Il beverage investito dal possibile aumento dell’Iva
Tra il 2019 e il 2020 potremmo assistere ad un aumento dell'iva dal 22 al 25% e dal 10 al 13% per effetto delle così dette clausole di salvaguardia approvate nel 2011 dal governo Berlusconi.
Grazie ad esse si può intervenire e modificare la politica fiscale qualora ci fossero problemi con i conti pubblici: nel caso in cui tagli alle spese e le altre soluzioni previste per far rientrare le cifre necessarie non riuscissero a fare quadrare la situazione economica, lo Stato potrebbe ricorrere all’aumento dell’Iva.
Per evitare tutto ciò servono nuove risorse pari a circa 12,4 miliardi per il 2019 e 19,2 miliardi per il 2020.
A subire l’incremento dell’iva al 25% saranno, eventualmente, la maggior parte dei prodotti di largo consumo, compresi, ad esempio il caffè e tutte le referenze del comparto beverage: bevande gassate, superalcolici, spumanti, birra, succhi di frutta, vino e anche acqua minerale. Il settore delle bevande è insieme a quello dell’abbigliamento, delle calzature e degli elettrodomestici quello più colpito da questa eventuale soluzione.
Al 13% salirebbero, invece, alimenti come uva da vino, tè, spezie, riso, avena, zucchero, frutta, acqua, carne, pesce, yogurt, latte fresco, uova, miele, ma anche energia elettrica per uso domestico, prodotti petroliferi per uso agricolo e per la pesca in acque interne, metano.
Non resta che attendere i prossimi mesi e le comunicazioni ufficiali del Governo per ricevere ulteriori aggiornamenti a riguardo.
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