Dentro il Tiny Club: l'american bar un po' speakeasy che non ti aspetti ad Ascoli Piceno
Nicole Cavazzuti intervista Raffaele Galanti alla guida del Tiny Club di Ascoli Piceno
BAR, MIXOLOGY E COCKTAIL - Ascoli Piceno. Siamo seduti in un angolo discreto del Tiny Club, american bar con il look da speakeasy. È il solo della città. Luci basse, atmosfera raccolta, musica jazz di sottofondo. Davanti, un Martini Cocktail. Accanto, Raffaele Galanti. Ventotto anni, sguardo e voce emozionati. Da quattro, lavora nel mondo del bar, da due è alla guida di questo delizioso rifugio per chi cerca la qualità nel bicchiere, negli arredi e nel tempo passato insieme.
Il Tiny Club
Il bar si articola in due ambienti. Il primo, dominato da un bancone in legno e marmo, accoglie l’ospite con discrezione. Il secondo, più intimo, ricorda un salotto di casa. Fuori, un dehor che nelle sere d’estate si riempie in fretta. Dentro, 25-30 posti. Fuori, anche il doppio. È uno spazio pensato per stare bene, per bere senza fretta.
Il target
I clienti sono per lo più ascolani. Ma i turisti arrivano grazie a Google e Instagram.
La proposta
Al Tiny Club si bevono cocktail classici e rivisitazioni. Ampia la lista di Martini. Quanto al food, ci sono alcune proposte di appettizer fritti, olive ascolane in primis.
L'intervista
Com'è cominciata l’avventura del Tiny Club?
È nato da un’idea dell’architetto Fabio De Cesaris. Voleva creare un locale dallo spirito speakeasy, e ci è riuscito. Io ci sono arrivato poco dopo. Prima in sala, poi al bancone. Ora lo gestisco.
Il menù è cambiato molto in questi anni?
Abbastanza. Si ispira sempre al Savoy Cocktail Book ma le proposte variano. Oggi è diviso in quattro sezioni: classici storici, creazioni originali, proposte legate al territorio e una parte dedicata ai drink no-alcol, che sono sempre più richiesti.
Zero alcol e bassa gradazione: il futuro?
Cresceranno ancora, ma non diventeranno dominanti. Però oggi capita anche che tre su quattro clienti scelgano un drink analcolico. È una tendenza forte.
Cosa vogliono i clienti?
Cura. Cura nella preparazione, nella scelta degli ingredienti. C’è ancora chi vuole solo l’alcol facile, ma sempre più persone chiedono qualità. E capiscono quello che bevono.
Il cliente quindi oggi è più competente?
Sì. Anche "grazie" alle restrizioni imposte durante il periodo del Covid: molta gente ha iniziato a sperimentare a casa, ha studiato, ha confrontato. Ora arriva più preparata.
Come si fidelizza un cliente?
Parlando e raccontando. Se sai spiegare cosa c’è dietro un cocktail, se gli fai vivere un'emozione anche prima di berlo, il cliente torna.
Cosa mi dici di eventi, ospiti, serate speciali?
Non facciamo guest shift, ma tanti eventi privati: feste, presentazioni, musica. Da noi si può affittare il locale.
I social contano?
Molto. Turisti e gente di fuori se non ci sei su Instagram o Google, non ti trova. Anche le guide servono, ma per chi già cerca qualcosa di specifico.
Cosa serve per emergere in questo mondo?
Voglia di imparare. Sempre. E saper ascoltare, anche le critiche.
Hai una Bibbia, un riferimento?
I libri della Death & Co di New York. Codex, soprattutto. Mi ritrovo molto nel loro stile: pochi ingredienti, riconoscibili. Mi piace la miscelazione “spirit-forward”.
Il tuo distillato del cuore?
Il whisky, senza dubbio.
E cosa pensi del whisky italiano?
Mi interessa molto. Ad esempio, Segretario di Stato di Poli è un ottimo prodotto. Non ha nulla da invidiare agli scozzesi o giapponesi. Dobbiamo uscire dalla mentalità del “solo da lì”. La qualità può venire da qualsiasi parte.
Il tuo cocktail preferito?
Quello che devo ancora bere. Quando vado in giro cerco sempre qualcosa che non conosco. Ma se devo scegliere un classico, direiil Manhattan.
Che rapporto hai col tuo lavoro?
Lo amo molto. Anche se è totalizzante. Influenza tutto: vita privata, famiglia, ritmi. Ma dà tanto, soprattutto nei rapporti umani.
Vuoi una famiglia in futuro?
Sì. Magari con l’aiuto dei nonni... o rivedendo il ritmo di vita. Ma il lavoro mi piace, e non lo cambierei.
Cosa non ti ho chiesto che vale la pena raccontare?
Che tutto questo nasce da una passione. E da un’idea semplice: offrire qualcosa di autentico, raccontato bene, fatto bene. Anche solo un drink e un sorriso possono cambiare una serata.

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