La scienza rivela le differenze tra vini da vecchie e giovani vigne di Garnacha
Una ricerca multidisciplinare in Aragona dimostra che l’età della vite incide sul profilo aromatico e sulla capacità di invecchiamento dei vini da Garnacha.

VINI E DINTORNI - Da anni, nel mondo del vino, si parla delle vecchie vigne come di un patrimonio prezioso, sottolineandone la capacità di produrre vini più complessi, longevi e legati al territorio. Queste convinzioni si sono basate quasi esclusivamente su esperienza e sensibilità più che su prove misurabili, in mancanza di dati, metodi, strumenti capaci di distinguere in modo oggettivo ciò che il tempo e la maturità vegetale portano a una vite e, di conseguenza, a un vino.
Una lacuna che trova oggi una risposta in Spagna, dove una ricerca condotta nella Denominazione di Origine Campo de Borja, in Aragona, fornisce per la prima volta evidenze scientifiche a sostegno delle vecchie vigne di Garnacha e introduce un metodo per certificarne l’età.
I risultati del progetto Historic Garnachas sono stati presentati la scorsa settimana al Meeting of the Minds 2025 della Old Vine Conference in California e segnano un passaggio cruciale nel dibattito internazionale sulla tutela e la valorizzazione dei vigneti storici.
Due università, un territorio e una varietà simbolo
Il progetto è stato avviato nel 2022 dal Consiglio Regolatore della DO Campo de Borja, con la partecipazione delle università di Saragozza e Navarra e di tre cantine della denominazione — Borsao, Ainzón e Aragonesas — con il sostegno del Governo dell’Aragona e dell’Unione Europea.
L’obiettivo era duplice, comprendere come l’età della vite influenzi la qualità sensoriale dei vini e stabilire una metodologia scientifica per certificare l’età reale dei vigneti, spesso priva di documentazione ufficiale.
Vecchie vigne, profili aromatici più complessi
Il primo asse di ricerca, condotto dal gruppo dell’Università di Saragozza, ha analizzato per tre anni le caratteristiche aromatiche delle uve Garnacha provenienti da vigneti di età compresa tra 30 e 90 anni, confrontandole con quelle di parcelle più giovani.
Attraverso l’impiego di mistelas (mosti d’uva fortificati con alcol per bloccare la fermentazione e preservare gli aromi primari) e di tecniche avanzate di analisi strumentale, sarebbe stata rilevata una struttura aromatica più complessa e stabile nei vigneti più antichi.
Le uve provenienti da viti mature mostrerebbero concentrazioni più elevate di composti legati alla frutta nera e una maggiore espressione delle caratteristiche del terroir, mentre i campioni di viti giovani tenderebbero a omologarsi in profili più uniformi.
L’analisi multivariata dei dati confermerebbe che l’età della pianta determinerebbe una specificità aromatica e fenolica costante, legata alla fisiologia della vite e alla sua interazione con il suolo.
Un metodo scientifico per datare le vigne
Il secondo studio, sviluppato dall’Università Pubblica di Navarra, affronta la questione della datazione dei vigneti in aree dove i registri storici risultano incompleti o inaffidabili. È stato messo a punto un metodo combinato che utilizza fotografie aeree storiche, analisi morfologica delle viti e dati genetici dei portainnesti.
L’esame di 84 parcelle rappresentative avrebbe permesso di definire un tasso medio di crescita annuale dei tralci di 1,55 centimetri, da cui è stata elaborata una formula per stimare con precisione l’età della pianta. Questo approccio consentirebbe di datare un vigneto anche in assenza di documentazione ufficiale e rappresenterebbe uno strumento replicabile per la certificazione dei vecchi impianti.
Un punto di svolta per la viticoltura storica
L’insieme dei due studi fornisce per la prima volta un fondamento scientifico verificabile all’idea che i vini da vecchie viti abbiano un’identità sensoriale distinta e un maggiore potenziale evolutivo.
Parallelamente, la nuova metodologia di datazione introduce una base oggettiva per la tutela e la valorizzazione dei vigneti storici, colmando un vuoto tecnico che da tempo limita la loro riconoscibilità legale e commerciale.
Per la DO Campo de Borja, culla della Garnacha aragonese, questo progetto rappresenta un passo strategico unendo ricerca, territorio e cultura produttiva in un modello che può essere applicato a molte altre regioni viticole europee. In un settore dove spesso la memoria vale più del dato, la scienza restituisce ora alle vecchie vigne la forza dei fatti.
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