Fipe propone alcune correzioni al DL Ristori per salvare la ristorazione
Fipe ha proposto al Senato i correttivi al decreto Ristori che secondo la Federazione sono necessari per salvare le imprese della ristorazione.
Alzare il coefficiente di moltiplicazione per il calcolo dei contributi destinati alle imprese della ristorazione e di intrattenimento, a cominciare da quelle che operano nelle zone rosse e arancioni, ulteriori settimane di Cassa Integrazione e liquidità a lungo termine.
Sono questi alcuni dei principali correttivi al decreto Ristori messi in fila dal Direttore generale di Fipe-Confcommercio, la Federazione Italiana dei Pubblici Esercizi, Roberto Calugi, nel corso dell’audizione davanti alle Commissioni riunite Finanza e Bilancio del Senato.
https://youtu.be/4sk7dVflUlI
Correttivi necessari per arginare lo tsunami che si è abbattuto sui Pubblici Esercizi negli ultimi nove mesi: mentre in epoca pre-Covid il mondo della ristorazione e dell’intrattenimento contava 330mila imprese, 1,3 milioni di addetti e 90 miliardi di euro di fatturato, il 2020 è destinato a chiudersi con una perdita del 27%, pari a 26 miliardi di euro senza contare le restrizioni imposte dal nuovo DPCM.
“Troppo spesso – ha detto Calugi - le nostre imprese sono ritenute attività non essenziali. Noi rigettiamo con forza quest’impostazione che troviamo profondamente sbagliata nel merito. Per far sopravvivere il settore, serve un cambio di paradigma”.
Secondo Calugi, a cominciare da due aspetti essenziali: il credito e le locazioni.
In ordine al primo “Serve un patto con il sistema bancario per la liquidità delle imprese e serve subito – ha concluso il Dg di Fipe - Va spalmato il debito contratto nel 2020 in un arco temporale lungo, di almeno 20 anni con un preammortamento di almeno 24 o 36 mesi, che permetta alle imprese che sono oggi in stato prefallimentare di uscire dalle macerie e rialzarsi”.
Con riferimento al secondo. “Non abbiamo remore a dire che gli imprenditori di questo settore non sono più in grado di sostenere i costi degli affitti che sono balzati dal 10% al 30% come incidenza del fatturato - ha detto Calugi -. O si interviene con una misura “ad hoc” o i tribunali sono destinati a ingolfarsi di contenziosi”.
Una cosa è certa secondo Fipe, "lo strumento del credito d’imposta si sta rivelando zoppo, pur essendo cedibile le banche non sono interessate a prenderlo. Inoltre sta emergendo un problema sull’affidabilità del settore, nonostante le garanzie di Stato, alcuni istituti di credito richiedono fidejussioni accessorie per concedere linee di finanziamento".
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