Moebius Milano: ecco il segreto del successo del nuovo fenomeno dei World's 50 Best Bars
L’intervista di Nicole Cavazzuti a Marco Siclari, braccio destro operativo del patron Lorenzo Querci: “Il segreto? Il capitale umano”.
BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - Fra i tanti successi italiani (in patria o all’estero) all’interno dell’ultima edizione dei World’s 50 Best Bars, celebrata l’8 ottobre a Hong Kong, il fenomeno più impressionante – oltre ovviamente alla prima posizione conquistata dal Bar Leone – è stata l’inarrestabile scalata del Moebius di Milano, entrato nella lista lo scorso anno in 38ma posizione e capace di saltare in un colpo solo ben 31 gradini, posizionandosi 7mo nel 2025. E tutto lascia pensare che il locale lanciato da Lorenzo Querci e soci nel 2019 abbia tutto il potenziale per puntare ancora più in alto.
Anche perché il Moebius è senza dubbio l’iniziativa giusta nel posto giusto, al momento giusto. Nato inizialmente soprattutto come bistrot e ristorante (che lo scorso novembre ha conquistato la stella Michelin con lo chef Enrico Croatti), ha allargato in breve tempo il suo focus includendo la parte bar e la mixology nel core business creando quel mix unico fra cibo e drink eccellenti, design, ospitalità e atmosfera, in una città oggi più che mai al centro del mondo per attrattiva e reputazione internazionale.
A spiegare i segreti del successo del Moebius a Horecanews è Marco Siclari, braccio destro operativo del patron Lorenzo Querci, che abbiamo incontrato a Hong Kong subito dopo la cerimonia di premiazione dei World’s 50 Best Bars.

L’intervista a Marco Siclari, manager di Moebius
Qual è, secondo te, la ricetta che, in poco tempo, ha portato Moebius ai vertici mondiali nella più prestigiosa classifica dei migliori cocktail bar?
Il fatto di avere puntato fin dall’inizio sul capitale umano. Sembra banale, detto così, ma non lo è affatto. Certo, fare buoni cocktail e buoni cibi è il minimo sindacale, per un locale di qualità: basta organizzarsi e lavorare bene. A fare davvero la differenza è la capacità, da parte di chi vi lavora, di creare un ambiente in grado di realizzare un legame emotivo, di fare stare bene i clienti in modo che si affezionino al locale, non si limitino a mangiare e bere bene.
E che cosa fa stare bene i clienti, in concreto?
Dipende da ogni singolo cliente, dal rapporto che si crea con l’ambiente e le persone con cui interagisce, dalla vibe che respira.
Attraverso le guest, negli ultimi anni avete portato in Italia da tutto il mondo tanti personaggi di questa industry che altrimenti non avremmo visto. Quanto pesano queste iniziative, nella valutazione da parte dei 50 Best Bars?
Tantissimo. Le guest nascono dalla volontà di creare una rete di contatti, di sinergie il più possibile capillare. Rapporti che funzionano perché sono veri, sinceri, non si basano solo sul business o sull’opportunità. Lorenzo (Querci, ndr) è bravissimo in questo, è sempre stato un grande diplomatico.
L’ingresso nella lista dei World’s 50 Best Bars, un anno fa, ha portato un aumento della clientela?
Sì, c’è stato un incremento notevole soprattutto fra i turisti asiatici, molto sensibili alle indicazioni di questa classifica quando scelgono i locali da frequentare nelle città che visitano. E hanno l’abitudine di provarne gran parte della cocktail list.
Da questo punto di vista, possiamo quindi dire che entrare a far parte dei 50 Best Bars porta benefici all’economia non solo del locale, ma anche della città in cui si trova?
Sicuramente. Quello della mixology è un movimento sempre più seguito e apprezzato, sull’onda – almeno in parte - del “fenomeno food” e dei relativi programmi televisivi.
Quali sono i cocktail più richiesti al Moebius?
Da almeno tre anni a questa parte vanno moltissimo i nostri signature. I classici? Difficile fare una graduatoria, direi Negroni, Aperol Spritz (soprattutto fra i turisti), Margarita e Daiquiri, più o meno alla pari.
Cocktail fondamentale, il Daiquiri, nel valutare un bar…
Assolutamente: semplice nella ricetta, solo tre ingredienti, ma richiede un’esecuzione accurata per non comprometterne l’equilibrio. Un vero appassionato, quando entra la prima volta in un bar, ordina un Daiquiri per capire se valga la pena chiedere poi un altro cocktail.
Ecco, come si riesce a garantire una qualità costante in un locale delle dimensioni del Moebius, dove al bancone si alternano diversi bartender?
Grazie al lavoro del bar manager Giovanni Allario abbiamo standardizzato tutti i processi, nella preparazione dei drink. Anche se al banco ci sono sei bartender, tutti sanno che, nella realizzazione di qualunque cocktail, deve seguire una certa logica: che sia build, stir o shakerato, è tutto calcolato al dettaglio, dalla dimensione del bicchiere alla quantità di ghiaccio da utilizzare, che si ripercuote sulla diluizione.






