Il futuro del girasole passa per
sostenibilità, attenzione all’origine, nuova logistica e aumento della produzione: è questa la lettura degli ultimi dodici mesi vissuti dal comparto dei semi oleosi, che
ASSITOL, l’Associazione Italiana dell’Industria olearia, ha proposto in occasione del convegno
“Il futuro del girasole in Italia: le prospettive della coltura tra nuova PAC, mercato e ricerca”, promosso da
Assosementi e CREA.
La pandemia ha letteralmente fatto esplodere tutte le contraddizioni del mercato del girasole.
“Abbiamo assistito a comportamenti non sempre razionali – ha spiegato
Enrico Zavaglia, vicepresidente di ASSITOL -
e all’emergere di tensioni reali, che hanno influenzato negativamente tutto il mercato delle materie prime”.
La corsa all’accaparramento da parte di alcuni Stati extra-UE e le difficoltà di approvvigionamento, anche all’interno della stessa Unione europea, si sono intrecciati con i timori sulla crisi economica, legata alla riduzione del Pil mondiale. In particolare, il Coronavirus ha portato alla ribalta la
questione del deficit proteico e della dipendenza dall'import per le materie prime, aggravati dalla situazione emergenziale.
Già prima del Covid la produzione europea di proteine vegetali era fortemente insufficiente rispetto al fabbisogno dei consumatori e della stessa industria.
ASSITOL, In Italia e nella UE, chiede da tempo di incrementare le superfici dedicate ai semi oleosi e, con l’aiuto della ricerca, la loro resa, in modo da ridurre le importazioni.
“Dobbiamo diversificare le modalità della logistica e l’origine dell’import – ha osservato Zavaglia -
evitando le scorte basse ed aumentando la nostra produzione. Questo riguarda direttamente la filiera, che è chiamata a crescere, con l’obiettivo di rilanciare la produzione di oleaginose in Italia e nella UE”.
Il girasole è alla base di numerosi filoni produttivi, che vanno dall’
olio, apprezzato dall’industria alimentare e in ambito bakery, alle
farine per uso zootecnico e alle oleine, fondamentali per l’industria oleochimica ed energetica, ad esempio per il biodiesel.
Secondo
ASSITOL, è l’olio da semi più amato dagli italiani, soprattutto per l’uso in
frittura. Sul settore ha fatto sentire i suoi effetti soprattutto il
pesante calo dell’Horeca (-37%), mentre
sono cresciute del 5,1% le vendite di olio di girasole nella Grande Distribuzione, grazie ai consumi domestici, che però non bastano a colmare il mancato fatturato nella ristorazione. In media, il consumo annuo di olio di girasole si aggira sulle
800mila tonnellate. Nella campagna 2020-2021, la produzione italiana di semi di girasole si è attestata sulle
250mila tonnellate, a fronte di oltre 400 mila tonnellate di seme lavorato.
Come può reagire il settore? ASSITOL durante il convegno ha disegnato alcune precise tendenze di consumo, che rappresentano altrettante opportunità. Il consumatore italiano oggi guarda con grande attenzione all’origine del prodotto, al rispetto dell’ambiente e alla sostenibilità delle produzioni. Una tendenza che sembra sposare benissimo la filosofia dell’industria italiana degli oli da semi, che ha puntato da tempo su tracciabilità, seme certificato no-Ogm e sostenibilità. La filiera dei semi oleosi è un modello di economia circolare, che incrocia alimentazione e bioenergia, riducendo al minimo il consumo d’acqua.
“L’industria ha saputo anticipare il mercato – è il commento di Carlo Tampieri, presidente del Gruppo oli da semi di ASSITOL -. Dopo il Covid, se vogliamo recuperare competitività, dobbiamo comunicare al consumatore le potenzialità dei nostri prodotti, raccontando al meglio il carattere ‘green’ del girasole, l’impegno delle aziende a favore delle produzioni nazionali, la riduzione degli sprechi nei processi interni e l’autoproduzione di energia verde. In questa ottica, l’innovazione diventa indispensabile per rafforzare il comparto”.
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