Negli Stati Uniti arriva la "mela artica"
Il vecchio detto “una mela al giorno toglie il medico di torno” non si smentisce se pensiamo alle proprietà nutrizionali di questo frutto che, fin dall’antichità, è stato uno degli alimenti base dell’uomo. Possiamo consumarla cruda o cotta, può essere inserita in tutte le diete anche se sono presenti particolari patologie, è ricca di Vitamina C e contiene Pectina, una fibra solubile in acqua che contribuisce a tenere basso il livello di colesterolo, apporta fibre al pari di cereali e verdure e favorisce il transito intestinale. Una mela, può essere inserita nella colazione mattutina ed essere anche un valido spezza fame. Quando ci prende il fatidico “languorino”, cosa c’è di meglio di una mela croccante ed un bel bicchiere d’acqua?
Un’azienda canadese produttrice di frutta, la Okanagan Specialty Fruits Inc, per incentivare la vendita delle mele e al tempo stesso andare incontro alle esigenze del consumatore, ha lanciato sul mercato la mela artica, una varietà geneticamente modificata proprio dall’azienda che, con il suo cofondatore Neal Carter, fin dal 1995 cerca nuovi metodi per aumentare la vendita di questo frutto.
Le varietà di mele interessate a questa novità sono le Fuij, le Golden Delicious e le Granny Smith e verranno commercializzate in 400 supermercati negli Stati Uniti. La mela, quando viene tagliata, a contatto con l’ossigeno tende a scurire. Sottoposta ad un processo di modificazione genetica che impedisce l’ossidazione degli zuccheri, la mela artica avrà la caratteristica di non scurire e di non marcire. Esse si potranno trovare nei supermercati già affettate in buste semitrasparenti, come snack o sul banco insieme ad altre varietà. Per riconoscerle, non ci sarà la tradizionale etichetta ma un codice QR che consentirà al consumatore di distinguerle da quelle coltivate tradizionalmente.
Per ora la mela artica è commercializzata solo negli Stati Uniti e per testare il gradimento dei consumatori, l’azienda produttrice si è affidata ad indagini di mercato. Se ci fosse una risposta positiva, si potrebbe creare un’apertura ad altri prodotti geneticamente modificati, prima in USA e poi anche in Europa. In caso contrario si rafforzerebbero le campagne che mirano a bandirne la vendita o per lo meno a identificarle con indicazioni specifiche sulle etichette.
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