Claudio Sadler e Gaetano Simonato: chef stellati reinterpretano classici milanesi
Sono tra le specialità gastronomiche più amate dagli italiani di ogni latitudine ma soprattutto a Milano, dove sono nate. E sono le regine della tavola, soprattutto in occasione di Sant’Ambrogio.
Proprio in occasione della ricorrenza del 7 dicembre, due chef stellati di Milano hanno voluto celebrare la tradizione meneghina con una loro interpretazione dei due piatti simbolo della propria città: si tratta del risotto giallo, intitolato “Risotto giallo alla milanese da passeggio con ragù di ossobuco” firmato da 1 stella Michelin Claudio Sadler, e la cassoeula ‘Vista da me’ di Gaetano Simonato 1 stella Michelin “Tano passami l’olio”.
La preferenza del risotto alla milanese e della cassoela da parte degli italiani emerge da uno studio promosso dal Polli Cooking Lab, l’osservatorio sulle tendenze alimentari dell’azienda toscana Fratelli Polli, attraverso un monitoraggio web su oltre 100 fonti fra testate, magazine, portali, blog e community lifestyle e su un pool di 30 chef sui piatti simbolo della tradizione culinaria milanese.
“Milano è una città molto cara alla famiglia Polli – racconta Manuela Polli, Pr&Communication Manager di Fratelli Polli – non solo perché è la città da cui tutto è iniziato con il nostro primo negozio, ma anche perché rappresenta una delle capitali del gusto italiano. I suoi piatti della tradizione, dal risotto, all’ossobuco, fino alla celebre cassoeula, sono amati da tutti e anche all’estero sono dei capisaldi della nostra cucina. Perché non celebrarli come si conviene in occasione di una giornata dedicata alla città meneghina?”.
La storia della cucina meneghina incontra le origini di Fratelli Polli
Proprio in omaggio ai piatti simbolo del Made in Milano, Fratelli Polli ha pensato di celebrare la cucina meneghina ricordando anche le sue origini: oggi è un’azienda presente in oltre 45 Paesi nel mondo, ma la storia di Polli affonda le sue radici nel 1872 a Milano, quando aprì la prima bottega con l’insegna di famiglia. Da lì a qualche anno venne alla luce lo stabilimento di Monsummano per la produzione su larga scala. Per risalire alle origini del simbolo della tradizione culinaria lombarda, il risotto alla milanese, bisogna tornare al Medioevo, dove la pietanza era conosciuta come “riso col zafran”. Nacque nel 1574 sulla tavola del vetraio belga Valerio di Fiandra, che all'epoca abitava a Milano, in quanto stava lavorando alle vetrate del Duomo di Milano. Per il matrimonio di sua figlia i colleghi fecero aggiungere ad un risotto bianco, condito con del semplice burro, dello zafferano: questa spezia era infatti utilizzata dai vetrai per ottenere una particolare colorazione gialla dei vetri. Il risotto alla milanese scomparì subito dalle cronache per ricomparire poi nel 1809, quando venne chiamato "riso giallo in padella”. La cassoeula, invece, nasce all'inizio del XX secolo, ma le sue varianti più antiche sono di origine incerta e controversa. Probabilmente, il piatto deriva dalla festività di Sant'Antonio Abate, il 17 gennaio, che segnava la fine del periodo delle macellazioni dei maiali. Il nome deriva probabilmente dal cucchiaio con cui si mescola, casseou, o dalla pentola in cui si prepara, casseruola. Esiste un'altra spiegazione per il nome ed è legata agli operai dei cantieri edili, che soliti utilizzare un oggetto chiamato “cazzuola”.La proposta di Claudio Sadler e del suo "Sadler"
Lo chef Claudio Sadler, del ristorante milanese 1 stella Michelin “Sadler”, propone una ricetta dal titolo “Risotto giallo alla milanese da passeggio con ragù di ossobuco”, con una salsa di verdure a base di carote, sedano, cipolle e funghi secchi. Un piatto che richiama i sapori del territorio declinati in maniera contemporanea: il simbolo del Made in Milano è stato decostruito in una visione da degustare come se fossero degli involtini, da intingere in un ragù di ossobuco. La ricetta prevede la lavorazione del risotto, a cui è stato aggiunto dello zafferano, un po’ di panna e burro e Grana Padano per la mantecatura finale, che deve essere schiacciato per formare una sorta di “tappetino” da cui ricavare dei “cilindretti” che vanno surgelati e coppati. La preparazione degli ossibuchi prevede una rosolatura in una padella antiaderente ben calda ed unta con poco olio. La terza lavorazione prevede le verdure: carote, sedano e cipolle vanno pulite e fatte rosolare dolcemente in una teglia larga. Vanno anche aggiunte la maggiorana e funghi secchi bagnati con un po’ d’acqua e del vino bianco fino a far evaporare. Gli ossibuchi vanno disposti in una teglia e coperti con la salsa preparata, che dovrà poi essere frullarla con il minipimer. Per la finitura, friggere gli involtini in olio di semi ben caldo e servire con il ragù di ossobuco.Gaetano Simonato e la sua Cassoeula… vista da me
Gaetano Simonato, chef con 1 stella Michelin del ristorante meneghino “Tano passami l’olio”, ha pensato ad un piatto dal titolo “Cassoeula… vista da me”: il piatto milanese è stato rivisitato in uno stile gourmet, attraverso tre cestini croccanti di verza conditi con olio evo italiano. La ricetta prevede la preparazione della glassatura dei cerchi di verza che vanno poi messi su degli stampini cilindrici, al contrario, per formare un cestino e mettere in forno. Le foglie di altra mezza verza, carote e sedano vanno messi a fuoco vivo con aggiunta di olio extravergine di oliva. Per il fondo di maiale, invece, è necessario mondare carote, sedano e zucchine e rosolare a fuoco vivo. Lo stesso fare con gli scarti del maiale, colorandoli e sfumandoli con del vino bianco. La preparazione richiede poi di mettere questi scarti nelle verdure e coprire il tutto con del brodo vegetale, aggiungendo delle spezie ed erbe aromatiche. Per l’impiattamento finale lo chef indica di porre un po’ di fondo di verza in tre punti distinti del piatto ed adagiarvi sopra i cestini croccanti, dove andranno inseriti il verzino, la puntina ed il musetto. Per un tocco di freschezza, mettere sopra tocchetti di verza cruda tagliata a julienne finissima e guarnire il tutto con dell’olio.
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