Al banco ortofrutta dei supermercati la norma è trovare sempre prodotti oltre che freschi esteticamente perfetti; quella che può sembrare una scelta di solo "occhio" è invece frutto di un rigido regolamento europeo che, in realtà, sta mettendo in ginocchio gli agricoltori. A gettare luce su questa problematica è il rapporto
"Siamo alla frutta. Perché un cibo bello non è sempre buono per l’ambiente e l’agricoltura”, dell'associazione
Terra! che nel denunciare le difficoltà dietro i meccanismi di selezione e scelta dei prodotti per la GDO chiede a istituzioni - e allo stesso comparto - di intervenire per modificare la normativa e supportare il mondo dell'agricoltura già duramente provato.
Nonostante in Italia nell'ultimo anno la produzione ortofrutticola sia stata pari a
11,4 miliardi di euro - il 23,2 per cento del totale della ricchezza generata dall’intero settore primario
- l'agricoltura, di fatto, deve fare i conti con molte criticità, prima tra tutte i
cambiamenti climatici, che stanno causando la perdita di migliaia di ettari di terreni coltivati.
Come evidenziano i dati di Terra! le
pere dell'Emilia Romagna negli ultimi 15 anni hanno visto calare le superfici di 6.000 ettari, le
arance di Sicilia sono oggi coltivate su appena 82.000 ettari rispetto ai 107.000 di vent’anni fa. Infine il
kiwi registra un calo dal 2014 al 2019 di quasi 100.000 tonnellate, a causa di una malattia che sembra propagagarsi proprio per via dell'innalzamento delle temperature.
In una situazione già compromessa da fattori esterni si inseriscono ridige norme e standard europei sulla commercializzazione che favoriscono l'ingresso nei supermercati solo di frutta e verdura esteticamente perfette che rispettano determinati standard perfino per quanto riguarda la
colorazione della buccia, il
calibro (il diametro) e l’omogeneità dell’imballaggio.
La crisi climatica, inoltre, rende la produzione irregolare e poco "standardizzata". Il risultato è che per gli agricoltori i prodotti di seconda scelta, esteticamente imperfetti, diventano scarto e alla lunga la produzione non è più sostenibile.
Nonostante l'impegno di molte campagne di valorizzare i frutti "brutti ma buoni" l'impegno maggiore, sostiene Terra!, deve venire dalle istituzioni e dal mondo della distribuzione organizzata che deve impegnarsi per
supportare il comparto già provato dalla crisi, acquistando prodotti con lievi imperfezioni senza sovrapprenzi proponendoli ai clienti così da innescare un vero e proprio cambio di mentalità.
“Questa ossessione per la perfezione è incompatibile con le trasformazioni dell’agricoltura alle prese con il cambiamento climatico – dichiara Fabio Ciconte, direttore dell’associazione Terra! – Per questo chiediamo un intervento della politica a tutela del reddito degli agricoltori e un impegno della grande distribuzione ad acquistare anche la frutta fuori calibro”.
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