Alla scoperta dell’Alexander: storia, ricetta e cinema

Dolce, cremoso e poco alcolico, l’Alexander è un cocktail con cognac, cacao e latte nato più di un secolo fa ma amatissimo anche oggi

12 Sett 2025 - 09:11
Alla scoperta dell’Alexander: storia, ricetta e cinema

BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - Dolce e cremoso, l'Alexander è perfetto per il dopocena, quasi un dessert…. Molto in voga fra gli anni ‘70 e ‘80, questo cocktail a base di cognac, cacao e latte merita di essere riscoperto oggi, non foss'altro in virtù della sua contenuta gradazione alcolica che lo inserisce perfettamente nella tendenza attuale.

La storia e il nome

La creazione dell’Alexander risale agli inizi del secolo scorso e, come per quasi tutti i drink di quell'epoca, sulle sue origini si sono moltiplicate storie e leggende. Il primo riferimento conosciuto a una ricetta vicina a quella che conosciamo oggi si trova nel doppio libro del 1914 “New bartender’s guide. How to mix drinks/The up-to-date bartenders’ guide – 2 Books in one” di Charles S. Mahoney e Harry Montague, in cui il cocktail è presentato a base di gin. E sempre a base di gin è la ricetta pubblicata nel 1915 da Hugo Ensslin nel suo celebre “Recipes for mixed drinks”.
 
Nessuno dei due testi accenna alla paternità del drink, ma secondo alcune fonti l’Alexander sarebbe stato creato proprio in quegli anni al famoso ristorante Rector's di New York dal barman Troy Alexander, che lo avrebbe concepito per una cena in onore di Phoebe Snow, un personaggio di fantasia inventato per il lancio dell’omonima compagnia ferroviaria, una giovane newyorkese ritratta in viaggio in treno vestita in abiti bianchi: un’immagine richiamata dal cocktail, con il suo colore bianco cremoso.
 
Altri citano invece il giornale di Filadelfia Inquirer del 3 ottobre 1915, in cui si legge che, al Racquet Club, il capo barman aveva creato un nuovo drink per celebrare Grover Cleveland Alexander, campione e lanciatore della locale squadra di baseball, durante le World Series, che quell'anno videro alla fine Boston prevalere su Philadelphia.

Dal gin al brandy

Non solo: leggendo le note del ricettario del 1922 “Cocktails: how to mix them” di Robert Vermeire, un cocktail molto simile (salvo le proporzioni degli ingredienti) sarebbe stato proposto in quello stesso anno dal grande bartender Harry MacElhone, all’epoca in forza al Ciro’s Club di Londra, in onore del matrimonio della Principessa Mary, ragion per cui lo chiamò Mary Princess Cocktail. Otto anni dopo Harry Craddock, in “The Savoy Cockatil Book”, autentica “Bibbia” del bartending, riporta entrambe le ricette ma anche una variante, l’Alexander N. 2 (menzionato anche con il nome Panama), in cui il gin alla base dell’Alexander N. 1 è sostituito dal brandy, come peraltro suggerito da altri ricettari negli anni precedenti. E sarà proprio quest’ultima versione a diffondersi a livello globale negli anni successivi, a volte chiamata Brandy Alexander proprio per distinguerla da quella originale con il gin.
 
A riprova della sua popolarità, l’Alexander fa parte del “club” dei cocktail sempre presenti nella lista ufficiale dell’International Bartenders Association (IBA) sin dalla prima edizione del 1961, anche se in alcune revisioni le proporzioni degli ingredienti sono state modificate.

La ricetta IBA dell’Alexander

Tecnica: Shake and Strain
Bicchiere: Coppetta a cocktail
 
Ingredienti:
30 ml cognac (brandy se prodotto fuori dalla Francia, ndr)
30 ml crema di cacao scura
30 ml crema di latte
Noce moscata
 
Preparazione: shakerare i tre ingredienti liquidi con ghiaccio, quindi versare in una coppetta a cocktail e aggiungere infine una spolverata di noce moscata grattugiata.

Le varianti

Abbiamo già detto della versione originaria dell’Alexander con il gin anziché il cognac, oggi meno diffusa ma ancora apprezzata dagli appassionati: gli altri ingredienti e le proporzioni restano gli stessi, anche se in questo caso si può utilizzare una crema di cacao chiara al posto di quella scura.
 
Inoltre, nel già citato “testo sacro” di Harry Craddock è contenuta anche la ricetta dell’Alexander’s Sister, il cui la crema di cacao è sostituita dalla crema di menta: altri ricettari, nei decenni seguenti, la riporteranno con il nome Alexander N. 3.
 
Se poi amate i drink secchi, probabilmente l’Alexander non è ciò che fa per voi, però potete sempre provare la variante suggerita negli anni ’60 dal leggendario chef Luigi Veronelli, che modifica le proporzioni con con 2/3 di cognac, 1/3 di crema cacao e 1 cucchiaio di panna.
 
E nel caso si voglia sfruttare la base di questo drink per realizzare qualcosa di originale, fra i “tips” dell’ultima lista IBA si suggerisce ad esempio di sostituire il brandy con un jenever oppure con un arrack dello Sri Lanka, tostato e cioccolatoso; ma anche la possibilità di servire il cocktail in stile sorbetto o gelato.

L’Alexander in letteratura e al cinema

Com’è giusto che sia per un drink dalla storia ultracentenaria, l’Alexander è comparso più volte in libri e film di “serie A”. Nel racconto “Rischio” (“Risico” in originale) di Ian Fleming, contenuto nella raccolta “Solo per i tuoi occhi”, il cocktail è usato a Roma dall’informatore della CIA Aristotle Kristatos come segnale di riconoscimento per James Bond, anche se, vista la prosa utilizzata, non si può certo menzionare lo scrittore britannico fra gli estimatori dell’Alexander: "…due ore prima si era incontrato con quell’uomo all’appuntamento al bar Excelsior. A Bond era stato detto di cercare un uomo con folti baffi che sarebbe stato seduto da solo a bere un Alexander. Quel segreto segno di riconoscimento aveva divertito Bond. Quella bevanda cremosa, femminile, era una trovata molto migliore del giornale ripiegato, il fiore all’occhiello, i guanti gialli che erano i soliti ritriti segni cui ricorrevano gli agenti… Ma non c’era nessuno con baffi… e su un tavolino d’angolo… ecco l’alto bicchiere a stelo di crema cacao, cognac e panna. Bond si diresse senza esitazione a quel tavolino, scostò una sedia e si accomodò."
 
Nella trasposizione cinematografica l’Alexander non c’è, in compenso il cocktail compare sul grande schermo, nella versione con gin, nel mitico “White Christmas” del 1954, bevuto da Bing Crosby. Il Brandy Alexander, invece, è il cocktail con cui Joy Clay, interpretato da Jack Lemmon, trascina nella spirale dell’alcolismo la fidanzata astemia Kirsten (Lee Remick) nel film “I giorni del vino e delle rose”, diretto da Blake Edwards nel 1962. E nel 2008 è l’"arma" con cui Leonard Kraditor (Joaquin Phoenix) conquista Michelle Rausch (Gwyneth Paltrow) in “Two Lovers”, diretto da James Gray.

Photo Credit: Nicole Cavazzuti

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