Coldiretti segnala: il 20% del cibo straniero che arriva in Italia è fuorilegge
Dal riso asiatico alle nocciole turche, dalla carne del Brasile, passando per prodotti di ortofrutta sudamericani e africano fino ai fiori dell’Equador: il 20% dei cibi stranieri che arrivano in Italia sono “fuorilegge”, ovvero non rispettano le stesse regole vigenti a livello nazionale in più ambiti.
Secondo quanto emerso da un'analisi della Coldiretti presentata al Forum Internazionale dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, i prodotti importanti non rispettano le normative vigenti nel nostro Paese relative a lavoro, ambiente e salute.
Da Africa, Asia e Sudamerica arrivano in Italia prodotti ottenuti dallo sfruttamento del lavoro di 108 milioni di bambini, come si evince dai censimenti dalla Fao; sempre perché frutto di sfruttamento di lavoro minorile vengono messi sotto accusa altri prodotti, come ad esempio il riso del Vietnam, gli agrumi della Turchia, e il cacao della Costa d’Avorio segnalati di recente dal Ministero del Lavoro degli Stati Uniti in un rapporto sul tema.
E non mancano – continua la Coldiretti – i casi di lavoro forzato come accade in Brasile o in Thailandia per la cattura del pesce distribuito poi in tutta la filiera internazionale.
Senza poi dimenticare la pericolosità per l’ambiente e per la salute causata dall’utilizzo improprio di prodotti chimici per la coltivazione - che in alcuni casi sono vietati da decenni in Europa ed in Italia -, capaci di mettere a rischio lavoratori e consumatori; è, ad esempio, il caso dei pesticidi utilizzati per le banane coltivate in Equador e per l’ananas del Costarica che rappresentano rispettivamente circa la metà e il 90% del consumo dello specifico frutto consumato in Italia.
Per queste motivazione, il 43% degli italiani, secondo il sondaggio Coldiretti/Ixè, chiede di bloccare le importazioni da quei Paesi in cui non vige una regolamentazione in linea con quella italiana e europea; il presidente di Coldiretti Roberto Moncalvo ha infine commentato: "Non è accettabile che l'Unione Europea continui a favorire con le importazioni la violazione dei diritti umani nell'indifferenza generale"; un invito a soffermarsi su l’aspetto etico delle dinamiche del libero scambio.
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