DL Sostegni: per Fipe, ANBC, Unionbirrai e Angem provvedimento da migliorare
Preoccupano le prime bozze del DL Sostegni: il disappunto delle associazioni ANBC, Fipe - Confcommercio, Unionbirrai e Angem.
Le indiscrezioni contrastanti sulla bozza del nuovo Decreto Sostegno preoccupano Unionbirrai, associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti. La birra artigianale italiana rischia di subire ancora un duro colpo se le cifre previste e la modalità di calcolo delle perdite del nuovo decreto si dimostreranno inadeguate rispetto al reale calo di fatturato del settore brassicolo artigianale, completamente dimenticato dai precedenti decreti nonostante rappresenti un’eccellenza del made in Italy. Conforta che il Mise abbia smentito le prime notizie che parlavano del calcolo dei ristori sulla base della perdita di fatturato nelle mensilità di gennaio e febbraio, ascoltando le voci delle associazioni preoccupate dalle indiscrezioni in merito.
“Dall’inizio della pandemia abbiamo sempre dialogato con i tavoli istituzionali per portare alla loro attenzione le nostre esigenze, i danni subiti in perdita di prodotto e il calo di fatturato. – ha commentato Vittorio Ferraris, direttore generale Unionbirrai - Parallelamente abbiamo costantemente lavorato per creare nuove opportunità tattiche sul breve termine e strategiche sul lungo termine, monitorando costantemente le problematiche fiscali e doganali, supportando tutti. Le notizie contrastanti in merito al Decreto Sostegno ci preoccupano, perché si rischia nuovamente che venga penalizzato un comparto che per un anno intero ha subito drastici cali di fatturato.”
Per conoscere quali saranno effettivamente i provvedimenti del Decreto Sostegno bisognerà attendere il testo ufficiale, nel quale Unionbirrai si augura che, oltre al superamento dei criteri legati al codice Ateco, le modalità di accesso ai contributi si rivelino utili ad aiutare il settore, messo a dura prova dalle restrizioni imposte agli esercizi di somministrazione e che da circa un anno fa i conti con grossi cali di fatturato, reggendosi solo per merito degli stessi produttori, fortemente motivati a superare la crisi, e sostenuto dagli sforzi di ristoratori e publican che hanno saputo adeguarsi e reinventarsi e dai fedeli consumatori di birra artigianale.
“Siamo sollevati che il Mise abbia smentito la base bimestrale per il calcolo dei ristori. Auspichiamo, quindi, che i risarcimenti previsti siano effettivamente definiti sulle perdite sull’intero anno 2020 rispetto al 2019. – ha proseguito Ferraris - Noi comunque non ci fermiamo. Continueremo a dialogare con le istituzioni per far sentire la voce della categoria e a creare iniziative che possano aiutare il comparto a risollevarsi moralmente ed economicamente.”
Carlo Scarsciotti, Presidente di Angem, Associazione Nazionale delle Aziende della Ristorazione Collettiva commenta il decreto, qualora venisse confermata la decisione del nuovo meccanismo di accesso ai contributi a fondo perduto e che, nonostante l’eliminazione al riferimento ai codici Ateco, destinerebbe le risorse alle sole imprese con fatturato fino a 5 milioni.
“Con il Decreto Sostegno il neo Governo si appresta ad approvare un provvedimento che per l’ennesima volta abbandona a sé stessa la Ristorazione Collettiva, un settore che ha dovuto far fronte a una crisi senza precedenti, che ha generato nel 2020 un crollo di fatturato del 40% rispetto l’anno precedente (pari a 1,5 miliardi di euro) e che, con la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado previste dal DPCM del 2 marzo, rischia di sparire per sempre”.
“Il Codice Ateco del settore delle mense era rientrato solo nel Decreto Ristori 4, ma sempre con il limite dei cinque milioni di euro di fatturato – continua Scarsciotti. - Con questa soglia, vengono tutelate le PMI manifatturiere, ma non si tiene conto del settore dei servizi ad alta intensità di manodopera. Tutte le aziende della Ristorazione Collettiva, anche le più piccole, hanno un fatturato annuo di oltre 5 milioni di euro e nessuna di esse potrà accedere ai fondi”.
Con il provvedimento del DPCM del 2 marzo di chiudere le scuole di ogni ordine e grado nelle Zone rosse e in quelle ad alta incidenza di contagi, prevedendo inoltre che sia a discrezione di Presidenti di Regioni, Sindaci o Prefetti applicare la stessa misura anche in altre Aree del Paese, il settore della ristorazione scolastica subirà inoltre un’ulteriore battuta d’arresto e metterà di nuovo in ginocchio un settore che nel periodo gennaio-agosto 2020 ha registrato una perdita di ricavi del 60% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (per un ammanco di circa 819 milioni di euro), ma che aveva comunque assicurato il servizio in settembre mettendo in sicurezza personale e studenti.
“Ci rendiamo conto dell’attuale emergenza e della preoccupazione dovuta alla velocità di contagio della variante inglese; allo stesso modo, l’Esecutivo deve rendersi conto dello stato di crisi che stanno attraversando le aziende di ristorazione collettiva, scolastica e aziendale in particolare”, conclude Scarsciotti. [contact-form-7 id="1103" title="Form Articoli"]