Confimi Alimentare: le pmi perdono il 30%. Si paga caro il fermo dell'Horeca
Ad oggi, 1 azienda su 3 del Made in Italy alimentare registra uno scostamento negativo fino al 30% rispetto al 2019. I dati di Confimi Industria Alimentare.
A tre mesi dalla fine del lockdown, 1 azienda su 3 del Made in Italy alimentare registra uno scostamento negativo fino al 30% rispetto al 2019, mentre solo il 5% delle imprese si dichiara soddisfatto della ripartenza ma, dicono gli imprenditori, esclusivamente grazie al mercato estero.
Un timido segno “più” riguarda invece il 25% delle aziende del settore che operano con prodotti di prima necessità come farine, pasta secca, riso, olio di oliva e che hanno come mercato di riferimento la grande distribuzione organizzata.
Un settore dalle performance contrastanti quello dell'alimentare come emerge dall’indagine che Confimi Industria Alimentare ha condotto intervistando i proprio associati nei giorni scorsi.
“È senza dubbio allarmante la situazione delle piccole e medie imprese del comparto alimentare” ha ricordato il presidente della categoria Pietro Marcato commentando i dati del rapporto “Fuorvianti infatti sono state le lunghe file ai supermercati e i carrelli della spesa pieni raccontati in occasione del lockdown. Le pmi del settore legate alla GDO alimentare – ha infatti spiegato Marcato - sono solo il 47%, ecco quindi che il resto della produzione è in sofferenza, ci sono infatti migliaia di aziende fornitrici del settore Horeca che, solo oggi, lentamente sta ripartendo”.
Valori importanti quelli espressi dal campione delle imprese operanti nel settore alimentare composto per circa la metà da aziende che fatturano fino a 5 milioni di euro e di cui un terzo esporta fino al 50% del proprio fatturato e, nell’85% dei casi, hanno fino a 30 dipendenti.
“Alcuni imprenditori hanno riposto le proprie speranze nel mese di agosto e nel mercato turistico – ha sottolineato il presidente di Confimi Alimentare – basti pensare che il 35% degli imprenditori del comparto ha infatti dichiarato che non chiuderà gli stabilimenti intravedendo una ripartenza, mentre un altro 15% ha deciso di posticipare le ferie e di presenziare il mercato”.
“L’assenza di fiere ed eventi ha penalizzato le nostre esportazioni ma siamo fiduciosi nel piano di rilancio prospettato dal Governo - ha voluto ricordare Marcato - ci aspettiamo che le ambasciate e le sedi istituzionali all’estero siano davvero le nostre nuove case e che i fondi messi a disposizione si trasformino presto in opportunità di business”.
Visione parzialmente ottimistica per l’autunno, tanto che il 52% degli imprenditori del campione non prevede di dover lasciare a casa parte del personale perché gli ordini aumenteranno.
Riportando per un attimo la situazione in azienda, il campione in esame ha dichiarato di utilizzare gli ammortizzatori sociali coprendo in media il 40% del personale. Solo il 15% delle aziende ha, invece, ancora attivo lo smart working ma solo per il 17,4% dei dipendenti.
Poco omogenee – dettate anche da una prevista ricaduta del virus - le previsioni per la chiusura dell’anno: il 25% degli imprenditori del settore è ottimista e punta a recuperare nell’ultimo quadrimestre fino a non registrare perdite di fatturato al 31 dicembre.
Un 15% degli intervistati invece ha in previsionale una perdita tra il 5 e il 15%, amara invece la previsione di un altro 30% degli industriali che non crede di poter recuperare quanto perso nei mesi di lockdown e si prepara a chiudere l’anno con una perdita che varia tra il 30 e il 50% del fatturato.
[contact-form-7 id="1103" title="Form Articoli"]
Compila il mio modulo online.