World’s 50 Best Bars: Emma Sleight svela i segreti della lista che fa volare i bar

Nicole Cavazzuti intervista Emma Sleight, la responsabile dei contenuti degli Oscar del bartending, in programma mercoledì 8 ottobre a Hong Kong

1 Ottobre 2025 - 11:11
World’s 50 Best Bars: Emma Sleight svela i segreti della lista che fa volare i bar

BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - Emma Sleight è la mente dietro il racconto degli Oscar del bartending: i World's 50 Best Bars. Una lista capace di influenzare i flussi turistici. Gestisce la struttura di voto dell’Academy, i contenuti digitali e quelli degli eventi live. Si interfaccia con bartender, team PR, sponsor. In attesa di volare a Hong kong per la cerimonia in programma mercoledì 8 ottobre, in questa lunga intervista passiamo dai trend alle nuove frontiere geografiche, fino al ruolo delle donne nel settore.

Emma, cosa significa essere Head of Content dei 50 Best?
Faccio parte del grande spettacolo, ma non decido chi sale sul palco. Quello lo fa la nostra Academy: oltre 800 esperti del settore – bartender, proprietari, giornalisti, specialisti del cocktail da ogni angolo del globo. Sono loro a votare, ognuno secondo la propria esperienza, conoscenza, intuizione. Io coordino, cucio insieme le storie, ma non scrivo il finale.

Prima di arrivare a questo ruolo internazionale, qual è stata la tua strada? C’è un episodio che ti ha segnata?
Ho lavorato nella comunicazione, nei contenuti, nel marketing strategico per il settore food & drink. Ho collaborato con agenzie come Powerhouse, Park District, Whippet, Grey London. Anche con piattaforme digitali come TikTok e Meta. Poi sono stata Head of Food Content da Marks & Spencer. Lì ho guidato contenuti creativi tra social, fotografia, stampa. Tutto questo è stato il mio campo di addestramento. E viaggiare, la mia vocazione.

Non hai mai sentito il peso del dubbio? E se raccontassimo la storia sbagliata?
Il dubbio c’è sempre. Ma 50 Best non è solo una lista: è una lente sul mondo. 50 Best Discovery, per esempio, va oltre la classifica per continuare a mettere in luce il meglio dell’ospitalità nel mondo. I locali inclusi in 50 Best Discovery hanno ricevuto voti dagli esperti che creano le classifiche dei World’s 50 Best Restaurants, World’s 50 Best Bars e World’s 50 Best Hotels, così come da Asia’s 50 Best Restaurants, Asia’s 50 Best Bars, Latin America’s 50 Best Restaurants, North America’s 50 Best Bars e MENA’s 50 Best Restaurants.
Questo ci permette di offrire una gamma ancora più diversificata di suggerimenti e storie interessanti, sia sui locali che sulle persone che li animano. E poi ci sono i premi speciali, come il Roku Industry Icon o l’Altos Bartenders’ Bartender: sono il nostro modo di dire “Tu conti. Anche fuori dalla classifica.”

La lista è amata ma anche molto criticata. Cosa rispondi a chi dice che sia solo marketing?
In definitiva, la lista resterà sempre soggettiva, perché si fonda sulle opinioni di centinaia di votanti: ognuno ha una propria idea di cosa significhi “il migliore”. Proprio per questo gestiamo 50 Best senza criteri rigidi: è la nostra forza, perché ci permette di valorizzare una diversità dinamica di stili, culture e approcci. E l’impatto è evidente. Grandi capitali come Londra e New York hanno sempre avuto un’ampia offerta di bar di livello mondiale, ma negli ultimi anni abbiamo visto l’ascesa rapidissima di città come Barcellona e Hong Kong. A volte basta l’ingresso di uno o due locali straordinari per innescare un effetto domino: nuove aperture, maggiore attenzione mediatica e intere destinazioni che iniziano a imporsi sulla scena globale.

Cosa ti affascina, oggi, nel mondo della mixology?
L’autenticità. L’uso di ingredienti locali, stagionali. Bar come Lady Bee a Lima, Alquímico a Cartagena, Angelita a Madrid, Himkok a Oslo celebrano il territorio. Inventano con ciò che li circonda. Sono irripetibili.

Si parla tanto di sostenibilità… È una moda o un cambio di approccio?
È una tendenza che si sta consolidando come stile di vita. Negli ultimi anni molti bar hanno iniziato a riflettere sull’impronta di carbonio dei propri drink, ma la sostenibilità olistica va ben oltre l’ambiente. Significa zero waste, approvvigionamenti eco-compatibili, ma anche sostenibilità umana: investire in formazione, adottare pratiche responsabili, prendersi cura del benessere dello staff. Un esempio? Zest a Seoul, vincitore del Ketel One Sustainable Bar Award.

Cosa accade a un bar dopo che entra in lista?
Di tutto. Code fuori dalla porta, copertura mediatica, nuovi investitori, clienti che arrivano da lontano. Il Cambridge Public House di Parigi ha visto il business crescere del 25-30% dopo l’ingresso. In tempi duri, è una benedizione.

Ti sei mai imbattuta in una storia così bella da superare la lista stessa?
Sì. E le racconto. Il premio Michter’s Art of Hospitality è il mio preferito perché celebra il lato più umano dell’ospitalità. Ogni votante indica la sua esperienza più memorabile, e il vincitore viene annunciato settimane prima della cerimonia per avere il giusto riconoscimento. Quest’anno ha vinto Lady Bee di Lima. Meravigliosi.

Sei una donna al comando in un settore storicamente maschile. Come lo vivi?
Con consapevolezza. È vero che è un mondo più maschile che femminile, ma ci sono donne straordinarie anche nel nostro settore. Penso a Monica Berg, bartender norvegese che a Londra ha costruito con Alex Kratena il progetto visionario Tayēr + Elementary, premiato a livello internazionale. La sua carriera è un intreccio di creatività e impegno sociale: con la piattaforma Back of House ha dato voce a chi lavora nei bar, portando sul tavolo temi come inclusività, sicurezza e rispetto. O a Kate Boushel, canadese, prima donna insignita del premio Altos Bartenders’ Bartender 2024. Senza scordare Margarita Sader, anima creativa del Paradiso a Barcellona, riconosciuta tra le 100 personalità più influenti della bar industry mondiale. E non dimentichiamo Ines de la Santos, forza trainante di Cochinchina in Argentina. E il nostro panel è bilanciato, per genere e cultura. Il cambiamento lo si costruisce così: un voto alla volta.

E il tuo team? Quanto conta per te?
È tutto. Senza di loro nulla si muove. Operazioni, PR, social, marketing: sono un esercito invisibile. Ma potente. Siamo uniti da una missione: illuminare chi crea meraviglie dietro un bancone.

Una lezione che porti con te, sempre?
Tenere la mente aperta. Trovare gioia nell’inaspettato. Ogni anno la lista sorprende. E io imparo. Sempre.

Quali Paesi sorprenderanno nei prossimi anni?
L’Europa dell’Est: Slovacchia, Albania, Polonia. C’è un’energia nuova, la fusione tra radici antiche e tecniche moderne. Con una solida cultura birraia, questi Paesi stanno mostrando un potenziale enorme.
E poi l’Africa: il Hero Bar di Nairobi è già una presenza costante in lista, ma stiamo ampliando la nostra Academy anche in Africa Occidentale e Settentrionale. Ci aspettiamo di vedere la scena africana crescere ancora.

Il tuo drink del cuore?
Il Martini. Ghiacciato, con London Dry Gin, un’ombra di vermouth, un’oliva. Ma anche nella sua variante al fico. Sì, mi piace sorprendermi.

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