La viticultura resistente dei PIWI: potenzialità e criticità per la nuova frontiera della sostenibilità

L’attenzione crescente al tema della sostenibilità ambientale spinge verso una riconsiderazione del ruolo che i vitigni resistenti (PIWI) potranno svolgere nel prossimo futuro per lo sviluppo di una viticoltura rispettosa dell’ambiente, capace di far fronte ai cambiamenti climatici e di produrre al tempo stesso di vini di qualità.

14 Dic 2021 - 10:07
La viticultura resistente dei PIWI: potenzialità e criticità per la nuova frontiera della sostenibilità
[mp3j track="https://horecanews.it/wp-content/uploads/2021/12/viticoltura-piwi.mp3" Title="Ascolta la notizia in formato audio"] Negli ultimi anni il mondo enoico si confronta sempre più sulle potenzialità di una nuova generazione di vitigni per lo sviluppo di una viticoltura che sia rispettosa dell’ambiente, capace di far fronte ai cambiamenti climatici e in grado allo stesso tempo di dar vita a vini di qualità. Si tratta dei cosiddetti vitigni PIWI, acronimo che deriva dal tedesco pilzwiderstandfähig e che significa “viti resistenti ai funghi”. Nati alla fine dell’Ottocento come risposta dei francesi alla crisi che colpì la viticoltura del vecchio continente, questi vitigni “meticci”, come li ha definiti il prof. Attilio Scienza, frutto dell’incrocio di diverse specie, sono diventati nel corso dei decenni oggetto di studi sempre più approfonditi e volti ad individuare soluzioni che li rendessero equiparabili, soprattutto nella resa, a quelli originari. L’attenzione crescente al tema della tutela del pianeta spinge verso una riconsiderazione del ruolo che potranno svolgere nel prossimo futuro queste varietà ibride. Diffuse ormai un po’ in tutto il vecchio continente sono presenti soprattutto in Germania, Danimarca e Polonia, ma anche in Italia iniziando a macinare numeri significativi, soprattutto nelle regioni del nord come Veneto, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia. Ma non mancano le critiche sull’opportunità della loro diffusione a priori, senza cioè tener conto delle zone di produzione e delle loro peculiarità, ed è ancora forte la resistenza dei consumatori rispetto ad una rivoluzione che ha i suoi risvolti anche nel calice ed ha bisogno di essere sostenuta in termini di comunicazione per arrivare al cuore di appassionati e non solo.  width=

Dal primo vitigno resistente ai nuovi ibridi

L’idea di dar vita a vitigni resistenti si deve alla Francia e risale alla fine dell’Ottocento in risposta al momento storico più drammatico per l’enologia europea: l’attacco della fillossera, sopravvissuta nelle navi che collegavano l’America all’Europa. Obiettivo della ricerca che fu portata avanti dai cugini d’oltralpe, era incrociare alcune varietà di vite europee (vitis vinifera) con varietà di vite americane (vitis) tentando di ereditare da queste ultime la resistenza a quelle malattie che stavano distruggendo la gran parte dei vigneti del vecchio continente. Gli ibridi frutto di questi studi definiti di prima generazione non si dimostrarono però in grado di garantire una produzione qualitativamente soddisfacente. La ricerca non si è mai fermata ed importanti sperimentazioni negli ultimi decenni sono state condotte in Germania, Austria, Ungheria ma anche negli Stati Uniti e in Giappone. Quelli che erano gli ibridi di prima generazione sono stati ripetutamente incrociati con altre varietà secondo tecniche di incroci multipli. Oggi i PIWI nascono da un vitigno classico che viene incrociato quasi sempre con una vite asiatica ma la componente europea è sempre superiore al 95%. Questo significa che si mantengono le caratteristiche originarie delle nostre viti aggiungendo la resistenza. Il fatto che da un punto di vista tassonomico le nuove varietà non si differenzino più dalla specie vitis vinifera consente loro di essere ammesse dalla Comunità Europea alla produzione di vini di qualità. Va detto che l’ibrido viene creato per impollinazione con tecniche che non hanno nulla a che vedere con gli OGM, la fecondazione assistita tra l’altro avviene tra specie diverse ma affini dal punto di vista genetico.  width=

Potenzialità e criticità nel futuro dei PIWI

I vitigni PIWI sono geneticamente studiati per essere resistenti alle malattie fungine come oidio, botrite e peronospora, sono piante che non hanno necessità di anticrittogamici e pesticidi in quanto autonomamente in grado di difendersi, e possono consentire anche un minor impiego di rame in vigna. Rappresentano oggi una importante alternativa in grado di garantire una sostenibilità che da ambientale si fa anche economica perché la riduzione, se non la rimozione, dell’uso di prodotti fitosanitari ha anche il suo risvolto in termini di investimento per i produttori garantendo il taglio di risorse nella lotta alle malattie della vite. Entrare poco in vigna poi significa anche non compattare il terreno con i trattori, produrre meno anidride carbonica, risparmiare l’uso di un bene prezioso come l’acqua. L’utilizzo di vitigni resistenti consente di dare una risposta anche ad un altro grande problema, quello del climate change che sta interessando non solo il nostro paese ma l’intero pianeta con tante varietà che hanno fatto la storia della nostra enologia che rischiano di non essere più in grado di sostenere questa evoluzione a differenza dei PIWI che la affrontano senza criticità. Questo discorso vale non per tutte ma per alcune aree del nostro paese dove le condizioni ambientali rendono orma proibitiva la gestione delle colture tradizionali. Sia da un punto di vista di ricerca genetica che da un punto di vista legislativo sono stati fatti molti passi avanti nel nostro paese per la loro introduzione: sono stati autorizzati in Friuli Venezia Giulia, Trentino Alto Adige, Veneto e Lombardia per le produzioni IGT, se ne discute per le DOC. Il totale di superfici vitate oggi si attesta tra i 700 e gli 800 ettari. I PIWI si diffondono soprattutto in zone ad alta densità abitativa dove la loro gestione richiede in media due o tre trattamenti all’anno contro i dodici o quindici necessari per la varietà vitis vinifera. Per quanto rappresentino una realtà ancora di nicchia è sempre meno raro incrociarli sugli scaffali, nei concorsi e nelle fiere. La sfida dei protagonisti della loro produzione è di tracciare un nuovo percorso per il mondo enoico realizzando ottimi vini, puntando sulla qualità che in passato è mancata, creando un nuovo posizionamento. L’ideale per accelerare i tempi sarebbe che tra i grandi produttori qualcuno facesse il primo passo nell’abbracciare questa rivoluzione, dando così un sostegno alla comunicazione e alla percezione di questa realtà emergente. Ci sono però tanti elementi critici che si frappongono ad un vero e proprio exploit. In primis il forte legame con i vitigni autoctoni che caratterizza la tradizione enologica italiana e che è difficile da sradicare, così come è difficile non associare ai PIWI il paventato rischio dell’omologazione dei vini, non essendo considerabili come espressione dei terroir. C’è poi tanto scetticismo nei confronti della genetica in viticoltura ed è difficile rimuovere certi preconcetti e pregiudizi specie quelli che vedono il rischio di manipolazione associato a queste produzioni. A ciò si aggiunge il dato della riconoscibilità. Per quanto geneticamente ci sia una prevalenza del 95% del ceppo europeo, con gli ibridi ci si trova comunque di fronte a vitigni nuovi, che vanno raccontati, spiegati e che hanno anche gusti differenti la qual cosa può affascinare ma non sempre ha presa quando si passa attraverso la narrazione di un percorso di sviluppo così complesso. Ci troviamo di fatto di fronte ad un epocale confronto tra due visioni che chiamano in gioco una pluralità di interessi, da quelli ideologici, a quelli economici e ambientali: da un lato una viticoltura moderna che guarda alla scienza come unica via per garantire un vigneto sempre più green, dall’altro una viticoltura fedele alla tradizione che ha il suo approccio stilistico legato alla storia enologica del paese. La direzione comune resta quella della sostenibilità e questo dato farà inevitabilmente la differenza negli sviluppi futuri.  width=
Compila il mio modulo online.