Il PNRR darà spazio a 10mila nuovi addetti nella Ristorazione Collettiva
Per la ristorazione collettiva, gli investimenti PNRR si tradurrebbero complessivamente nella necessità di 10.000 nuovi dipendenti.
ORICON - Osservatorio Ristorazione Collettiva e Nutrizione - ha effettuato un’analisi sugli impatti socio economici e occupazionali che potrebbero essere generati dagli investimenti previsti nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) per quanto riguarda asili nido e servizi per l’infanzia, così come per l’estensione del tempo pieno e delle mense, andando a stimare il contributo che il settore della ristorazione collettiva è in grado di fornire alla ripresa economica e sociale dell’Italia nella fase post pandemica.
Ne emerge un quadro positivo: per il segmento della ristorazione collettiva gli investimenti si tradurrebbero complessivamente nella necessità di 10.000 nuovi dipendenti nei prossimi 4-5 anni, ai quali si aggiungerebbero 34 mila nuovi educatori e insegnanti e 15.000 genitori di bambini che, potendo contare sul supporto della scuola, potrebbero reinserirsi nel mercato del lavoro.
“La pandemia ha messo sotto gli occhi di tutti le difficoltà di conciliazione dei tempi vita e lavoro – afferma Carlo Scarsciotti, Presidente di ORICON - e il PNRR è un’occasione importante per stimolare politiche concrete per favorire l’equità di accesso ai servizi scolastici e alla mensa, agevolando il ritorno alla ricerca di lavoro da parte soprattutto di quei genitori che vi hanno dovuto rinunciare per accudire i figli. La ristorazione collettiva, dove oltre il 90% di occupati è costituito da donne, è e vuole essere parte attiva di questo processo di ripresa sociale ed economica”.
L’analisi ci restituisce l’immagine di un Paese che appare spaccato a metà. Rispetto al tempo pieno, ad esempio, se un bambino milanese può contare nel 90% dei casi su 40 ore di scuola settimanali, in Sicilia la stessa percentuale di alunni deve accontentarsi di sole 27 ore. A conti fatti, nell’arco dell’intero ciclo di scuola primaria, queste disparità si traducono in un anno di scuola in meno tra studenti del Nord e quelli Sud.
Situazione critica anche per quanto riguarda l’occupazione dove emerge, ancora una volta, un Paese a due velocità.
Nel Mezzogiorno il tasso di donne occupate con figli è inferiore di 16 punti percentuali rispetto a quello delle donne senza figli (36,7% contro 52,4%); seppur con differenze inferiori, tale disparità è riscontrabile anche nelle aree del Centro e del Nord, con un divario del 9% al Nord e del 13% nel Centro Italia. Nel 2019, secondo i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, su 52.000 rapporti di lavoro interrotti, in oltre il 50% dei casi la motivazione è da riscontrare nella difficoltà di conciliare lavoro e cura dei figli. Significa che 28.000 genitori, di cui tre quarti madri, sono stati costretti a scegliere tra i figli e il lavoro e che se avessero potuto contare su un sostegno nell’accudimento dei figli non avrebbero necessariamente rinunciato alla propria occupazione.
“Questi dati dimostrano come politiche di equità e maggior diffusione di servizi scolastici siano misure non più rinviabili, dove strumenti come il tempo pieno e la mensa possono rappresentare, allo stesso tempo, un sostegno alle famiglie e una leva per lo sviluppo economico e per la ripartenza dell’occupazione”, dichiara Scarsciotti.
La diffusione dei servizi educativi per l’infanzia pone l’Italia, con 27 posti ogni 100 bambini, al di sotto dell’obiettivo fissato in sede europea di 33 posti ogni 100 bambini tra zero e due anni. Media che si abbassa
ulteriormente in alcune aree del Paese: in Campania appena il 10% dei bambini ha accesso al nido e agli altri servizi, mentre in Toscana ed Emilia-Romagna si supera abbondantemente il 35% arrivando a sfiorare il 40% in Umbria (in Lombardia il range è compreso tra il 21% di Sondrio al 36% di Milano).
Sull’allargamento della platea di beneficiari di asili nido e scuole dell’infanzia, il PNRR prevede investimenti per 4,6 miliardi di euro i quali comporteranno la creazione di 228.000 posti negli asili nido e scuole d’infanzia, di cui oltre 95.000 riguarderebbero il Sud e oltre 42.000 le isole (come risulta da una simulazione di ORICON condotta uniformando il più possibile la presenza del servizio nelle province italiane).
Oricon ha analizzato gli impatti occupazionali generabili da questa misura sotto una duplice prospettiva, generale e di settore. Sul piano generale, a fronte di 228.000 posti in più negli asili nido, ORICON ha stimato che circa 14.581 genitori potrebbero tornare alla ricerca attiva di lavoro in quanto supportati da servizi che consentono di conciliare più agevolmente la gestione dei figli. Dal punto di vista della ristorazione collettiva, che da sempre conta su un’ampia manodopera specializzata ad alto tasso di occupazione femminile, si genererebbero 6.200 posti di lavoro da impiegare nelle cucine e nei refettori. Di questi per 3.800 nuovi posti riguarderebbero il Sud Italia.
Sul fronte dell’estensione del tempo pieno e della costruzione o ristrutturazione degli spazi delle mense, il PNRR prevede interventi su un totale di circa 1.000 edifici.
“Secondo le nostre proiezioni – spiega il Presidente di ORICON –, mille nuovi edifici consentirebbero a circa 164.000 bambini di passare dal tempo normale a quello pieno con l’opportunità di fruire del servizio mensa. Oltre tre quarti degli investimenti previsti nel Piano interesserebbero il Mezzogiorno e solo il 15% le regioni del Nord-Ovest”.
Un dato importante se si considera che in Italia solo poco più di un terzo degli alunni (37%) frequenta ad oggi la scuola primaria a tempo pieno e che i dati Istat sulla conciliazione tra lavoro e famiglia evidenziano che quasi un quarto degli occupati con figli di 0-14 anni dichiara di aver apportato un cambiamento nell’occupazione attuale per prendersi cura dei figli (cambiamento o riduzione dell’orario), di cui il 38,3% delle madri occupate, oltre un milione, contro l’11,9% di padri. Alla luce di questi numeri, è evidente il beneficio che questa misura contenuta nel PNRR avrebbe sull’occupazione in generale e nel settore della ristorazione, che per rispondere agli investimenti sull’estensione del tempo pieno, vedrebbe un incremento di 3.800 lavoratori in più.
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