Fotografie nei ristoranti: è giusto vietare gli scatti?
Nei ristoranti cresce il dibattito sul divieto di foto: sebbene le immagini siano popolari, molti locali limitano gli scatti per preservare l'esperienza.
Oggi, è comune vedere i commensali impugnare il proprio smartphone per immortalare piatti e ambienti prima di iniziare a mangiare. Questo rituale, che un tempo era riservato solo a eventi speciali, è ormai diventato una pratica abituale anche durante una cena casual. Tuttavia, il fenomeno ha sollevato una serie di discussioni tra chef, ristoratori e clienti: è corretto limitare o addirittura vietare le fotografie nei ristoranti?
Negli ultimi anni, numerosi ristoranti hanno adottato politiche "no photo" per gestire l'invasione degli scatti fotografici. Il ristorante Carbonis di Parigi, noto tra gourmet e influencer, ha recentemente implementato restrizioni per evitare che i clienti trasformino la loro cena in una sessione di fotografia. Il locale ha dichiarato che, sebbene apprezzi le foto condivise dai clienti, queste possono creare disturbo sia agli altri ospiti che allo staff. La richiesta di mantenere le attività fotografiche entro limiti ragionevoli è stata comunicata attraverso un post su Instagram, un canale decisamente ironico e moderno per trasmettere un messaggio di questo tipo.
Non si tratta solo di smartphone: anche l'attrezzatura fotografica professionale sta diventando un problema. Treppiedi, luci e macchine fotografiche possono invadere lo spazio del ristorante, interrompendo il comfort degli altri clienti. Inoltre, molte volte i fotografi improvvisati scattano senza il permesso degli altri avventori, violando la loro privacy. Recentemente, il ristorante Dae di Brooklyn ha introdotto una severa politica di divieto di foto, ammettendo solo scatti veloci dei propri piatti al tavolo. La proprietaria Carol Song ha spiegato che alcuni clienti entravano per scattare foto, ordinavano solo bevande e passavano ore a fotografare i piatti di altri tavoli, spesso senza nemmeno fare un ordine completo.
La questione del divieto di fotografare nei ristoranti si inserisce in un contesto più ampio di discussioni sulla moderazione dei comportamenti sociali e sulle norme di etichetta. Con l'avvento dei social media e delle condivisioni istantanee, la visibilità dei ristoranti è aumentata esponenzialmente, ma questa pubblicità gratuita ha anche portato a comportamenti che molti considerano fastidiosi. Nel 2013, il New York Times riportava il malcontento di chef e maître d'hôtel riguardo alla costante interruzione dei pasti da parte dei flash delle macchine fotografiche. Questi interventi distraggono i commensali e spezzano l'atmosfera del pasto.
Anche se il fenomeno non è limitato ai ristoranti di alta cucina, le preoccupazioni per la qualità e la presentazione dei piatti sono particolarmente sentite nei locali di prestigio. Fotografare un piatto prima di mangiarlo può compromettere la temperatura e, di conseguenza, il gusto e la concezione originale dello chef. Alcuni chef considerano i loro piatti come vere e proprie opere d'arte, e la possibilità di essere copiati o replicati senza autorizzazione è una preoccupazione reale.
Tuttavia, la decisione di vietare le fotografie è un aspetto strettamente personale di ciascun ristorante. I clienti accettano tacitamente queste regole al momento della prenotazione o entrando nel locale, e non esiste una legge che imponga ai ristoratori di giustificare tali scelte. La possibilità di imporre regole sul dress code o sull'età dei clienti dimostra che i ristoratori hanno il diritto di gestire l'ambiente del loro locale come meglio credono.
"Ristorante mio, regole mie", si potrebbe riassumere così la questione. E va bene, ognuno detta le proprie regole a casa sua, ma attenzione a fornire la giusta comunicazione al commensale, o il malcontento potrebbe essere immortalato non solo da un post social ma anche da una cattiva recensione, nemica giurata della ristorazione contemporanea.
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