Erste+Neue: i vini dell’Alto Adige che nascono tra lago e montagne
Erste+Neue è tra le cantine più rappresentative dell'Alto Adige. La linea Puntay destinata al mondo Horeca è espressione di una viticoltura eroica identitaria
Esiste un luogo in cui la storia di un lago si intreccia indissolubilmente con quella dell’uomo e della sua dedizione alla viticoltura, dove la natura con i suoi equilibri preziosi ha contribuito nel corso dei secoli alla costruzione di un paesaggio e di un’identità territoriale forte, scolpita dal lavoro e dalla cura di intere generazioni.
Siamo nel versante meridionale dell’Alto Adige, nell’areale che si estende tra il lago di Caldaro, il più caldo e grande specchio d’acqua naturale della regione, e i pendii più bassi della Costiera della Mendola, territorio che sullo sfondo vede stagliarsi le spettacolari vette dolomitiche.
Qui i differenti suoli intervallati da massi, lingue argillose e materiale fine, complessa miscela di porfido vulcanico, calcare esposto alle intemperie e roccia dolomitica, unitamente al clima alpino mediterraneo, ad una prolungata esposizione alla luce solare di giorno e alle escursioni termiche notturne sostenute dai venti che spirano dalle montagne, creano le condizioni pedoclimatiche ideali per la coltivazione della vite e la maturazione delle uve.
In questo suggestivo anfiteatro naturale trovano collocazione le vigne di Erste+Neue, una delle realtà enoiche più rappresentative del territorio nata nel 1986 dalla fusione tra due pietre miliari della viticoltura altoatesina, Erste Kellereigenossenschaft Kaltern, la “Prima Cantina Sociale di Caldaro” fondata nel 1900 da 70 viticoltori che si unirono in cooperativa, e Neue Kellereigenossenschaft ovvero la “Nuova Cantina Sociale” fondata nel 1925 da altri produttori.
©AlexFilz
60 gli ettari di vigneti terrazzati che vanno dai 250 ai quasi 1000 metri sul livello del mare, con filari che in alcune zone sfiorano gli 80 - 100 anni di età e dove la raccolta delle uve, muovendosi nell’alveo di una viticoltura eroica, viene effettuata rigorosamente a mano, così come la selezione dei migliori grappoli.
La parcellizzazione della proprietà, che potrebbe a prima vista essere letta come punto di debolezza, rappresenta la vera chiave del successo. La conduzione dei piccoli appezzamenti di vigneto da parte di ciascun socio è infatti ispirata da una cura maniacale, dalla capacità di individuare le cultivar più adatte a ciascun suolo, e l’unione di più braccia spinte da un unico intento, anche in momenti di emergenza determinati dagli effetti del cambiamento climatico, diventa forza che produce i suoi effetti grazie ad una gestione rigorosa, solidale ed efficace.
®MauriceHaas
“Il nostro grande vantaggio è il numero di soci - spiega Simon Ebner, agronomo di Erste+Neue - abbiamo una superfice media che non arriva neanche ad un ettaro, ed è questa la nostra ricchezza perchè le famiglie che gestiscono i vigneti hanno la possibilità di curarli mettendoci ancora più passione, dedicandovi più tempo. Tutti quei passaggi obbligati prima della vendemmia come le diradazioni, l’eliminazione di ciò che è difettoso, che non è perfettamente maturo, possiamo portarlo a termine al meglio grazie a loro, così come riusciamo in modo ottimale a gestire le rese e la defogliazione a seconda delle condizioni climatiche, presupposto che ci consente di conservare aromi e caratteristiche tipiche per ciascun vitigno.”
Chardonnay, Gewürztraminer, Lagrein, Pinot Bianco, Pinot Nero, Sauvignon e Schiava le varietà coltivate i cui frutti vengono destinati alla produzione di tre linee, Basic, Classic e la Premium Puntay, espressione delle migliori uve provenienti dai terreni più vocati. Non è un caso se anche la cantina legata a quest’ultima linea si presenti come un piccolo gioiello, una “Cappella Sistina dell‘enologia” affrescata da Robert Scherer.
“Il mercato obiettivo di Erste+Neue e in particolare della linea Puntay è l’Horeca, soprattutto in Alto Adige e in Italia - racconta Thomas Scarizuola, enologo con esperienza decennale in azienda e subentrato nel marzo del 2023 ad Andrea Moser. La nostra missione è quella di dar vita a vini di qualità, dal profilo aromatico corrispondente al vitigno di partenza e con una finezza ed eleganza che diano emozioni, per questo una fetta importante del fatturato è solo in questo segmento, anche se, con i nostri numeri, è inevitabile lavorare anche con la GDO.
Thomas Scarizuola
La Schiava e il Lagrein come varietà autoctone che si trovano quasi solo in Alto Adige sono un elemento identitario e di unicità che possiamo giocarci sul mercato, oltre al Pinot Bianco che considero autoctono non come varietà ma come tipicità; anche lo Chardonnay sta funzionando molto per gli alti livelli qualitativi che stiamo riuscendo ad ottenere.
Una novità nella nostra linea è il Peak Nat uno spumante metodo ancestrale da uve Pinot Bianco lanciato quest’anno a Vinitaly, un pétillant naturel nato per gioco che va a completare la nostra gamma, poche bottiglie, al momento 2.000, ma il prodotto è già molto apprezzato anche perché si differenzia dal tipico metodo tradizionale.”
Delle 600.000 mila bottiglie prodotte il 65-70% è destinato al mercato italiano, mentre le esportazioni riguardano soprattutto l’Europa, Stati Uniti, Asia e Australia. “Stiamo cercando di trasferire nei nostri vini l’unicità dell’Alto Adige, le sue montagne, la mineralità e la freschezza che regalano al frutto - ci spiega Christoph Orsi, responsabile Marketing - e proprio perché abbiamo la possibilità di selezionare andiamo a scegliere appezzamenti in altitudine per poter apporre questa firma territoriale fortemente identitaria. I nostri sono vini alpini, da peakmoments, come racconta il nostro claim, in grado di emozionare ad ogni sorso così come la vista delle vette più alte, infondendo a chi le osserva il desiderio di raggiungerle.”
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