Unione Europea: origine obbligatoria in etichetta può essere impugnata
La norma sull'obbligo di indicazione di origine per tutti gli alimenti, che l'Italia ha inserito nel decreto semplificazione 2018, è stata notificata nel modo sbagliato all'Unione Europea. La sua applicazione è quindi contestabile in tribunale.
È quanto emerge da una lettera datata maggio 2019, che la Direzione generale salute della Commissione europea ha indirizzato alle autorità italiane.
La norma consente di estendere a tutti i prodotti alimentari l’obbligo di indicare in etichetta il luogo di provenienza geografica, ponendo fine a un lungo e faticoso contenzioso aperto con l’Unione europea oltre 15 anni fa. In particolare si affida a disposizioni nazionali l’attuazione dell’obbligo che, sulla base del Regolamento quadro sull’etichettatura n. 1169 del 2011, tiene conto della necessità di assicurare la tutela della salute pubblica e dei consumatori, di prevenire frodi e di consentire il corretto svolgimento delle attività d’impresa sulla base di una corretta concorrenza. Sono previste sanzioni in caso di mancato rispetto delle norme che vanno da 2mila a 16mila euro, salvo che il fatto costituisca reato.
L’obiettivo è dare la possibilità di conoscere la provenienza della frutta impiegata in prodotti trasformati in succhi, conserve o marmellate, dei legumi in scatola o della carne utilizzata per gli insaccati come salami e prosciutti, informazione fino ad ora celata ai consumatori. Ma anche difendere l’efficacia in sede europea dei decreti nazionali già adottati in via sperimentale in materia di etichettatura di origine di pasta, latte, riso e pomodoro.
Una misura importante anche di fronte al ripetersi di scandali alimentari nell’Unione Europea dove si sono verificati nel 2018 quasi dieci allarmi sul cibo ogni giorno, che mettono in pericolo la salute dei cittadini e alimentano psicosi nei consumi per le difficoltà di confinare rapidamente l’emergenza. Le maggiori preoccupazioni sono proprio determinate dalla difficoltà di rintracciare rapidamente i prodotti a rischio per toglierli dal commercio, con un calo di fiducia che provoca il taglio generalizzato dei consumi che spesso ha messo in difficoltà ingiustamente interi comparti economici.
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