​Nicola Mangiacapra, il napoletano che guida i bar del Langham

Formazione partenopea, disciplina giapponese, visione internazionale: così Mangiacapra ha conquistato Hong Kong. L’intervista di Nicole Cavazzuti

17 Nov 2025 - 14:13
​Nicola Mangiacapra, il napoletano che guida i bar del Langham

Arrivare al The Langham di Hong Kong significa entrare in un lusso vistoso, immediato, riconoscibile fin dal primo passo. Ad accogliermi c’è Nicola Mangiacapra, napoletano, quasi cinque anni in Asia, oggi Director of Bars del Langham Hospitality Group.
"Hong Kong ha tagliato da più di vent’anni il cordone ombelicale con il Regno Unito, almeno sulla carta. Ma basta mettere piede al Langham Hotel per capire che certe storie non finiscono mai davvero", mi aveva detto il distributore di Vecchio Amaro del Capo. Come dargli torto?

Un hotel sospeso tra Art Déco londinese e skyline asiatico
Nato nell’89 e rimesso a nuovo nel 2014, The Langham conserva l’aria dei primi tempi del dominio britannico: un angolo di Londra Art Déco sospesa nel tempo, in mezzo ai grattacieli. Lampade, marmi, sedute che guardano più a Piccadilly che a Tsim Sha Tsui.
Le camere seguono lo stesso gioco delle parti: un’estetica rétro che strizza l’occhio al passato, senza però rinunciare alla tecnologia e al design; lo stesso vale per bar e ristorante.

Palm Court e T’ang Court: l’eredità vittoriana e il futuro orientale

Ispirato al suo omonimo di The Langham, London – dove l’afternoon tea si serve dal 1865 – il Palm Court di Hong Kong propone un menù dedicato, con piccola pasticceria e sfizi salati.
Qui il tè viene servito come all’epoca della regina Vittoria, tra porcellane rosa firmate Langham, mentre poco distante il T’ang Court incarna una modernità orientale: tre stelle Michelin che raccontano la competitività della città.

​Il Palm Court Bar: 350 gin e l’eleganza del pianoforte

Accanto, il Palm Court Bar è simbolo dell’heritage britannico del Langham è un gin bar con oltre 350 etichette, forse la selezione più ampia di Hong Kong. “Ogni categoria è descritta per stile, botaniche e profilo aromatico. È un modo per fare cultura". Il menu è diviso in tre sezioni – Light & Refreshing, Short & Sharp, Boozy & Bold – e combina creatività e rigore. Tra i più apprezzati, l’Umami Sour, con gin infuso all’olio di gamberi e maraschino Luxardo, e il Caffeine Cocoa, un Old Fashioned con gin e bourbon servito con un cioccolatino alla nocciola.

Un'intervista fuori orario: l'eleganza che si misura nei dettagli

È qui che intervisto Nicola Mangiacapra, dopo avergli chiesto scusa: sono in ritardo, e lui resterà con me quasi un’ora oltre l’appuntamento previsto.
Sorride, non si scompone. La misura dell’eleganza comincia anche da qui.

Le origini
"​Sono di Napoli", racconta. "Ho iniziato nel 2013, in una discoteca–cocktail bar. Studiavo economia aziendale e lavoravo nel fine settimana per arrotondare. Poi mi sono innamorato di questo mestiere: l’energia della notte, la squadra, la creatività di un cocktail che nasce dal nulla".

Le prime formazioni: la scuola, i maestri, le tecniche 
Dalla curiosità all’impegno il passo è breve. Segue i corsi alla Bartenders di Napoli con Maurizio La Spina, poi al Jerry Thomas di Roma, dove incontra maestri come Matteo Zed, Dale DeGroff e David Wondrich. "Quello fu il mio primo contatto con la cultura americana e giapponese del bar. Da lì ho iniziato a studiare l’intaglio del ghiaccio e le tecniche giapponesi".

L’esperienza napoletana e la prima grande svolta 
Lavora allo Speakeasy di Pomigliano d’Arco con Nino Siciliano e Domenico Casoria, vince il BarCamp Nazionale sponsorizzato da Luxardo e si fa notare per il suo rigore. "Quella gara mi diede fiducia. Da lì capii che il bar sarebbe stato la mia strada".

​Il Giappone e la grammatica dell’ospitalità 
Segue un periodo all’Antiquario, locale simbolo della miscelazione napoletana. Poi il viaggio in Giappone: tre mesi di stage al Bar High Five di Tokyo con Hidetsugu Ueno. "Lì ho imparato cosa significa davvero ospitalità. L’attenzione, la calma, l’arte di fare le cose bene".

​Il ritorno in Italia e il progetto Diamond in a Glass
Tornato in Italia, porta in giro il suo progetto "Diamond in a Glass", insegnando la tecnica dell’intaglio del ghiaccio per Campari Academy e collaborando con brand come Nikka, Sake Company e Puro Ghiaccio.

​L’approdo a Londra e il salto di qualità
Nel 2019 sbarca a Londra, all’Artesian del Langham, uno dei bar più celebri del mondo. Poi arriva la pandemia e, nel gennaio 2021, la chiamata da Hong Kong. "Giancarlo Mancino mi mise in contatto con il Rosewood. Cercavano un head bartender per il nuovo Carlyle & Co., un private club esclusivo. Partii nel pieno del Covid, con tre settimane di quarantena. Fu una scelta coraggiosa".

​St. Regis: il ritorno al pubblico 
Nel 2023 passa al St. Regis Hong Kong come bar manager. "Volevo un’esperienza aperta al pubblico. Ho ricostruito il menu da zero, sviluppato un cigar program con oltre 700 referenze di liquori e un servizio di cocktail trolley al tavolo. E abbiamo rilanciato il Canto Mary, la versione locale del Bloody Mary".

​Il nuovo ruolo globale al Langham Hospitality Group 
Da agosto 2024 ricopre il ruolo di Director of Bars per Langham Hospitality Group, che oggi conta quattro marchi: The Langham, Cordis, Eaton e Ying’nFlo. "Seguo lo sviluppo dei programmi bar a livello globale, dalle strategie alle carte cocktail. È un lavoro di visione e di equilibrio".

​La scena di Hong Kong: sperimentazione e minimalismo 
"Hong Kong è effervescente, orientata alla sperimentazione. Ci sono bar che lavorano come laboratori, con fermentazioni, distillazioni e concept innovativi. Ma resta una città di equilibrio, dove l’estetica è minimalista e il ghiaccio è perfetto". Poi aggiunge: "C’è una comunità forte e rispettosa. Tutti si aiutano. Hong Kong è turistica, c’è spazio per tutti".

Cosa vuole il pubblico di Hong Kon
Sui gusti del pubblico, afferma: "Il rum qui non tira. I clienti preferiscono sapori secchi, sour, bitter o savoury. È una questione culturale".

​Il peso dei 50 Best Bars nella città 
"Avere l’evento in città ha portato tanti visitatori a Hong Kong e grande attenzione. È come la Fashion Week di Milano: una settimana di guest shift e collaborazioni da tutto il mondo".

L'orgoglio italiano
"Tra i primi sei bar della classifica mondiale, quattro hanno leader italiani: Giannotti, Caporale, il team del Connaught… Non è un caso. Gli italiani hanno tecnica, immaginazione, savoir-faire. E si aiutano, ma vincono per merito".

​Il presente: office hours e nuovi orizzonti 

"Oggi lavoro in ufficio, dalle nove alle sei. Mi manca il bancone, ma so che il mio ruolo è trasmettere ciò che ho imparato. Lavoro per costruire. Forse un giorno aprirò qualcosa di mio, magari proprio qui".

​Il futuro di Hong Kong e quello personale 
Gli chiedo se lo preoccupa il futuro di Hong Kong, legato alla Cina. Sorride: "No. Vado spesso in Cina, seguiamo quindici hotel. È un Paese avanzato, pieno di opportunità. Io mi trovo bene. È un mondo diverso, ma in movimento".

​I​ tre cocktail preferiti

"Un Martini ghiacciato, un Daiquiri con rum agricole e una Caipirinha fatta come si deve. Tre drink semplici, ma che dicono tutto di chi li prepara".

La filosofia che tiene insieme tutto
 
"La chiave è l’equilibrio: tra tecnica e umanità. Puoi conoscere tutte le ricette, ma se non trasmetti emozione, non resta nulla. E ogni giorno, in questo mestiere, devi migliorare anche solo di un dettaglio".

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