La scienza dietro la schiuma della birra: svelato il segreto della sua stabilità
Una nuova ricerca rivela i segreti della schiuma della birra e apre prospettive interessanti per il mondo della produzione brassicola
INDAGINI E RICERCHE - Un bicchiere di birra appena spillata è un piccolo rito che coinvolge tutti i sensi, il suono della spina che si apre, il profumo che sale e soprattutto quella corona cremosa che si forma in cima al bicchiere. La schiuma non è solo un dettaglio estetico ma un vero e proprio segno distintivo di qualità, è ciò che rende la birra più invitante, più viva e per molti appassionati più autentica. Non sorprende quindi che una pinta piatta e priva di schiuma venga percepita come meno curata, quasi incompleta.

Ma perché alcune birre mantengono una schiuma densa e stabile mentre altre la perdono in pochi istanti? Fino a poco tempo fa la risposta non era chiara, e spesso si attribuiva la colpa alla spillatura o alla mano del barista. Oggi però la scienza offre una spiegazione più precisa: la stabilità della schiuma dipenderebbe da ciò che accade alle proteine durante la fermentazione.
Un gruppo di ricercatori dell’ETH di Zurigo e dell’Università di Tecnologia di Eindhoven, guidati dal professor Jan Vermant, ha scoperto che la chiave risiederebbe nella Proteina di Trasferimento Lipidico 1 (LTP1), il cui comportamento varierebbe a seconda che la birra sia a fermentazione singola, doppia o tripla.
Dalla fermentazione al bicchiere: cosa accade alle proteine
Lo studio, pubblicato sulla rivista Physics of Fluid, ha messo a confronto birre a fermentazione singola, doppia e tripla, dimostrando come le differenze non siano soltanto di gusto o complessità aromatica ma incidano direttamente sulla schiuma.
Nelle birre a fermentazione singola (come molte lager), la LTP1 manterrebbe una forma globulare che si disporrebbe in particelle compatte sulla superficie delle bolle, rendendo la schiuma poco stabile.
Con la doppia fermentazione, le proteine inizierebbero a “srotolarsi” creando una rete elastica che tratterrebbe le bollicine più a lungo.
Nella tripla fermentazione, invece, la LTP1 verrebbe frammentata in porzioni con caratteristiche idrofile e idrofobiche. È qui che entrerebbe in gioco l’effetto Marangoni, un flusso di liquido che rinforzerebbe i film sottili tra le bolle, ritardandone il collasso e prolungando la durata della schiuma anche oltre un quarto d’ora.
Tecniche di laboratorio e osservazioni sorprendenti
Grazie a metodologie di imaging avanzate, i ricercatori hanno potuto osservare direttamente l’interfaccia delle bolle e la disposizione delle proteine.
Le analisi avrebbero mostrato che, se nelle lager la stabilità dipenderebbe più dalla viscosità superficiale, nelle birre belghe triple entrerebbero in gioco forze elastiche e dinamiche complesse, simili a quelle osservabili nelle bolle di sapone.

Immagini di microinterferometria (in alto) e corrispondenti mappe di spessore 3D (in basso) di tutte le birre
Implicazioni per i birrifici e non solo
La scoperta apre nuove prospettive per un settore produttivo di primaria importanza che con i suoi 555 miliardi di dollari di valore globale e 23 milioni di posti di lavoro nel 2024 ricopre un ruolo centrale nell’economia di numerosi territori (dati Oxford Economics).
Conoscere i meccanismi che regolano la formazione e la durata della schiuma significa poter modulare il prodotto finale in base alle preferenze del consumatore e alle abitudini culturali dei diversi mercati. Se in alcuni Paesi la schiuma abbondante è considerata un segno di maestria, in altri può essere percepita come “spazio sprecato” nel bicchiere.
Vermant, che ha guidato la ricerca, sottolinea come queste conoscenze possano aiutare i birrifici a ottimizzare i processi di fermentazione senza ricorrere ad additivi esterni, sfruttando semplicemente le proprietà intrinseche delle proteine.
Ma oltre alle applicazioni immediate per l’industria brassicola i risultati possono essere letti anche in una prospettiva più ampia dal momento che le dinamiche scoperte sono rilevanti anche per altri sistemi schiumosi complessi, dai detergenti ai prodotti alimentari, offrendo nuove linee guida per progettare schiume più stabili e controllabili.

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