei due mesi dallo scoppio del conflitto un balzo del +22% dei prezzi mondiali del grano. Ad aumentare del +17% sono state anche le quotazioni del mais destinato all’alimentazione animale e tutte le principali produzioni agricole. Lo ha evidenziato l'analisi dell'andamento delle quotazioni al Chicago Board of Trade, punto di riferimento mondiale del commercio delle produzioni agricole, realizzata da Coldiretti.
Con la guerra rischia infatti di venire a mancare dal mercato oltre un quarto del grano mondiale, con l'Ucraina che insieme alla Russia controlla circa il 28% del mercato internazionale, con oltre 55 milioni di tonnellate movimentate, ma anche il 16% sugli scambi di mais (30 milioni di tonnellate) per l'alimentazione degli animali negli allevamenti, oltre che il 65% sugli scambi di olio di girasole (10 milioni di tonnellate); stime sui dati del Centro Studi Divulga.
Una situazione aggravata dal blocco delle spedizioni dai porti del Mar Nero a causa dell’invasione russa, che ha alimentato l’interesse sul mercato delle materie prime agricole della speculazione. Questa infatti, sostiene Coldiretti, si sposta dai mercati finanziari ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli, dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato.
A due mesi dall’inizio la guerra, questo meccanismo è già costato a livello globale quasi 100 miliardi di dollari, stima la Coldiretti, e questo solo per l'aumento dei prezzi di grano e mais. Se nei paesi sviluppati tutto ciò alimenta l'inflazione, nei paesi più poveri a rischio è la sicurezza alimentare, con i prezzi del grano che si collocano sugli stessi livelli raggiunti negli anni delle drammatiche rivolte del pane che hanno coinvolto molti Paesi a partire dal nord Africa come Tunisia, Algeria ed Egitto.
Tale emergenza mondiale riguarda direttamente l'Italia, che importa il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais per l'alimentazione del bestiame, secondo l'analisi Coldiretti, per la quale l'Ucraina è il nostro secondo fornitore di mais (13% del fabbisogno).
Occorre lavorare da subito per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali, con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi, che non scendano mai sotto i costi di produzione, come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali.
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