Cocktail bar, l’Italia fa scuola fra i Top 500 mondiali

Dai borghi campani a Hong Kong, l’influenza italiana nella mixology globale. La Top 500 Bars 2025 incorona il talento tricolore nei locali di tutto il mondo.

11 Nov 2025 - 14:56
Cocktail bar, l’Italia fa scuola fra i Top 500 mondiali
credits: Nicole Cavazzuti

BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - È a Firenze, nella bellezza maestosa di Palazzo Borghese, che la sera di lunedì 10 novembre si è consumata la cerimonia della classifica 2025 dei Top 500 Bars. A trionfare è stato il Panda and Sons di Edimburgo. Ma l’Italia non è spettatrice, l’Italia è protagonista. Da Hong Kong a Barcellona, passando per Pagani. Sì, proprio Pagani (nel Salernitano).

Ora, chiariamoci: i World’s 50 Best Bars e i Top 500 Bars non sono basati su medesimi parametri di valutazione. Il primo vive di giudizi umani, di esperti che l’organizzazione sparge come semi per il mondo. Il secondo nasce dal calcolo di un algoritmo che mette insieme classifiche, recensioni online, articoli, menzioni. 

Così se tra i 50 Best Bars il Panda and Sons si ferma al 34mo posto, nei Top 500 lo troviamo in vetta. Una vetta che l’Italia sfiora e tocca comunque: sul secondo gradino brilla il Paradiso di Giacomo Giannotti a Barcellona, sul terzo il Bar Leone di Lorenzo Antinori a Hong Kong (number one nella classifica dei 50 Best Bars). E già qui c’è da farsi qualche domanda. Cosa rende così potente questa “scuola italiana”? Perché funziona, ovunque si trovi?

Prosegue, intanto, la scalata del Moebius di Milano. Era 43mo un anno fa. E oggi? Sale al nono posto. È la dimostrazione che Lorenzo Querci e il suo team non conoscono la parola “arrendersi”. E nemmeno la parola “basta”. Lavorano, spingono, costruiscono e investono denaro e risorse. Con successo.

C’è poi Simone Caporale, e il suo Sips di Barcellona. Terzo nei 50 Best, decimo nei Top 500. Ma con un’altra medaglia: il Boadas, il bar più antico di Barcellona che lui ha riportato in auge, si piazza 54mo. 

E adesso sfogliamola tutta, questa Top 500.
Ecco all’11mo posto il Salmon Guru di Madrid, la creatura di Diego Cabrera, che a Milano ha portato una sua “succursale”. 
E al 12mo il Connaught Bar di Londra. Là, a dominare da anni, c’è un trio tutto italiano: Ago Perrone, Giorgio Bargiani, Maura Milia. Sono ambasciatori, sono alfieri.

Poi c’è Firenze, con il suo Locale che vola dal 34mo al 15mo posto. E c’è Roma, con Drink Kong che si piazza 27mo. L’anno scorso era 20mo, ma non importa. Il cuore c’è. Le ambizioni pure: nei primi mesi del 2026 sono previste due nuove aperture a Roma sotto l'insegna Drink Kong.

Milano ritorna anche con il Camparino in Galleria (41mo) e il Ceresio 7 (53mo). E Firenze non si limita al locale: al 31mo posto c'è Gucci Giardino e al numero 82 c’è l’Atrium Bar del Four Seasons, dove Edoardo Sandri mescola tecnica, empatia, e un tocco di anima.

credits: Nicole Cavazzuti

Non dimentichiamo Napoli. Alla posizione 65 c’è L’Antiquario di Alex Frezza. Un locale che ha l’aroma delle cose autentiche, che sa di legno, di gin, di passione.
Poi incontriamo anche lo Stravinsky Bar di Roma al 94mo posto, seguito a ruota dai milanesi Rita di Edoardo Nono e Backdoor 43, Il micro bar di 4 metri quadri di Flavio Angiolillo e soci, gli stessi proprietari del già citato Mag. 

Ma la sorpresa più bella è forse quella che arriva dalla provincia. Dal cuore profondo della Campania. Pagani. Al numero 98 spunta il Cinquanta Spirito Italiano. L’unico fuori dalle grandi città. Un segnale.
Roma chiude il cerchio con The Court, che al numero 100 osserva il Colosseo da una terrazza che sembra un sogno.

La top 10 dei Top 500 Bars 2025

Panda and Sons, Edimburgo
Paradiso, Barcellona
Bar Leone, Hong Kong
Handshake Speakeasy, Città del Messico
Jigger and Pony, Singapore
Himkok, Oslo (n° 1 2024)
Tayer+Elementary, Londra
Alquimico, Cartagena
Moebius, Milano
Sips, Barcellona

Visita http://top500bars.com per scoprire l'elenco dal 500° al 1° posto dei Top 500 Bars.

Appena terminata la cerimonia, ho intercettato il suo ideatore: Anthony Poncier per un commento a caldo.

L'intervista a Anthony Poncier

Sei soddisfatto?
Sì, sono molto felice. Per la prima volta i 500 Top Bars si sono svolti fuori da Parigi. Firenze ha davvero supportato il progetto in modo straordinario: il ristorante, il bar, l’hotel... tutti sono stati fantastici. È grazie alla comunità fiorentina se ce l’abbiamo fatta. Questo mi rende davvero felice.

Hai già idea di dove si terrà il prossimo evento?
Non ancora. Stiamo discutendo con diverse città.

Come funziona esattamente la selezione? C’è un algoritmo?
L’idea è questa: non siamo la Michelin, non abbiamo le risorse per mandare ispettori ovunque. Perciò, per noi ogni opinione conta. Raccogliamo informazioni da tutti: addetti ai lavori, classifiche, premi, esperti, giornalisti come te, influencer, chiunque pubblichi contenuti sul mondo dei bar.

Anche il punto di vista dei clienti?
Certo. Consideriamo anche recensioni online, presenza sui social, numero di follower — sia globali, come su Instagram, sia regionali, come su Xiaohongshu in Cina. Analizziamo tutti i dati disponibili: in pratica, abbiamo centinaia di migliaia di “giudici”.

E se qualcuno volesse proporre un bar, come quello di Nicole Barr?
All’inizio abbiamo provato senza un database, ma non ha funzionato. Ora ne abbiamo uno con migliaia di bar. Ogni anno riceviamo richieste: “Vorrei che il mio bar fosse considerato”. Basta scriverci: lo inseriamo e lo analizziamo. È aperto a tutti.

Tornerete a Parigi?
No, non per ora. La gente ci chiede di spostarci, quindi il prossimo evento sarà in un altro Paese. Torneremo a Parigi tra qualche anno, ma al momento vogliamo toccare nuove nazioni.

Hai in mente qualche Paese in particolare?
Sì. Penso che oggi l’Asia sia il vero leader mondiale nella mixology. Ma l’America Latina sta crescendo tantissimo. In Europa siamo forse in lieve discesa, mentre il futuro lo vedo proprio tra Asia e America Latina. Un Paese interessante è il Messico — anche se i prezzi sono già alti. Tutti parlano di Bangkok e Hong Kong. Singapore era molto forte, ma ora sembra in leggera flessione. Credo che la prossima grande scena sarà lì.

E l’Africa?
Ho partecipato di recente a un evento in un bar ad Accra, in Ghana. Ho visto locali davvero belli. Non conosco ancora bene l’intero continente, ma da ciò che vedo — e da quello che mi raccontano — la scena sta crescendo e migliorando. Forse non è ancora il momento, ma in futuro... chissà.

Quali sono, secondo te, le capitali mondiali della mixology oggi?
Probabilmente Hong Kong o Bangkok. Se parliamo di quantità, Londra resta la più grande. Ma se parliamo di innovazione, novità e diversità, allora sì: Hong Kong e Bangkok. Anche Seul, dicono in molti, ma non ci sono stato di recente.

E l’Italia?
L’Italia è molto interessante. Due anni fa ero in un piccolo borgo toscano — parliamo di duecento abitanti — e c’era un cocktail bar. Niente drink estremi, ma classici semplici e ben bilanciati. Fatti molto bene. E ti dirò: ho bevuto classici peggiori in bar famosi in tutto il mondo. Forse non sono i più innovativi, ma sanno fare bene le basi. L’Italia è molto valida.

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