L’inchiesta di Gambero Rosso sulle false recensioni
Un business che vale milioni di euro quello delle false recensioni. L'inchiesta di Gambero Rosso ha provato a metterne in luce alcune caratteristiche.
Quello delle false recensioni a pagamento è un mondo sommerso contro cui ogni giorno si scontra la ristorazione. In particolare, su alcuni recenti fatti avvenuti in Italia ha fatto luce Gambero Rosso, che ne parla in maniera approfondita nel mensile in edicola in questi giorni.
Tra questi, il fatto di cronaca su cui indaga la polizia di Roma: un giro di ricatti e minacce ai danni dei ristoratori che vengono di fatto costretti a pagare per avere delle recensioni favorevoli sulle piattaforme digitali più utilizzate dai clienti (Google e Tripadvisor, per capirci). Se i ristoratori pagano hanno le recensioni positive. Se non pagano vengono affossati da una pioggia di commenti negativi. E falsi.
È ad esempio il caso di Vincenzo Colao, patron del ristorante Ripa12 di Roma, che è arrivato a presentare denuncia alle forze dell’ordine. Un numero del Bangladesh, il cui titolare dichiarava di essere un promotore professionale di recensioni Google, gli aveva offerto: 100 recensioni positive al costo di 400 euro. Senza arrendersi al primo rifiuto, i contatti sono proseguiti fino al ricatto: “Sono passati dieci giorni ormai e non accetti più recensioni. Il mio lavoratore inizierà a dare recensioni negative quando si arrabbia”.
Il racket delle recensioni è solo uno degli aspetti approfonditi dal Gambero Rosso. L’altro riguarda una certa tipologia di food blogger, considerando solo quelli che di fatto taglieggiano gli esercenti con un ricatto latente e implicito: “Pagaci (almeno il pranzo) e ti faremo pubblicità sui nostri canali. Altrimenti sparirai nell’oblio”.
E così, per dare un po' di visibilità al proprio locale - scrive Gambero Rosso - i ristoratori finiscono per dover offrire una cena completa anche per due tre persone, cui va aggiunto un fee di 70€ per un reel da un profilo con 10mila follower, con prezzi che salgono a seconda del seguito. Un business che vale milioni di euro - aggiunge la testata - che sta drogando il mercato della ristorazione e il mondo del food, screditando il ruolo autentico della critica enogastronomica con recensioni tutte uguali e prodotte senza una profonda conoscenza di cibi, ingredienti e materie prime.
Tra i nomi autorevoli della ristorazione che hanno avuto questo genere di contatti, c'è anche Daniele Fadda, chef di Santo a Trastevere, che ha detto a Gambero Rosso: “sono persone che prima vanno in un locale e dicono che è tutto buono, il giorno dopo vanno in quello accanto e dicono lo stesso”. E a volte, senza vergogna, “propongono cene gratis anche per tutta la famiglia in cambio di post e stories sui social”. Tra gli altri, anche gli chef di fama internazionale Arcangelo Dandini e Daniele Usai, ai fornelli dei ristoranti Il Tino (una stella Michelin) e del 4112 – QuarantunoDodici, entrambi a Fiumicino, a due passi da Roma.
L’inchiesta del Gambero Rosso mette in luce un business che sta danneggiando il mondo della ristorazione e screditando il ruolo autentico della critica enogastronomica, con un impatto che va oltre il danno economico e che sta creando problemi “di credibilità, di reputazione, di immagine a un mondo che di questi requisiti vive e che su questi requisiti lavora quotidianamente per migliorare l’offerta e rimanere al passo con i competitor internazionali – come sottolinea il direttore Marco Mensurati nel suo editoriale - A subire i danni maggiori alla fine non sono nemmeno i ristoratori ricattati, quanto i consumatori che si ritrovano parte inconsapevole dei raggiri finendo a loro volta per essere raggirati e ‘mandati’ a mangiare o a bere in posti privi di ogni valore”, conclude Mensurati.
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