In Asia si aspetta il cocktail, in Europa il cameriere. Intervista a Roger Yamagishi di The Odd Couple di Shanghai
Nicole Cavazzuti intervista Roger Yamagishi, bar manager del pluripremiato The Odd Couple a Shanghai
BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - In occasione di una guest organizzata a Milano da Dario Schiavoni, bar manager del nuovo ByIt in Brera, ho conosciuto Roger Yamagishi.
Giapponese, è bar manager di The Odd Couple a Shanghai (progetto nato dalla mente di due fuoriclasse della mixology internazionale, Shingo Gokan e Steve Schneider), uno dei locali più iconici del panorama asiatico, spesso presente nelle classifiche Asia’s 50 Best Bars.
E tra un cocktail e l'altro – alcuni sorprendenti, altri spiazzanti – Roger mi ha raccontato com’è vivere e lavorare nella Shanghai di oggi.

Intervista a Roger - The Odd Couple di Shanghai
Come stanno influenzando le recenti politiche culturali ed economiche in Cina la scena dei bar a Shanghai? Adesso la situazione è cambiata: i prezzi stanno scendendo mentre i costi salgono. Non è facile, ma vediamo cosa combinerò l’anno prossimo!
The Odd Couple è spesso presente nelle classifiche “50 Best” e nella piattaforma Discovery. Cosa significa per te questo riconoscimento e quali sfide comporta? La verità è che negli ultimi anni il gioco è cambiato un po’. Non basta più essere “bravi” per entrare in lista. C’è molto di più dietro queste classifiche.
Quanto sono importanti gli ingredienti locali cinesi nei tuoi cocktail e come li utilizzi? Sono la parte più importante per me. La Cina è enorme: sono qui da 8-9 anni e ancora conosco solo una parte degli ingredienti. Frutta, verdura, spezie... e soprattutto il tè. In Cina abbiamo una varietà incredibile di tè che possiamo usare nei cocktail.
Qual è il cocktail che rappresenta meglio lo stile di The Odd Couple, e perché? Si chiama Paradise City. È una sorta di champagne mojito. Dai, chi non ama un mojito con lo champagne?

Quale recente esperienza nella scena dei bar di Shanghai ti ha sorpreso o ispirato? Hai notato qualche trend emergente? A essere onesto, pochi bar mi hanno ispirato ultimamente. Ma c’è un locale che mi piace molto: COA Shanghai. Hanno un concetto forte e chiaro. È sicuramente il mio bar preferito in città.
Come hai sviluppato il tuo stile personale dietro al bancone? Chi ti ha influenzato di più? Lo definirei un mix tra la precisione di Shingo e l’intrattenimento di Steve.
Il tuo cocktail preferito? E uno che non ti piace? Adoro ogni singolo cocktail del mio menu. Quelli che mi piacciono meno? I classici. Non sono miei, li ha creati qualcuno 100 anni fa... e non ho nemmeno il suo numero WhatsApp!
Il tuo distillato preferito? E uno che non bevi mai? Amo il mezcal. Mentre non mi piace il baijiu cinese... troppo forte come sapore per me.
Come vedi il servizio nei bar asiatici rispetto a quelli europei? In Asia, il personale aspetta il cliente. In Italia, è il cliente che aspetta lo staff. Preferisco l’Asia: tutto è più veloce.
Quanto ha influenzato l’Italia nella cultura del cocktail che porti avanti? Tantissimo, direi più della metà. In fondo, gran parte della cultura del cocktail arriva proprio dall’Italia.

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