Un nuovo volume unisce mixology e ristorazione: il cocktail pairing secondo Luca Di Francia
Il libro di Luca Di Francia introduce un metodo professionale per il cocktail pairing nella ristorazione contemporanea
LIBRI E GUIDE - Il tema del cocktail pairing continua a generare interesse: cos’è esattamente? In che modo si può creare un legame efficace tra cibo e drink? E quali parametri occorre valutare prima di proporre un accostamento?
A queste domande replica Luca Di Francia, che torna sugli scaffali con il nuovo volume “Il cocktail pairing – per un perfetto abbinamento cibo - drink” (Edizioni Lswr). L’opera rappresenta una guida strutturata all’analisi sensoriale di diversi cocktail ufficiali IBA, rivelando per ciascuno i migliori abbinamenti gastronomici grazie allo studio approfondito dei composti aromatici presenti sia nei drink sia nelle pietanze.
Il libro non si limita tuttavia a esplorare la relazione tra miscelazione e cucina: affronta anche l’incontro tra sigari e cocktail, oltre alle applicazioni galeniche ed erboristiche legate al bartending. Una sezione è infatti dedicata alle preparazioni erboristiche, galeniche e non solo, adattabili alla miscelazione e capaci di creare un fil rouge tra universi che sembrerebbero distanti, ma che in realtà dialogano in modo sorprendentemente naturale.
Un capitolo ulteriore guarda invece al mondo vegano, analizzando le potenzialità degli abbinamenti che coinvolgono ingredienti plant-based sia nel cibo sia nei drink, corredati da ricette inedite elaborate dall’autore insieme al suo team.
Logiche di abbinamento
Il cocktail pairing, radicato da tempo all’estero, sta conquistando anche il pubblico italiano grazie all’idea, affascinante e trasversale, di creare connessioni inedite tra distillati, cocktail classici o innovativi e piatti di ogni genere, dall’antipasto fino al dessert. Un tempo l’abbinamento seguiva l’istinto o abitudini culturali; oggi la ricerca si concentra sui composti aromatici e molecolari, individuando combinazioni nuove e coerenti.
Un cocktail selezionato in modo corretto deve dialogare con il piatto creando un equilibrio tra contrasti. Rispetto al vino, le variabili da considerare sono numerose: temperatura, intensità alcolica, struttura. L’uso di materie prime eccellenti rimane imprescindibile.
Gli abbinamenti cibo-cocktail possono nascere per stagionalità, per radici territoriali, per contrapposizione – dove un piatto salato può trovare il suo contrappunto in un drink morbido o dolce – o per concordanza, in particolare nel caso dei dessert. Esistono, inoltre, criteri basati sulla cromia o sul metodo scientifico della neurogastronomia e del food pairing, fondati sull’analisi delle molecole aromatiche comuni.

Tecniche e criteri di degustazione
Quando si sceglie un pairing, è essenziale valutare prima di tutto le affinità: cocktail e piatto devono sostenersi a vicenda valorizzando profumi e gusto. Si parte dall’assaggio del cibo per identificarne tutte le caratteristiche, da quelle minime a quelle più marcate, per poi decidere se procedere per concordanza o per contrasto.
A sensazioni morbide si abbina un cocktail altrettanto morbido: per questo un dessert verrà sempre accompagnato da un drink dolce, evitando contrapposizioni incoerenti.
La neurogastronomia rappresenta un’altra chiave di lettura: studia come bevande e alimenti possano essere accostati attraverso i loro profili aromatici e molecolari. Spesso questo approccio porta a risultati inattesi e molto interessanti, capaci di donare al palato un equilibrio nuovo. Curiosamente, è più semplice abbinare un cocktail a un piatto con qualche “imperfezione” piuttosto che a preparazioni già estremamente bilanciate.
Essenziale è adottare il principio del less is more: l’eccesso di creatività può generare sovrascritture indesiderate. Anche gli elementi apparentemente secondari – erbe, guarnizioni, micro-aromi – vanno considerati con attenzione. L’analisi parte dagli “aromi chiave” condivisi, poiché ingredienti molto diversi possono condividere le stesse molecole aromatiche.
Pratiche di abbinamento e sperimentazioni
Come anticipato, è consigliabile partire dal piatto e solo in seguito individuare il cocktail. Tra i fattori cruciali rientra la temperatura di servizio: poiché i cocktail vengono normalmente serviti freddi, occorre valutare alternative come grog o punch caldi quando si lavora con portate fumanti, evitando sbalzi termici che comprometterebbero la percezione gustativa. Con il calore aumentano dolcezza e sapidità, mentre l’amaro e il piccante diminuiscono.
La dolcezza è un parametro delicato: se eccessiva, tende a coprire aromi e sfumature sia del cibo sia del drink. Due elementi amari, se combinati, generano spesso un effetto poco gradevole. I dessert richiedono un accostamento in concordanza, mentre piatti acidi non andrebbero mai affiancati a cocktail troppo freschi.
Anche la consistenza alcolica è rilevante: un livello moderato favorisce l’armonia con il piatto. La morbidezza del cocktail, ottenuta anche tramite succhi o sciroppi, può aiutare ad addolcire alcune asperità del cibo, pur rischiando di appesantire: da qui la necessità di riservare i drink dolci alla conclusione del pasto.
Il colore, inoltre, aggiunge un ulteriore livello di coerenza visiva e gustativa.
Va rilevato che la comparazione delle catene molecolari ha reso possibili abbinamenti sorprendenti come menta e senape, carne e cioccolato, mela e lavanda, tequila e ibisco, cavolfiore caramellato e cacao, caviale e cioccolato bianco, banana e basilico, fragole e coriandolo: combinazioni che fino a poco tempo fa sarebbero sembrate impensabili.
L’autore
Luca Di Francia, barman pluripremiato con oltre trent’anni di esperienza nella Luxury Hotel Industry, è oggi Manager dell’Orum Bar al Westin Excelsior Hotel di Roma. Ricopre anche il ruolo di formatore nazionale AIBES e docente presso il CIOFS FP Lazio ETS. Durante la sua carriera ha ottenuto numerosi riconoscimenti nel campo della mixology.
Sommelier del tè (Parigi 2011) e Sommelier A.I.S. dal 2013, è spesso invitato come esperto in programmi televisivi dedicati. Studiando e raccontando i vintage spirits, ha firmato numerosi articoli per testate specializzate.
Nel 2019 ha ricevuto l’Order of Merit e, nello stesso anno, il BNIC gli ha attribuito il titolo di Cognac Educator, ed è il solo a ricoprirlo nel nostro Paese.






