Vini Ready To Drink: il mercato globale corre, ma l’Italia resta indietro

Il mercato dei vini RTD cresce a livello globale, soprattutto tra i giovani, ma in Italia si registra una controtendenza

5 Sett 2025 - 14:24
Vini Ready To Drink: il mercato globale corre, ma l’Italia resta indietro

VINI E DINTORNI - Aperitivo in lattina, spritz già shakerato e cocktail aromatizzati da stappare con un clic. I Ready to Drink (RTD) sono diventati in pochi anni un vero fenomeno sociale a livello globale e interessano sempre più anche il mondo enoico. 

I vini RTD sono prodotti confezionati in formati ridotti e pratici, dalle lattine alle piccole bottiglie, progettati con packaging innovativi per essere consumati con immediatezza, senza l’impiego di accessori come il cavatappi, all’aria aperta e in generale in circostanze dove è richiesta una maggiore praticità. 

Nati come alternativa veloce e divertente anche ai cocktail preparati al momento, o ai classici vini in bottiglia da 750 ml, oggi sono protagonisti di eventi, party e cene tra amici. Sono colorati, facili da fotografare per i social e soprattutto intercettano il gusto di quella Gen Z che cerca semplici, leggerezza e un’immagine fresca, lontana dalla ritualità più formale del vino.

Ma mentre il resto del mondo li accoglie a braccia aperte, l’Italia mostra un atteggiamento diverso, quasi a voler difendere il primato della tradizione vinicola.

Il boom all’estero

Secondo i dati di ISWR negli Stati Uniti i RTD avrebbero letteralmente cambiato le abitudini di consumo: tra il 2019 e il 2024 i volumi sarebbero cresciuti del 14% l’anno, con il vino fermo a perdere terreno. In Giappone la situazione sarebbe simile con i cocktail premiscelati e le bevande a base di vino che guadagnerebbero popolarità, mentre le etichette più classiche arretrerebbero.

In Canada e Australia i consumatori giovani non rinuncerebbero al vino, ma sempre più spesso lo alternerebbero ai RTD. Il dato è eloquente: in Canada, entro il 2028, i prodotti pronti da bere dovrebbero superare per volumi sia il vino fermo sia lo spumante messi insieme.

Gli ingredienti del successo sono evidenti: packaging vivace, porzioni ridotte, messaggi che richiamano benessere e moderazione. Un cocktail in lattina si beve al parco, davanti alla TV o in metropolitana mentre un bicchiere di vino resta legato a tavola, ristorante, convivialità.

La fotografia europea: l’eccezione italiana

Anche in Europa i RTD hanno trovato terreno fertile. In Germania, per esempio, pur partendo da numeri contenuti, sarebbero cresciuti dell’11% annuo nell’ultimo quinquennio. A conquistare i consumatori tedeschi sarebbero soprattutto spritz e cooler, bevande che uniscono la familiarità del vino con la freschezza del cocktail.

E in Italia? Qui la storia cambia. Nonostante l’esplosione internazionale, i volumi dei vini RTD sarebbero calati del 2% nel 2024 e le prospettive parlerebbero di stabilità fino al 2029, un risultato in controtendenza rispetto al resto del mondo. Il vino fermo soffrirebbe (–3% CAGR tra 2019 e 2024), ma il vino spumante reggerebbe meglio e addirittura crescerebbe, trainato dal prosecco e da una tradizione che lo lega tanto alla festa quanto agli aperitivi di tutti i giorni.

Secondo le ricerche IWSR, solo il 21% dei consumatori italiani di vino fermo sceglierebbe anche RTD, e appena l’1% opterebbe per un cocktail premiscelato se non trovasse il vino. La Generazione Z, pur mostrando un interesse maggiore rispetto agli adulti (16% di consumatori RTD contro il 9% per il vino fermo), non raggiungerebbe i livelli di adesione dei coetanei stranieri.

Un confronto che lascia aperte le prospettive

Il confronto è interessante, da un lato Paesi dove i cocktail in lattina stanno diventando un’abitudine quotidiana, dall’altro l’Italia, dove il vino mantiene ancora un forte valore culturale e simbolico, quasi identitario.

Ma la partita non è chiusa, con alcune aziende nostrane che stanno sperimentando con vini in lattina premium, spritz aromatizzati e packaging più accessibili, tentando di parlare la lingua dei giovani consumatori senza abbandonare le radici.

Il rischio è di restare ancorati al passato e perdere rilevanza in un mercato globale che corre veloce, l’opportunità quella di reinventarsi, mantenendo l’anima del vino italiano ma aprendosi a nuovi format e nuove occasioni di consumo.

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