TripAdvisor: multa di 100.000 per informazioni ingannevoli su recensioni
Il Consiglio di Stato, accogliendo l’appello presentato dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato, ha condannato TripAdvisor per aver diffuso informazioni ingannevoli sulle fonti delle recensioni con una multa di 100.000 euro.
Ad essere stati accusati soprattutto alcuni claim dell’azienda utilizzati online "idonei a ingenerare in un utente medio di internet il falso convincimento dell’attendibilità e della genuinità delle recensioni pubblicate”.
Dagli stralci dell’udienza riportati in una nota da Federalberghi troviamo alcuni dei claim contestati tra cui: “TripAdvisor offre consigli di viaggio affidabili, pubblicati da veri viaggiatori”; “Ottieni le recensioni e le opinioni dei viaggiatori sugli hotel delle città più visitate”.
Viene così nuovamente sottolineata l’impossibilità – e di riflesso la vera "falla nel sistema" di TripAdvisor – di stabilire chi sia davvero l’utente che scrive la recensione, se ha davvero visitato quella tale struttura, ad esempio, o quella determinata città e, di conseguenza, l’impossibilità di ritenere affidabili tutte le recensioni.
La pratica commerciale scorretta era stata sanzionata dall’Antitrust già nel 2014 in seguito alle segnalazioni formulate dall’Unione Nazionale Consumatori, da Federalberghi e da alcuni consumatori; pochi mesi fa, in una sentenza storica per il settore, il Tribunale Penale di Lecce aveva stabilito che scrivere recensioni false utilizzando un’identità falsa è un crimine secondo la legge italiana e per questo condannato un'azienda "specializzata" nella redazione di false recensioni a pagamento.
Ma le associazioni di categoria, per quanto soddisfatte delle misure contro il portale, non si sentendo pronte ad abbassare la guardia contro TripAdvisor, e continuano a chiedere a voce alta provvedimenti più drastici per cambiare rotta e modificare alla radice il meccanismo delle recensioni. Federalberghi in una nota ha infatti dichiarato: "L’opera, seppur meritoria, della magistratura non è sufficiente a mettere ordine in un mercato che viaggia alla velocità della luce. Basti considerare che è stato necessario attendere quattro anni per ottenere un giudizio definitivo del Consiglio di Stato su un singolo episodio contestato. La soluzione non può che risiedere in una robusta affermazione del principio di responsabilità. Il primo passo che i portali devono compiere per radicare un sistema in cui prevalgano le vere recensioni, scritte da veri clienti, che raccontano una vera esperienza, è un deciso STOP alle recensioni anonime e ai nickname di comodo. Ognuno dev’essere libero di esprimere la propria opinione. Ma le persone che leggono la recensione e l’azienda che viene recensita hanno diritto di conoscere la reale identità dell’autore e di sapere se sta raccontando frottole o un’esperienza autentica”.
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