In Francia continua la caccia agli influencer del vino
La legge Evin che in Francia da 30 anni limita la pubblicità degli alcolici mette nell’angolo gli influencer del vino accusati di dar vita a pubblicità illegale
Non si placa la crociata francese contro la promozione del vino da parte degli influencer, una lotta ispirata dai principi di una legislazione da sempre molto attenta e circostanziata in materia. La legge Evin da più di 30 anni limita infatti la pubblicità degli alcolici sia attraverso i canali tradizionali quali radio e tv, sia nelle manifestazioni sportive, ed è stata estesa dal 2009 anche ad internet dove le attività in questione sono esplicitamente vietate in nome del principio che la tutela della salute deve prevalere sempre sul mercato. Un approccio che si è inasprito nei confronti di un mondo, quello dei social, considerato come una zona grigia sfuggente ad una precisa regolamentazione. Il caso denunciato dall’Association Nationale de Prévention en Alcoologie et Addictologie ha portato il Tribunale di Parigi con la sua sentenza dello scorso gennaio ad equiparare le campagne social alla pubblicità illegale mettendo al centro di un’attività di controllo sempre più stringente le celebrities del web e le aziende committenti. La società Meta Group (Facebook e Instagram) è stata costretta a rimuovere 37 post con al centro della scena alcol e vino riconducibili ad un gruppo di 20 influencer da 5 milioni complessivi di follower, un caso che non è però rimasto isolato dando vita ad una sequela di attacchi da parte delle associazioni per la tutela dei consumatori. A dare la caccia ai post e alla comunicazione considerata fuorilegge è quasi sempre l’Associazione Addictions France, fondata nel 1872 da Claude Bernard e Louis Pasteur, la cui azione mira a prevenire e ridurre i rischi di esposizione alle dipendenze, che si tratti di alcol, tabacco, droghe o gioco d'azzardo. Dopo aver puntato il dito contro Dom Perignon per l’operazione della Cuveè dedicata alla star Lady Gaga, nella quale si ravvisava un tentativo di aggiramento della legge presentando il personaggio famoso come co-creatore del prodotto e non solo come suo promotore, l’Associazione è tornata a farsi sentire tuonando contro Gerard Bertrand, grande realtà del Sud Ovest della Francia con i suoi 11 Chateau, fra i più importanti produttori di vini biologici e biodinamici del Paese. Ad essere incriminata è una sua collaborazione, di diversa natura, ma non ritenuta meno compromettente. Protagonista del nuovo caso è Anna RVR, influencer con 589mila iscritti sul canale YouTube e 487mila follower su Instagram, rea secondo Addictions France di aver prodotto decine di post in cui il rosato “Côtes des Roses” verrebbe presentato in modo accattivante in un contesto glamour e vacanziero sfruttando la sua immagine per rendere attraente il mondo dell’alcol agli occhi dei giovani consumatori. L’autrice della campagna social si è rifiutata di archiviare quanto pubblicato e a nulla è valso sottolineare che la stessa avesse partecipato alla formazione per influencer responsabili dell’Autorité de Régulation Professionnelle de la Publicité. Non avendo ottenuto il ritiro del materiale incriminato l'Associazione ha avviato un'azione legale contro il produttore. Dal canto suo Gerard Bertrand non ha commentato la sortita di Addictions France attendendo che la giustizia faccia il suo corso. Tempi duri dunque per le aziende vitivinicole francesi che provano a cavalcare l’onda dei social, ma anche per gli stessi influencer le cui attività pubblicitarie sono state recentemente regolamentate con una proposta di legge rigorosa. Troppe le truffe e le attività poco trasparenti delle celebrities del web che ora rischiano anche pesanti pene pecuniarie e fino a due anni di reclusione nel caso vengano accusate di frode e del reato di abuso di fiducia. Resta da chiedersi se la figura del wine influencer riuscirà a sopravvivere in un Paese con una normativa sugli alcolici così stringente ma anche in che modo i principi della legge Evin potranno essere rispettati in modo pieno in un contesto, come quello dei social, difficile da ricondurre nell’ambito di un perimetro circoscritto.