L’Arrack: dolce, antico, dimenticato

Cos’è l’Arrack, perché è uno dei distillati più antichi della storia e come è scomparso dall’Occidente. Ce ne parla Nicole Cavazzuti.

19 Dic 2025 - 16:19
L’Arrack: dolce, antico, dimenticato

BAR & WINE - Nel 2025 il Jerry Thomas Speakeasy di Roma — primo secret bar italiano e pioniere della mixology classica — festeggia quindici anni. Un traguardo che non è solo simbolico: da quel locale senza insegna nel cuore della capitale è partita, più di un decennio fa, una vera rivoluzione culturale del bere miscelato.

È lì che si è cominciato a studiare l’Arrack, uno degli spirits più antichi e dimenticati della storia. A riscoprirlo, in particolare, è stato Antonio Parlapiano, co-fondatore del Jerry Thomas e oggi titolare del cocktail bar Il Serpente. Il Professore, come viene chiamato, ha approfondito la conoscenza dell’Arrack direttamente nei luoghi di origine, recandosi in Sri Lanka per studiarne da vicino le tecniche tradizionali e la cultura legata al distillato, in un’epoca in cui l’Arrack era pressoché introvabile nel panorama italiano.

Le informazioni contenute in questo articolo provengono in gran parte da I grandi cocktail del Jerry Thomas — un libro che tutti i professionisti e appassionati dovrebbero leggere — e fanno luce su un distillato che ha attraversato secoli, imperi e oceani, fino ad arrivare, oggi, sul bancone di una nuova generazione di bartender.

Con il termine Arrack — o uno dei suoi mille sinonimi — si intende un'intera famiglia di bevande distillate, nate là dove la sabbia incontra il mare, tra le ombre lunghe dell'Oriente influenzato dal mondo arabo.

Il nome affonda le radici nell’arabo araq, che tra l’VIII e il IX secolo significava “dolce”. Perché in molte culture l’Arrack non era solo un liquido da bere: era anche un ingrediente per la pasticceria, un’essenza, un profumo. Poi — come spesso accade — la parola fece il salto semantico, diventando sinonimo di bevande alcoliche ottenute per distillazione. E da lì, il passo dal medicinale al “ricreativo” fu breve. Brevissimo.

L’epoca d’oro (coloniale, ovviamente)

Fu l’Europa a innamorarsi dell’Arrack, ma non lo scoprì da sola. Grazie alle colonizzazioni in Indonesia, India e Sri Lanka — e a quei “gentiluomini” chiamati francesi, portoghesi, olandesi e inglesi — l’Arrack salpò alla conquista del Vecchio Mondo.

Furono soprattutto olandesi e inglesi a farlo conoscere, imbarcandolo sulle navi delle Compagnie delle Indie. A bordo del Batavia o del Ceylon, l’Arrack divenne protagonista della nascita della prima bevanda miscelata della storia: il Punch.

Quando l’Arrack sbarcò nelle colonie inglesi in America, era già leggenda. A metà Ottocento era il distillato più raro e costoso sul mercato. Il whisky? Roba da dilettanti.

Declino (triste) e rinascita (epica)

Ma ogni stella ha la sua caduta.

Nel Novecento arrivò il ron ligero cubano, più leggero, più moderno, più alla moda. E il mondo, con la sua sete di novità, si voltò altrove. L’Arrack sparì quasi del tutto dall’Occidente, sopravvivendo in piccole quantità nei negozi delle comunità asiatiche. Un fantasma esotico, un profumo lontano.

Poi qualcosa cambiò.

Negli ultimi decenni la miscelazione classica americana è tornata di moda. Con lei, anche la curiosità per tutto ciò che è tradizione, mistero, alchimia. I bartender hanno riscoperto i vecchi ricettari dell’Ottocento, pieni di nomi e formule dimenticate. E tra quelle pagine ingiallite… l’Arrack.

Dal 1990 in poi, libri, riviste, forum e blog hanno cominciato a parlarne. Gli studiosi hanno scavato nel passato. I distillatori hanno riacceso gli alambicchi. Le bottiglie sono tornate sugli scaffali, magari in edizione limitata, magari dietro i banconi di bar che sembrano laboratori steampunk.

Arrack oggi: tra scaffali deluxe e numeri da capogiro

Negli ultimi anni, il crescente interesse per gli spirits artigianali e a forte connotazione territoriale ha favorito anche il rilancio commerciale dell’Arrack. Secondo uno studio di DataIntelo, il mercato globale degli Arrack Spirits è stato valutato in circa 10,7 miliardi di dollari nel 2024, con previsioni di crescita fino a 18,4 miliardi entro il 2033, sostenute da un CAGR in aumento.

Le ragioni principali risiedono nella premiumizzazione del settore, nella maggiore attenzione dei consumatori verso distillati alternativi e nell’espansione della distribuzione nei mercati occidentali. Un fenomeno che si inserisce in un contesto più ampio di diversificazione del consumo alcolico, dove anche altri spiriti ancestrali — come mezcal, baijiu o pisco — stanno guadagnando spazio e prestigio.

Una nuova generazione, un nuovo palato

Oggi una nuova generazione di bevitori — meno spaventata dal gusto, più affascinata dalla complessità — predilige distillati pot still, ricchi, profondi, strutturati.

In questo contesto, l’Arrack è pronto a tornare.

Un Punch all’Arrack, come nel Settecento

Prima che la parola cocktail entrasse nel vocabolario comune, esisteva il Punch. Ed è proprio con l’Arrack che nasce la prima vera bevanda miscelata della storia.

Ricetta storica (stile anglo-coloniale)

Ingredienti

  • 70 cl Arrack (preferibilmente Batavia Arrack)

  • 35 cl succo di limone fresco

  • 25 cl sciroppo di zucchero (1:1)

  • 1 litro di tè nero caldo

  • Noce moscata grattugiata q.b.

Metodo
Sciogliere lo zucchero nel tè ancora caldo, aggiungere il succo di limone e l’Arrack. Mescolare con calma, come si faceva a bordo delle navi o nei club coloniali. Servire tiepido o a temperatura ambiente, completando con noce moscata grattugiata al momento.

Compila il mio modulo online.