Nestlé domina la classifica dei marchi alimentari nel 2024. Barilla e Ferrero tra i Top 100

Nestlé domina la classifica Brand Finance Food 100 2024, Barilla e Ferrero tra i top 100. Analisi del valore dei brand alimentari e delle sfide per l'Italia

2 Sett 2024 - 11:28
Nestlé domina la classifica dei marchi alimentari nel 2024. Barilla e Ferrero tra i Top 100

INDAGINI E RICERCHE - Il gigante del settore alimentare Nestlé, esclusi i brand di bevande, continua a dominare la classifica mondiale dei marchi food per il 2024. Con un valore stimato di 20,8 miliardi di dollari al 1° gennaio 2024, Nestlé si conferma leader indiscusso secondo un nuovo rapporto di Brand Finance, la principale società di consulenza mondiale per la valutazione dei marchi. Nonostante un calo del valore del marchio, il forte valore del brand e la resilienza di Nestlé hanno contribuito a mantenere la sua posizione di vertice nel settore alimentare globale. La capacità di Nestlé di adattarsi alle mutevoli preferenze dei consumatori e di mantenere un portafoglio di prodotti diversificato è stata determinante per il suo continuo successo.  Seguono nella graduatoria il brand delle patatine Lay’s, con un valore di 12 miliardi di dollari, e il marchio cinese Yili, che grazie al mercato domestico raggiunge un valore di 11,6 miliardi di dollari.

La flessione globale dei valori dei marchi alimentari

Nonostante il predominio di Nestlé, il valore medio dei primi 100 brand alimentari globali è calato del 4% rispetto all’anno precedente. Un calo che si contrappone all’aumento dell’8% registrato nella classifica Brand Finance Global 500 2024, che comprende marchi di tutti i settori. Il valore medio dei brand alimentari è diminuito nonostante il punteggio di attrattività medio sia rimasto stabile a 77,5 su 100, rallentamento che può essere attribuito a un'attenuazione dell'inflazione e a una maggiore attenzione al risparmio da parte dei consumatori, che ha orientato gli acquisti verso prodotti "a marchio" dei supermercati, più economici

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Il commento degli esperti

Massimo Pizzo, senior consultant di Brand Finance, ha osservato che le loro analisi rivelano come, dopo il significativo incremento dell'attrattività durante il periodo del Covid, le principali 100 marche alimentari non siano riuscite a progredire ulteriormente in termini di attrattività presso i consumatori. Secondo Pizzo, le grandi marche che non riescono a aggiungere valore ai loro prodotti rischiano di perdere ulteriori quote di mercato a favore di opzioni più economiche o di prodotti che riescono a comunicare e offrire un valore percepito maggiore.

La predominanza dei brand statunitensi

La classifica Brand Finance Food 100 è dominata da brand che possono sfruttare una forte immagine e reputazione, specialmente negli Stati Uniti. Le 43 marche statunitensi rappresentano il 42% del valore totale della classifica, con un valore complessivo di 113,9 miliardi di dollari.

La presenza dei marchi italiani nella classifica

Tra i brand italiani, solo Barilla e Ferrero raggiungono un valore sufficientemente elevato per entrare nella top 100 globale. Barilla, che include anche Mulino Bianco e altre marche del gruppo, si colloca al 13° posto con un valore di 4,1 miliardi di dollari. Sebbene il valore di Barilla sia aumentato quasi del 7% rispetto all'anno precedente, il marchio è quello che ha mostrato il maggior indebolimento tra i primi 100.

Ferrero, con i suoi principali brand Kinder, Nutella e Ferrero Rocher, si posiziona al 28°, 52° e 65° posto rispettivamente, con un valore complessivo di 6,2 miliardi di dollari. Nonostante la crescita di Ferrero, la scarsa rappresentanza dei marchi alimentari italiani, francesi e messicani tra i top 100 contrasta con il Global Soft Power Index di Brand Finance, che posiziona il cibo italiano al primo posto per popolarità mondiale, seguito da quello francese e messicano.

Le sfide per i brand italiani

Secondo Pizzo, la limitata presenza italiana nella Brand Finance Food 100 sarebbe dovuta alla difficoltà di competere con i grandi brand internazionali, che possono investire massicciamente in marketing. Pizzo suggerisce che i brand italiani dovrebbero sfruttare l'amore globale per il loro cibo e cercare di aggiungere uno scopo aziendale che vada oltre il semplice business, al fine di attrarre maggiormente i consumatori internazionali.

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